sabato, agosto 06, 2022

I giorni della barbarie mafiosa: assassinati Agostino, Castelluccio, Costa, Cassarà-Antiochia, Montana


Ieri commemorati l’agente Agostino e la moglie Ida Castelluccio. Oggi gli anniversari del delitto Costa e del duplice omicidio Cassarà-Antiochia

GIUSI PARISI

Non è vero che la mafia uccide solo d’estate: l’efferatezza di Cosa nostra non conosce le stagioni. Vero però che, a distanza di pochi anni, tra il 5 e il 6 agosto un bagno di sangue ha inondato il capoluogo. Il 5 agosto 1989, infatti, furono barbaramente uccisi l’agente Antonino Agostino, sua moglie Ida Castelluccio e il figlio che portava in grembo: un triplice omicidio su cui ancora bisogna fare una completa luce.

«Come ogni anno, il Comune si unisce alle famiglie e alla polizia di Stato nel ricordo dell’agente Agostino, della moglie e del figlio che portava in grembo - ha dichiarato il vicesindaco, Carolina Varchi, a margine della commemorazione che si è svolta a Villagrazia di Carini in ricordo dell’agente che ha pagato con la vita il suo impegno nella lotta a Cosa nostra, di sua moglie e del loro bambino mai nato – e, dopo oltre trent’anni, si attende la piena e completa verità che auspichiamo possa giungere all’esito del processo attualmente in corso dinanzi alla Corte di Assise».

Tanti anni sono passati da quel lontano 5 agosto 1989, 33 per l’esattezza. E in questo lungo percorso, i genitori del giovane poliziotto, Vincenzo Agostino e Schiera Augusta (quest’ultima venuta a mancare nel 2019) si sono fatti carico del peso della ricerca della verità.

Anche la data del 6 agosto è intrisa del sangue di uomini dello Stato caduti sotto il piombo di killer mafiosi. Gaetano Costa nel 1980, Ninni Cassarà e Roberto Antiochia nel 1985. Il procuratore capo venne assassinato con sei colpi di pistola alle 19,30 mentre, da solo, passeggiava nelle vicinanze di casa: ad oggi, nessuno è responsabile della sua morte. Poco prima di essere ucciso, il giudice Costa aveva firmato la convalida degli arresti di esponenti del clan Spatola-Inzerillo-Gambino. Cinque anni più tardi, analogo tragico destino per il vice capo della squadra mobile Ninni Cassarà e l’agente Roberto Antiochia di 23 anni (Natale Mondo, l’altro agente di scorta, rimase illeso ma verrà ucciso da Salvino Madonia e Agostino Marino Mannoia nel 1988 davanti al negozio di giocattoli della moglie). Scortato dai due poliziotti, Cassarà stava rientrando dalla questura alla sua abitazione, al sesto piano d’un palazzo in viale Croce Rossa, quando un commando mafioso composto da nove uomini appartenenti a clan differenti, con i loro kalashnikov, colpì a morte Antiochia uscito dall’Alfetta per aprire lo sportello al vicecapo della squadra mobile che morirà pochi istanti dopo, sulle scale del pianerottolo, fra le braccia della moglie Laura Iacovoni.

Oggi la Questura, in loro ricordo deporrà alle 9 una corona d’alloro in piazza Giovanni Paolo II e, a seguire, sarà celebrata la santa Messa nella chiesa di San Giuseppe Cafasso, in via dei Benedettini. Il 28 luglio, appena dieci giorni prima di Cassarà, sul lungomare di Porticello, era stato ucciso il commissario Beppe Montana, capo della Sezione catturandi. (*giup*)

GdS, 6 agosto 2022


La lettera della madre del poliziotto ucciso in via Croce Rossa 

Saveria Antiochia: «Sono stati lasciati soli»


Francesca La Mantia

«Li avete abbandonati, giusto, signor Ministro, niente bugie di Stato, e lasciamo da parte la retorica del sacrificio fatto per servire lo Stato. Mio figlio è morto per la squadra mobile di Palermo, per la sua squadra mobile. È morto nel volontario, disperato tentativo di dare al suo superiore e amico Cassarà un po’ di quella protezione che altri avrebbero dovuto dargli. Che tragedia, signor Ministro, e quanto grande e terribile è la sua responsabilità». Questo è un pezzo della lettera che Saveria Antiochia scrisse il 22 agosto 1985 indirizzata all’allora Ministro dell'Interno, Oscar Luigi Scalfaro, pubblicata sul quotidiano La Repubblica. Erano passati 15 giorni dal funerale del figlio, Roberto Antiochia, morto a 23 anni il 6 agosto del 1985 nella strage di via Croce Rossa, nel tentativo generoso ed estremo di proteggere volontariamente Ninni Cassarà, pur essendo stato spostato a Roma e in ferie in quel momento. Saveria non si ferma con la morte del figlio, anzi comincia a lottare per tenere viva la memoria non solo di Roberto, ma di tutte le vittime di mafia. L’Italia scopre, in quella occasione, che la madre di un poliziotto poteva scrivere una lettera; mai una madre aveva scritto parole così dure, documentate e inesorabili a un uomo di governo. «Ho visto che non avevano le macchine chieste da più di un anno, ho visto le alfette da inseguimento della squadra mobile rattoppate, malridotte e riconoscibili anche dai bambini. Ho visto gli agenti usare le macchine personali o farsele prestare dagli amici. Ho visto disputarsi l'intera Squadra l'unico binocolo a disposizione. Ho visto i funzionari pagare gli informatori di tasca loro. Sono solo esempi, piccoli esempi di una grande sordità… E ora vada pure a dormire tranquillo, signor Ministro, recitando le sue preghiere. Io non ci riesco più, me lo impedisce il mio dolore e una rabbia che non è solo mia». Saveria inizia a girare le scuole di tutta Italia, parlando di suo figlio Roberto. Da il suo contributo al coordinamento Antimafia e alla primavera del capoluogo siciliano, dove fu eletta come indipendente in Consiglio comunale. Ai processi contro gli assassini di suo figlio è sempre presente, anche a costo di viaggi faticosi e costosi. Quando testimonia, guardando negli occhi esecutori e mandanti della strage, le sue parole sono secche, decise. Nel 1995 è tra le fondatrici di Libera. A lei si deve principalmente la volontà di ricordare tutte le vittime innocenti delle mafie, leggendo i loro nomi, per ridare dignità anche a quei «ragazzi della scorta», anonimamente indicati nelle stragi di mafia degli anni '80 e '90. Muore il 12 marzo 2001 a Roma.

Il movimento antimafia deve tanto a Saveria Antiochia, anche se oggi è stata dimenticata e il suo nome sconosciuto ai più.

È tra le fondatrici di Libera e impegnata nel ricordo dei «ragazzi della scorta». 

GdS, 6/8/22

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