mercoledì, febbraio 01, 2023

IL RACCONTO DALL’HANGAR 11. Nella tana di Crimor la squadra che ha condotto la caccia a Messina Denaro


di SALVO PALAZZOLO 

Nel capannone dismesso la foto di Falcone e Borsellino, una gatta portafortuna e la poesia di Nadia, uccisa dalla mafia 

PALERMO — C’è un gran viavai nell’hangar. Nemo e Pietra stanno riguardando una montagna di carte. Carlos continua a fissare un monitor, Dakota è incollato alle cuffie, Grigio e Hg danno istruzioni ai più giovani. «E Andrea si è di nuovo addormentata sulla mia sedia», sorride Ulisse, un ragazzone con le spalle larghe e gli occhi luminosi, lui è il comandante di Crimor, la squadra del Ros che ha catturato Matteo Messina Denaro. 
Addormentata? «Guarda che Andrea non è un carabiniere», avverte Ulisse e fa cenno di entrare nella sua stanza. Andrea è una gattina. «È arrivata all’improvviso la sera prima del blitz, mentre la tensione era alle stelle. Si è messa a girare sulle scrivanie, poi si è addormentata sul divano.

Come quando abbiamo portato Messina Denaro in questa stanza: nonostante tutto il trambusto, la micetta non si è mossa». Anche il tempo sembra essersi fermato tutto attorno ad “Hangar 11”, nel vecchio aeroporto militare di Boccadifalco, un’oasi di silenzio e di verde dentro la città della speculazione edilizia. Da fuori lo scambieresti per un capannone abbandonato, come gli altri sparsi qua e là attorno alla pista. E, invece, che gran movimento in questi giorni. Dimenticate il silenzio e la pace del vecchio aeroporto, oltre il distributore di merendine piazzato all’ingresso di “Hangar 11” state per scendere dritto nell’inferno della Sicilia: sui grandi monitor sistemati dentro la pancia di Crimor continuano a scorrere le facce dei mafiosi, gli incontri, si sentono voci arroganti che rimbalzano da microspie e telefoni intercettati. E questo non è un film. «Da sedici anni lavoravamo a questo risultato — sussurra Grigio — Un tempo lunghissimo che abbiamo dedicato a un solo obiettivo. Settimane, mesi lontani da casa. E a volte era davvero difficile spiegare ai nostri cari perché non avevamo tempo per tornare». Dakota, uno dei vecchi del gruppo, arrivato da un paese al confine con la Svizzera, lo prende in giro: «Quante saldatrici hai comprato in attesa di un fine settimana da dedicarti ai tuoi hobby?». Carlos spiega: «Noi viviamo le vite degli altri». In questi anni, la squadra ha intercettato e pedinato parenti e fedelissimi di Messina Denaro. «Sono loro che hanno dettato il ritmo delle nostre giornate. E in un’occasione era così importante non interrompere l’attività che non sono potuto tornare a casa quando mio figlio stava male». Gli occhi di Carlos diventano lucidi: «Un giorno gli spiegherò tutto». 
Ora, mentre la gattina continua a dormire, i ragazzi di Crimor — acronimo di Criminalità organizzata — sono seduti uno accanto all’altro. Come fanno ogni sera, per tracciare il bilancio della giornata. «Questo lavoro lo fai solo se hai passione — dice Hg — qui tutti hanno delle mansioni, poi però vai oltre. Siamo militari, con delle gerarchie, è vero. Ma quando ti ritrovi con gli altri, proponi la tua idea e una possibile soluzione alternativa». La sintesi spetta poi a Ulisse, il Maggiore, che tiene i contatti con il resto del gruppo dislocato fra Palermo e Trapani, fanno tutti capo al “Primo reparto” guidato dal colonn ello Lucio Arcidiacono, il braccio operativo del comandante del Ros Pasquale Angelosanto. 
Ulisse ricorda ancora una lezione molto particolare alla Scuola Ufficiali: «L’insegnante di tecniche investigative, Gianluca Valerio, attuale vicecomandante del Ros, ci fece sentire una canzone di De Gregori, La leva calcistica della classe ‘ 68 :“Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia” ». Le parole che raccontano Crimor: «Il simbolo del coraggio è il mefisto — dice Ulisse — che non vuol dire nascondersi: sotto il mefisto c’è il volto di tutti gli italiani. Tutti i cittadini onesti hanno arrestato Messina Denaro. L’altruismo è invece il segno della fratellanza all’interno della squadra: passiamo davvero tanto tempo insieme.E poi c’è la fantasia: devi sempre inventarti qualcosa per guardare oltre. Adesso più che mai: la cattura di Messina Denaro non vuol dire la fine di Cosa nostra». Ulisse dovrebbe parlare nelle scuole, ai nostri ragazzi, troppo spesso smarriti in un mondo in cui si sentono estranei: «Tante volte anche noi siamo caduti — sussurra — ma abbiamo sempre trovato il modo di ricominciare». 
Questa non è solo una storia di carabinieri che arrestano i mafiosi, dentro “Hangar 11” c’è l’Italia che non si rassegna. Pietra, a dispetto del suo nome di battaglia, si commuove quando ricorda i familiari della squadra morti in questi anni di caccia al latitante. «E non abbiamo avuto il tempo di stare con loro». Si commuove ricordando il compagno Filippo Salvi, che il 12 luglio 2007 scivolò in un burrone mentre stava sistemando una telecamera. «È importante non dimenticare, per guardare avanti». Nemo ha già avuto i suoi premi speciali: «La telefonata bellissima di mio padre, maresciallo in pensione — racconta — e il disegno di mia figlia, che ha 5 anni: c’è un uomo col mefisto e un altro in manette, che lei ha chiamato “ladro”». Quanti racconti hanno i ragazzi di Crimor. Ad ascoltarli, rischi di non accorgerti che la gatta sta dormendo davanti al quadro con la poesia “Il tramonto”, scritta da Nadia Nencioni poco prima di morire nella strage dei Georgofili. Aveva nove anni. «È soprattutto a lei che è dedicata questa vittoria dello Stato», dice Ulisse mentre Andrea saltella da un carabiniere all’altro. 
Chissà, forse nei prossimi mesi scriveremo non solo le cronache dell’arresto dei complici di Messina Denaro, ma anche una favola per i bambini e per tutti quelli che ancora non sanno (o fanno finta di non sapere) cosa sia la mafia. Il titolo c’è già: la gatta Andrea, la poesia di Nadia e i ragazzi di Ulisse. 

DI SALVO PALAZZOLO

La Repubblica, 1/2/2023

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