sabato, giugno 03, 2023

«Alla Chiesa oggi serve una Congregazione dell’amore»

Don Cosimo Scordato 

Don Francesco Romano / Don Cosimo Scordato

«Da questo riconosceranno che siete miei discepoli», così afferma perentoriamente il vangelo di Gesù. Da che cosa si può essere riconosciuti come cristiani, ovvero seguaci di Gesù Cristo? La risposta del Vangelo è disarmante: «Dal modo come vi amate». 

Il cristiano deve ispirarsi alla persona di Gesù, il quale ha amato, fino al dono supremo della sua vita, anche coloro che l'avevano tradito e messo in croce. Non stiamo facendo una sorta di predica, piuttosto vogliamo individuare il criterio che faccia riconoscere ciò che nella storia della Chiesa merita di essere ricordato, custodito e rilanciato.

Rispetto a questa prima considerazione avvertiamo che tanta parte di detta storia non solo non è riconducibile all'insegnamento di Gesù, anzi ne ha costituito sovente una distorsione, se non addirittura un vero tradimento: pensiamo alle guerre di religione, alla mille forme di compromissione con sistemi politici violenti e totalitari, alle tante ingerenze pervasive e minacciose nella coscienza delle persone. In reazione a questi scantonamenti, sentiamo il bisogno che la Chiesa viva una presenza nel mondo ispirata al vangelo e, pertanto, capace di promuovere sempre più modalità di crescita comune, di intesa, di promozione di tutto l’uomo e di tutti gli uomini.

Non ci nascondiamo che, finora, ciò che ha maggiormente caratterizzato gli interventi della Chiesa, soprattutto dalla svolta di Costantino in poi, sono state azioni interessate soprattutto all'unità della fede, della retta dottrina (e dell’impero). In nome di questa unità la Chiesa si è sentita autorizzata a intervenire, anche in maniera violenta, servendosi del braccio secolare per colpire coloro che non erano fedeli alla dottrina: pensiamo alle persecuzioni e alle torture degli eretici, alle cacce alle streghe etc.… In questo orizzonte il termine prevalente per indicare il cristiano, e per farlo stare sereno in coscienza, è stato quello di credente, ovvero di colui che difende la verità di una dottrina, sentendosi autorizzato a perseguitare ed eliminare la persona che la nega. Eppure, il giudizio di Dio così come ci viene attestato dal vangelo non è favorevole verso chi risponde di avere invocato: «Signore, Signore!»; piuttosto è favorevole verso chi è stato capace di riconoscerlo nel povero, nel pellegrino, nello straniero, nei bambini e di amarlo anche nei nemici.

A partire dalla suddetta considerazione, che non si finisce mai di approfondire, ci sembra urgente lanciare l'idea: perché non viene istituita nella Chjesa una «Congregazione dell'amore», che sia altrettanto, se non addirittura più importante, della Congregazione della dottrina e della fede? Una tale Congregazione dovrebbe promuovere tutte quelle iniziative volte a rasserenare la vita delle persone, riconducendola all’unità gioiosa e ricapitolatrice dell’amore. Essa dovrebbe riconoscere e favorire le autentiche esperienze di amore nella vita di ogni coppia (di qualsiasi genere), nelle relazioni interpersonali, nelle relazioni all'interno della società, nelle relazioni tra i popoli (come sta facendo in questi ultimi giorni papa Francesco). Mai come oggi viene avvertita una esigenza come quella che stiamo proponendo per venire incontro a disinnescare le vere energie della vita contro le energie dell’odio e della morte, che incombono sulla nostra società. L’urgenza di una tale Congregazione si impone anche perché l'esperienza del passato spesso ha fatto sperimentare la fede come motivo di separazione, di divisione e lotta, non esclusa la stessa guerra; laddove, invece, la promozione dell'amore, in tutta la sua dirompente fantasia, avrebbe il compito di dare corpo concreto alla vita, favorendo spazi di incontro e possibilità di collaborazioni. Detta Congregazione dovrebbe affinare gli strumenti e la metodologia, volti a prevenire la deriva dello sfascio antropologico e dell’autodistruzione, e volti a intensificare le relazioni di rispetto, di intesa, di costruzione di una nuova umanità. I programmi di questo organismo ecclesiale dovrebbero favorire, nella mente e nel cuore di ognuno, pensieri e iniziative di pace, la cui efficacia vada verificata nella misura in cui le proposte hanno una ricaduta a beneficio di tutti e per tutti.

D’altra parte far crescere una umanità amante non sarebbe finalmente la modalità più pertinente perché l’essere dell'uomo e della donna, e la comunità degli uomini e dei popoli, possano finalmente risplendere «a immagine e somiglianza di Dio? Cosa più dell’amore oblativo e creativo può far somigliare a Dio?»

GdS, 3 giugno 2023

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