martedì, agosto 02, 2022

Il Papa: «Mai più genocidi culturali»


Francesco denuncia la persistenza del colonialismo nelle politiche e nei nostri atteggiamenti. «Il colonialismo esiste ancora, quando ci sentiamo superiori agli altri» «Le dimissioni? La porta è aperta, ma non penso a questa possibilità». Ribadito il desiderio di recarsi in Ucraina


GIANNI CARDINALE

Inviato sul volo papale

Papa Francesco non vuole «immischiarsi» nella politica italiana ma raccomanda «responsabilità civica» ai partiti in campagna elettorale. Ribadisce che esiste la possibilità di sue dimissioni («La porta è aperta ») ma conferma che finora non ha pensato a questa eventualità. Non esclude che possano esserci sviluppi dottrinali - ma solo «in senso ecclesiale » - e bolla come «peccato » l’“indietrismo” tradizionalista. Di questo, e altro (Sinodo tedesco, la Chiesa che è donna), il Pontefice ha parlato nella consueta conferenza stampa sul volo di ritorno che lo ha riportato a Roma dopo il “pellegrinaggio penitenziale” in Canada.

Nell’occasione Francesco ha salutato con simpatia e affetto Paolo Rodari nel suo ultimo viaggio papale come vaticanista di Repubblica, da settembre assumerà l’incarico di vice- direttore de L’Arena di Verona. Di seguito un’ampia sintesi del colloquio con i cronisti al seguito. Colloquio che è iniziato con due temi specifici del viaggio, durante il quale Francesco ha chiesto perdono per il ruolo avuto da non pochi cattolici nella gestione delle cosiddette «scuole residenziali », istituite dal governo e affidate alle Chiese cristiane per «rieducare» secondo i canoni occidentali i giovani nativi strappati dalle famiglie.

Sul fatto che alcuni indigeni attendevano una sua parola sulla dottrina della scoperta che avrebbe giustificato teologicamente la colonizzazione forzata delle Americhe da parte delle potenze cattoliche.

Credo che questo sia un problema di ogni colonialismo. Anche oggi: le colonizzazioni ideologiche di oggi hanno lo stesso schema. Chi non entra nella sua via, è inferiore. (…) Poi, questa dottrina della colonizzazione: è vero, è cattiva, è ingiusta. Anche oggi è usata, lo stesso, con guanti di seta, forse, ma è usata, oggi. Per esempio, alcuni vescovi di qualche Paese mi hanno detto: «Il nostro Paese, quando chiede un credito a un’organizzazione internazionale, ci mettono delle condizioni, anche legislative, colonialiste. Per darti il credito ti fanno cambiare un po’ il tuo modo di vivere». Tornando alla colonizzazione nostra dell’America, quella degli inglesi, dei francesi, degli spagnoli, dei portoghesi: sono quattro [potenze coloniali] per le quali sempre c’è stato quel pericolo, anzi, quella mentalità «noi siamo superiori e questi indigeni non contano», e questo è grave.

Sul fatto che nei discorsi non abbia usato il termine “genocidio culturale” per condannare il sistema delle scuole residenziali.

È vero, non ho usato la parola perché non mi è venuta in mente, ma ho descritto il genocidio e ho chiesto scusa, perdono per questo lavoro che è genocida. Per esempio, ho condannato questo pure: togliere i bambini, cambiare la cultura, cambiare la mente, cambiare le tradizioni, cambiare una razza, diciamo così, tutta una cultura. Sì, è una parola tecnica – genocidio – ma io non l’ho usata perché non mi è venuta in mente. Ma ho descritto che era vero, sì, era un genocidio, sì, sì, tranquilli. Tu dì che io ho detto che sì, è stato un genocidio.

Stato di salute e viaggi futuri.

