lunedì, giugno 19, 2023

Gianni Cuperlo alla direzione nazionale Pd: “ L’unità vera si fonda sulla capacità di riconoscere la quota di vero presente nelle ragioni dell’altro”

Gianni Cuperlo

di GIANNI CUPERLO

Alla direzione ho provato a dire questo:

Credo che ogni nostra discussione, per quanto aspra, debba muovere dal dato di fondo. Che oggi nel Paese al potere c’è la destra. E il Paese non è un concetto vuoto. Sono le persone, istituzioni, l’economia, lo Stato. Sono i partiti. Il punto è che per convincere gli altri che qualcosa è giusto o sbagliato ai partiti un linguaggio dei mezzi non basta.

Ai partiti serve un linguaggio dei fini.

Oggi la destra, in Italia – e in Ungheria, Polonia, Svezia, Spagna, Austria, Germania – ha l’ambizione di cambiare quei fini.

Lo fa spostando su una frontiera reazionaria il governo dell’Europa per colpirne i principi fondanti dell’Illuminismo e dello Stato di diritto.

Se dovessero vincere le elezioni dell’anno prossimo e Trump dovesse riconquistare la Casa Bianca noi assisteremmo alla più radicale regressione dell’Europa politica dopo il 1945.

Questa è la sfida enorme che ci viene posta e che carica su noi – e sulle opposizioni tutte – una responsabilità pesante.

Unire cultura, politica e speranza in una sintonia col tempo della storia.

Dal lavoro al modo di muoversi, dal sapere alla salute, alle scelte sulla vita, come concepirla o uscirne.

Al capitolo della pace e della guerra, della diplomazia e del rispetto del diritto internazionale su cui non possono esistere ambiguità.

Per tutto questo, prima che necessario, penso sia giusto costruire ponti tra le forze di opposizione.

E farlo tenendo assieme l’alternativa dal basso, come fu con l’Ulivo.

E come dobbiamo fare ora unendo i bisogni ai soggetti che si battono per ottenere diritti negati.

In questo quadro l’altro ieri dalla piazza dei 5Stelle si sono alzate voci lontane, persino incompatibili, con la linea che abbiamo seguito sull’Ucraina.

Questa è una verità.

Ma non implica alcuna nostra subalternità verso quelle posizioni.

Noi dobbiamo credere nei concetti che pronunciamo.

Sull’Europa, come sulla guerra e sulla democrazia.

La segretaria a quel corteo ha portato un saluto.

Lo ha fatto sul tema della lotta alla precarietà.

Ma scusate, con chi dovremmo farla quella battaglia?

Con chi dovremmo contrastare la torsione autoritaria denunciata da Romano Prodi?

Il tema è che quanto più forte sarà il Pd tanto più larghe saranno le nostre alleanze.

Prima nella società.

Poi dentro il Parlamento.

E il partito in questo è decisivo.

Semplicemente decisivo.

Per questo penso che dopo le sconfitte per rilanciare questo simbolo serve una unità di sostanza.

Perché discutere serve.

Ascoltarsi serve, e aiuta.

Però con lo spirito giusto.

Noi ci processiamo da soli per le frasi di quella piazza, che non era la nostra piazza.

Due giorni prima, il “dittatore Putin” alla conferenza sul futuro economico di San Pietroburgo chiedeva un minuto di silenzio in memoria di Berlusconi definito “leader di livello mondiale” e nessuno ha detto “Bah”.

Vogliamo capire che dall’altra parte sono divisi su questioni di strategia anche se lo mascherano dietro uno scudo di reticenze?

Mentre noi le divisioni di questo campo (che ci sono) le coltiviamo come scalpi da esibire.

Me lo chiedo: quale logica c’è in tutto questo?

Perché guardate, lo logica del Terzo Polo è chiara.

Delegittimare noi – la forza principale del centrosinistra – per inglobare qualche rinforzo in previsione di una stampella da offrire alla destra (dalla riforma costituzionale alla giustizia).

Ma noi?

E lo chiedo al netto di una dose di doppiezza.

Perché – scusate – io sono anche disposto a fare il processo all’uscita scomposta di un comico “elevato” a guru (che per altro non ha evocato alcuna lotta armata).

Però, questo deve valere sempre.

Mentre noi – qui dentro – abbiamo deciso di andare al governo con chi, non cinque anni prima, ma la settimana prima, ci definiva “Mostri che facevano l’elettrochoc ai bambini”.

Allora, com’è?

Lo dico anche agli amici di Italia Viva.

Va tutto bene se si tratta di tornare a fare il ministro o evitare urne penalizzanti?

In quel caso si ingoiano pure i sassi?

E invece adesso, che al potere c’è questa destra bisogna tagliare ogni filo che consenta di impostare quell’alternativa senza la quale ognuno resta appeso a sé stesso?

Detto ciò, segretaria, il congresso è finito e tu hai il compito di guidare questa comunità. Lo fai con una segreteria che non è unitaria ma che ha piena legittimità ad agire. 

Tu incarni una domanda di innovazione che oggi è la tua e nostra migliore risorsa.

Ma attorno a quella spinta hai il bisogno – io direi il dovere – di portare tutto il partito a condividere la rotta, il linguaggio, il traguardo.

Perché questo è il compito di chi guida.

Non è un dettaglio.

Hai vinto le primarie e lo abbiamo riconosciuto tutti.

Ma dal congresso di un partito possono uscire una maggioranza e una minoranza.

Ma non possono uscire una maggioranza e una opposizione.

Perché in quel caso sono due partiti in un corpo solo.

E non funziona.

Non ha funzionato se abbiamo subito tre scissioni in sedici anni.

Il giorno dopo un congresso, chi lo vince deve avere la convinzione delle sue idee, ma su quella base deve mettersi alla guida di tutto il partito.

Senza mascherare le differenze.

Ma conquistando il riconoscimento e l’autorevolezza che derivano dalla volontà di essere il segretario – la segretaria – dell’intera comunità. Perché il congresso è finito. 

Se un partito si confronta, anche su temi difficili, non è mai una cacofonia.

Ma la manifestazione del pensiero che è sempre lo strumento più capace di irrobustire un partito e la sua classe dirigente.

In tutto questo, organizzarlo il partito è la sola carta che abbiamo e ogni abbandono deve interrogarci.

Perché per anni si è usato l’argomento dell’unità interna allo scopo di annullare le differenze quando si manifestavano.

Ma l’unità vera si fonda sulla capacità di riconoscere la quota di vero presente nelle ragioni dell’altro.

Non credo sia una questione di metodo.

Penso sia la sostanza dell’essere un partito della sinistra che oggi ha il dovere di rappresentare una alternativa alla peggiore destra della nostra vita.

Azzoppare una leadership appena insediata?

Credo sia un errore capitale solo pensarlo.

Ma dall’altro lato, compito di chi oggi questo partito lo guida è condividere una politica.

Abbiamo da scalare una montagna?

Sì.

Ma allora meglio farlo in cordata rifiutando di pensare che quello dietro a noi sia una zavorra inutile.

Chi apre la cordata ha una grandissima responsabilità. Perché quelli dietro devono fidarsi. L’autorevolezza di chi siede su quella sedia viene anche da qui. Nasce anche da qui.

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