domenica, giugno 11, 2023

LA LETTERA. Berlinguer non è un brand. L’Unità di Sansonetti lasci in pace nostro padre

Enrico Berlinguer con L’Unità dopo la vittoria elettorale del 20 giugno 1976

DI BIANCA, MARIA, MARCO E LAURA BERLINGUER

Trentanove anni fa, l’11 giugno del 1984, moriva nostro padre. Le foto di quei giorni terribili, a partire da quella del malore sul palco del comizio di Padova, sono rimaste nella nostra memoria familiare ma anche in quella di tanti italiani che ancora ricordano quel tempo, quelle speranze e quella politica. 

Solo pochi mesi prima, il 24 marzo del 1984, un’altra foto di papà era sulla prima pagina dell’ Unità , quotidiano che sotto la testata aveva la scritta:organo del partito comunista italiano. In quell’immagine Enrico Berlinguer sorrideva circondato da tanti compagni mentre una grandissima manifestazione attraversava le vie di Roma per protestare contro i tagli alla scala mobile voluti dal governo presieduto da Bettino Craxi. Il titolo a tutta pagina dell’ Unità era: “ECCOCI”. E nell’occhiello si leggeva: “Un flusso ininterrotto di lavoratori con treni, pullman e navi”. 



Quella stessa foto l’abbiamo rivista in questi giorni, utilizzata come spot pubblicitario, per promuovere l’uscita in edicola di un nuovo quotidiano che ha assunto un vecchio nome, l’Unità , diretto ora da Piero Sansonetti. Grande è stato il nostro sconcerto e,ancor più, la nostra amarezza. 

Da quella prima pagina sono passati, così come dalla morte di nostro padre, quasi quarant’anni e, nel frattempo, il mondo è totalmente cambiato. 
Tutto è mutato: da oltre tre decenni non esiste più il partito comunista italiano e nessuno di quell’antica leadership. 
Da allora l’Unità ha avuto numerosi direttori fino a concludere definitivamente la sua storia ormai sei anni fa. 
Quello che torna oggi nelle edicole è un quotidiano interamente nuovo che dell’antico e glorioso giornale conserva solo il nome. E solo perché quando è stato messo all’asta un imprenditore più rapido di altri è riuscito ad acquisirne la proprietà. Ma della storia precedente, nulla rimane: e nemmeno uno di quei redattori che hanno tenuto in vita il giornale fino al 2017. Come spiegarsi, allora, sotto il profilo giornalistico, politico, culturale e anche morale la volontà di affermare a tutti i costi una continuità tra il giornale fondato da Antonio Gramsci e quello oggi in edicola? E come spiegarsi che venga utilizzata una foto così significativamente legata al suo tempo e così, di quel tempo, potente espressione per pubblicizzare un prodotto inevitabilmente tutto diverso? 
Certo la memoria storica appartiene a tutti e per noi è motivo di gioia sapere che la vita e l’attività di nostro padre vengano sentite e vissute da quanti gli vogliono ancora bene, ciascuno secondo la propria soggettività, ma altra cosa è trasformare il suo ricordo in un brand pubblicitario. 
Per favore, lasciatelo in pace. 

La Repubblica, domenica 11 giugno 2023

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