Non credo che possa andare con lo stesso ritmo dei viaggi di prima. Credo che alla mia età e con questa limitazione devo risparmiare un po’ per poter servire la Chiesa o, al contrario, pensare alla possibilità di farmi da parte. Questo con tutta onestà. Non è una catastrofe, si può cambiare Papa, si può cambiare, non c’è problema! Ma credo che devo limitarmi un po’ con questi sforzi. L’intervento chirurgico al ginocchio non va, non va nel mio caso. I tecnici dicono di sì, ma c’è tutto il problema dell’anestesia: io ho subito dieci mesi fa più di sei ore di anestesia e ancora ci sono le tracce. Non si gioca, non si scherza con l’anestesia. E per questo si pensa che non sia del tutto conveniente. Ma io cercherò di continuare a fare dei viaggi ed essere vicino alla gente, perché credo che sia un modo di servire, la vicinanza. (…) Ho detto che in Ucraina vorrei andarci. Vediamo adesso cosa trovo quando vado a casa. Il Kazakistan, per il momento, mi piacerebbe andare: è un viaggio tranquillo, senza tanto movimento, è un congresso di religioni. Devo andare anche in Sud Sudan prima che nel Congo, perché è un viaggio con l’arcivescovo di Canterbury e con il vescovo della Chiesa di Scozia, tutti e tre insieme, come tutti e tre abbiamo fatto il ritiro di due anni fa. Poi il Congo. Ma sarà l’anno prossimo, perché c’è la stagione delle piogge… Vediamo. Io ho tutta la buona volontà, ma vediamo la gamba cosa dice.

La vocazione del gesuita. E la possibilità delle dimissioni.

Il gesuita cerca – cerca, non lo fa sempre, non può, cerca – di fare la volontà del Signore, anche il Papa gesuita deve fare lo stesso. Quando il Signore parla, se il Signore ti dice «vai avanti», tu vai avanti; se il Signore ti dice «vai all’angolo», te ne vai all’angolo. (…) Se io – questa è un’ipotesi – vedo che il Signore mi dice qualcosa, un’ispirazione di quello o dell’altro, devo fare un discernimento per vedere cosa chiede il Signore. E può darsi che il Signore mi vuole mandare all’angolo, è cosa sua, è Lui che comanda.

Se si sente più Papa o più gesuita.

Mai ho fatto quella misura! Mai l’ho fatta! Io mi sento servitore del Signore, con l’abitudine gesuita, perché non esiste una spiritualità papale, quella non esiste. Ogni Papa porta avanti la propria spiritualità. Pensa a san Giovanni Paolo II, con quella bella spiritualità mariana che aveva, l’aveva prima e l’aveva da Papa. Pensa a tanti Papi che hanno portato avanti la propria spiritualità. Il papato non è una spiritualità, è un lavoro, è una funzione, è un servizio, ma ognuno lo porta avanti con la propria spiritualità, con il proprio grazie, con la propria fedeltà e anche con i propri peccati. Ma non c’è una spiritualità papale, per questo non c’è confronto tra la spiritualità gesuitica e la spiritualità papale perché questa seconda non esiste.

Cammino Sinodale tedesco e recente comunicato non firmato della Santa Sede sul tema.

Prima di tutto, quel comunicato lo ha fatto la Segreteria di Stato. Ma è stato uno sbaglio non firmare come Segreteria di Stato, uno sbaglio di ufficio, non di cattiva volontà. Sul cammino sinodale, io scrissi una lettera – da solo l’ho fatta, un mese con preghiera, riflessione, consultazioni –, e ho detto tutto quello che dovevo dire sul Cammino sinodale, più di quello non dirò. Quello è il magistero papale sul Cammino sinodale. Ho scavalcato la Curia, perché non ho fatto consultazioni, niente. Ho fatto come un cammino mio, anche come pastore per una Chiesa che sta cercando un cammino, come fratello, come padre, come credente, l’ho fatto così. E questo è il mio messaggio. So che non è facile, ma lì è tutto, in quella lettera.

Sulla caduta del governo Draghi in Italia.

Prima di tutto io non voglio immischiarmi nella politica interna italiana. Secondo: nessuno può dire che il presidente Draghi non fosse un uomo di alta qualità internazionale. È stato presidente della Banca centrale europea, una buona carriera, diciamo così. E poi ho fatto una domanda soltanto a uno dei miei collaboratori: «Dimmi, quanti governi ha avuto l’Italia in questo secolo?». E mi ha detto: «20». Questa è la mia risposta.

Un appello che farebbe alle forze politiche in vista delle elezioni.

Responsabilità. Responsabilità civica.

Sulla possibilità di uno sviluppo nella dottrina riguardo gli anticoncezionali.

