sabato, novembre 26, 2022

INTERVISTA AL SINDACO DI VERONA. Tommasi: “Il Pd si rimetta in ascolto. Autonomia, il Nord non deve isolarsi”


di CONCETTO VECCHIO

Damiano Tommasi, la sua prima mossa da sindaco di Verona è stata la revoca di tre mozioni omofobe. 
«È un segnale importante per definire quell’idea di città aperta, inclusiva ed europea che ci rappresenta. Erano mozioni fuori dal tempo. La loro revoca era attesa». 
E la sua vita com’è cambiata? 
«È un po’ come se fossi tornato alla stagione in cui facevo il calciatore: sono spesso assente da casa, i tempi dettati dagli impegni istituzionali. Ma ho buone sensazioni, Verona è molto vitale». 
Pesa l’inesperienza? 
«Talvolta mi arriva un foglio che illustra un problema di cui non conosco la storia. Bisogna avere l’umiltà di studiare». 
Come l’hanno accolta al convegno dell’Anci? 
«C’è chi mi ha salutato perché mi schierava al Fantacalcio e altri che volevano sapere come abbiamo fatto a vincere». 
Nel centrosinistra guardano a lei come a un modello. 


«Ma in realtà non c’è stato alcun modello». 
Come no? 
«La forza è stata quella di mettere da parte i personalismi, essere compatti e chiari sui punti chiave». 
Non ha voluto i partiti in campagna elettorale. 
«Devo però ringraziare Enrico Letta, che ha capito lo spirito: è stato importante». 
Ha usato poco social e manifesti. Lo consiglierebbe a questa sinistra senza popolo? 
«Mettersi in ascolto, vivere la quotidianità. Siamo abituati, con isocial, a un ascolto parziale, che poi produce una comunicazione condizionata. E prestiamo troppa attenzione ai sondaggi». 
Non li ama? 
«Sono fuorvianti, ci distolgono dal concreto. Le scelte di un amministratore devono venire dal reale, dal territorio». 
La sinistra non sa più cos’è? 
«Concretezza e sogno devono andare di pari passo. Senza una visione forte poi si rischia di partorire progetti piccoli». 
Con quali sindaci ha legato di più? 
«A Bergamo ho rivisto con piacere Oscar De Pellegrin, l’ex paraolimpico che guida Belluno. Con Dario Nardella e Giuseppe Sala c’è un legame da tempo». 
E tra Bonaccini e Schlein chi sceglie? 
«Sono venuti entrambi a darmi una mano durante la campagna elettorale». 
L’appassiona il dibattito congressuale del Pd? 
«Dipende. Sì, se l’elezione del nuovo leader avverrà sulla base di un confronto sui valori e le idee, meno se è una disputa tra correnti». 
Come valuta il primo mese del governo Meloni? 
«Ha dovuto subito correggere la narrazione di rottura con cui aveva vinto. Su molte promesse hannotirato il freno a mano». 
Con Meloni vi conoscete? 
«Ci hanno presentati un giorno in Trentino. Non si può dire che non ha fatto la gavetta. E poi è romanista». 
Sui migranti ha scelto la linea dura. 
«Affrontiamo il fenomeno, ma ci dimentichiamo delle persone. Non sono numeri quelli che arrivano, sono vite». 
Che approccio userebbe? 
«Non va affrontata come se fosse un’emergenza, visto che con le migrazioni bisognerà fare i conti alungo. Mi siederei a un tavolo dimenticando per un momento i sondaggi». 
Avrebbe lasciato il reddito di cittadinanza? 
«Sì, perché non bisogna lasciare indietro chi non ce la fa, chi non può lavorare. Poi si può pensare a riformularlo, ma i più deboli vanno aiutati». 
Molti imprenditori si lamentano che non trovano lavoratori. 
«Lo so bene. È colpa del reddito di cittadinanza o incidono altre ragioni? Non conosco i numeri. Ragiono a voce alta». 
È favorevole all’autonomia differenziata? 
«Il nostro progetto politico si chiama Rete. Credo nell’interconnessione del territorio. Il Comune è azionista dell’Autobrennero, che attraversa quattro regioni. Posso anche migliorare il mio pezzetto, ma se gli altri non avranno uguale cura l’automobilista se ne farà poco». 
Il Nord reclama più efficienza. 
«È sacrosanto, ma senza diventare delle isole. Chi ha di più deve fare da traino a chi ha di meno.
 Don Milani diceva: “Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi”». 
Sta seguendo i Mondiali? 
«Sì, penso che lo vincerà un’europea. La Germania o l’Inghilterra». 
Avrebbe indossato la fascia arcobaleno? 
«Lo sport deve essere super partes. 
Ma siccome è fatto di uomini e donne non si può negare a loro di esprimere il proprio pensiero sui diritti». 
I calciatori quindi fanno bene a ribellarsi? 
«Il calciatore non è l’elemento di un ingranaggio. E un Mondiale è molto più della cartellonistica degli sponsor».

La Repubblica, 26/11/2022

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