Sappiate che il dogma, la morale, è sempre in una strada di sviluppo, ma sviluppo nello stesso senso. Per utilizzare una cosa che è chiara, credo di averlo detto altre volte qui, per lo sviluppo di una questione morale, uno sviluppo teologico, diciamo così, o dogmatico, c’è una regola che è chiarissima e illuminante, l’ho detto altre volte: quello che ha fatto Vincenzo di Lérins, nel secolo V, era un francese. Dice che la vera dottrina, per andare avanti, per svilupparsi, non deve essere quieta, si sviluppa ut annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate.

Cioè si consolida con il tempo, si dilata e si consolida e diventa più ferma ma sempre progredendo. È per questo che il dovere dei teologi è la ricerca, la riflessione teologica. Non si può fare teologia con un «no» davanti. Poi sarà il magistero a dire: «No, sei andato oltre, torna». Ma lo sviluppo teologico deve essere aperto, i teologi ci sono per questo. E il magistero deve aiutare a capire i limiti. Sul problema degli anticoncezionali, so che è uscita una pubblicazione, su questo tema e altri temi matrimoniali. Sono gli atti di un congresso e nel congresso ci sono le «ponenze », poi discutono fra loro e fanno le proposte. Dobbiamo essere chiari: questi che hanno fatto questo congresso hanno fatto il loro dovere, perché hanno cercato di andare avanti nella dottrina, ma in senso ecclesiale, non fuori, come ho detto con quella regola di Vincenzo di Lérins. Poi il magistero dirà: «Sì va bene», «Non va bene». (…) Per essere chiaro: quando il dogma o la morale si sviluppa, sta bene, ma in quella direzione, con le tre regole di Vincenzo di Lérins. Credo che questo sia molto chiaro: una Chiesa che non sviluppa in senso ecclesiale il suo pensiero, è una Chiesa che va indietro. E questo è il problema di oggi, di tanti che si dicono «tradizionali ». No, non sono tradizionali, sono “indietristi”, vanno indietro, senza radici. Sempre è stato fatto così, nel secolo scorso è stato fatto così. E l’“indietrismo” è un peccato, perché non va avanti con la Chiesa. Invece la tradizione – diceva qualcuno – è la fede viva dei morti. Invece per questi “indietristi” che si dicono tradizionalisti è la fede morta dei viventi. La tradizione è proprio la radice di ispirazione per andare avanti nella Chiesa. E sempre questo è verticale. L’“indietrismo” è andare indietro, è sempre chiuso.

Se ha mai pensato alle caratteristiche vorrebbe che avesse il suo successore.

Questo è un lavoro dello Spirito Santo. Io non oserei mai pensare… Lo Spirito Santo questo lo sa fare meglio me, è meglio di tutti noi. Perché ispira le decisioni al Papa. Perché è vivo nella Chiesa, non si può concepire la Chiesa senza lo Spirito Santo, è Colui che fa le differenze, fa anche il chiasso – pensa alla mattina di Pentecoste – ma poi fa l’armonia.

Se ha mai pensato di ritirarsi.

La porta è aperta, è una delle opzioni normali, ma fino ad oggi non ho bussato a quella porta, non ho detto: «Andrò in questa stanza». Non ho sentito di pensare a questa possibilità. Ma forse questo non vuol dire che dopodomani non ci cominci a pensare, no? (…) Ma sarà il Signore a dirlo.

La figura di sant’Anna e la Chiesa che è donna.

Il viaggio qui in Canada era molto legato alla figura di sant’Anna. Ho detto alcune cose sulle donne, ma soprattutto sulle anziane, sulle mamme e sulle nonne. (…) Noi abbiamo ricevuto la fede in quella forma dialettale femminile, e questo è molto importante: il ruolo della donna nella trasmissione della fede e nello sviluppo della fede. È la mamma o la nonna a insegnare a pregare, è la mamma o la nonna a spiegare le prime cose che il bambino non capisce della fede. E io oso dire che questa trasmissione “dialettale” della fede è femminile. Qualcuno può dirmi: ma teologicamente come lo spiega? Perché, dirò, quella che trasmette la fede è la Chiesa e la Chiesa è donna, la Chiesa è sposa; la Chiesa non è maschio, la Chiesa è donna. E noi dobbiamo entrare in questo pensiero della Chiesa donna, della Chiesa madre, che è più importante di qualsiasi fantasia ministeriale maschilista o qualsiasi potere maschilista.

Avvenire, 31/7/2022

Nessun commento: