domenica, gennaio 07, 2024

L’intervista al direttore del Corriere della sera. Luciano Fontana: “Il nostro è un Paese senza leader”


Salvo Fallica

«La fragilità del quadro politico consente a Giorgia Meloni, nonostante le difficoltà emerse nell'ultimo periodo, di andare avanti. Bisognerà capire se sarà un andare avanti per tirare a campare o se riuscirà a realizzare il progetto politico di trasformazione che ha annunciato prima delle elezioni». 

Così Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, inizia a delineare il quadro dell'attuale situazione politica italiana in questo dialogo che spazia su grandi temi nazionali e internazionali ed analizza anche il ruolo della Sicilia nel cuore del Mediterraneo e negli scenari geo-economici più ampi. Analista e commentatore acuto della politica, autore di grandi interviste che hanno fatto il giro del mondo, come quella con Papa Francesco che divenne oggetto del dibattito pubblico globale. Fontana è anche uno scrittore: il suo libro (edito da Longanesi) «Un Paese senza leader» ha palesato prima della fase pandemica le profonde contraddizioni del sistema politico italiano.

Direttore cosa è cambiato in questi anni?

«Le elezioni nazionali che hanno portato alla formazione del governo guidato dalla presidente Meloni hanno mostrato degli aspetti di novità, per la prima volta nella storia dell'Italia repubblicana vi è un esecutivo guidato da una forza di destra con una leader di un partito tradizionale. La notevole esposizione mediatica e digitale è però ancora una dimensione caratterizzante di questa fase della leadership ed abbiamo visto negli ultimi lustri crescite notevoli e poi notevoli cadute di consenso. Nel caso della Meloni l'equilibrio a livello di leadership regge mentre invece stanno emergendo divisioni significative nella coalizione di centrodestra. Hanno saputo vincere le elezioni stando uniti, le divisioni politiche però vi sono nel centrodestra e stanno iniziando a minare l'unità del governo. La Lega cerca di recuperare consenso scavando a destra. Salvini ha spinto consapevolmente verso il no sul Mes perché ha un altro progetto: la cavalcata a destra e le pulsioni antisistema sono il tratto caratterizzante della sua campagna elettorale. E vi è la difficoltà di FI che cerca un suo spazio al centro dopo la scomparsa del suo fondatore, Berlusconi».

E sull'altro fronte politico?

“Le divisioni sono notevoli nel “centrosinistra largo”. Vi sono tracce di una nuova aggregazione ma sono molto labili, vi è Conte che sembra più orientato a prevalere sul Pd piuttosto che costruire un'alleanza. E la stessa Schlein sembra in parte un corpo estraneo rispetto al Pd. E vi sono i centristi in frantumi di Calenda e Renzi».

L'Italia ha avuto un leader esterno ai partiti, riconosciuto per prestigio a livello internazionale, Mario Draghi. Poi è tornata la politica tradizionale. L'impressione è che anche politici del nuovo governo con notevoli consensi si atteggino più a capi partito che a leader del Paese. Vi è una questione di cultura politica?

«Vi è un problema culturale e politico di classe dirigente. Voglio però prima dare la mia valutazione su Mario Draghi. Per la prima volta l'Italia aveva come presidente del Consiglio una personalità di forte carisma, con una proiezione internazionale. Per la prima volta l'Italia ha davvero contato negli scenari globali. Poi in maniera traumatica è stato fatto cadere il suo governo. Questo è stato un danno vero per l'Italia. Detto questo, ritengo normale e giusto che leader che si siano sottoposti al giudizio degli elettori - ottenendo i numeri necessari- governino. Il problema però è il passaggio da capopartito a statista, o volendo restare un passo sotto a leader che sappiano parlare a tutto il paese e non ai propri supporter. Fino ad adesso questo passaggio essenziale non vi è stato. E questo fenomeno di mancanza di leader che sappiano parlare a tutti in maniera chiara, razionale, programmatica, è ancora più evidente a livello regionale e locale».

Per alcuni decenni si è parlato di ripresa del Sud e di sviluppo a macchia di leopardo , poi però con l'esplodere delle crisi economiche e finanziarie internazionali è tornato nel dibattito pubblico il dualismo tra Nord e Sud. Vi è ancora una questione del Mezzogiorno?

«Vi è certamente una questione del Mezzogiorno, vi sono tanti dati statistici che lo mostrano chiaramente. I differenti tassi di crescita tra Sud e Nord sono evidenti, vi sono inoltre delle serie problematiche a livello di servizi ed infrastrutture. La questione meridionale è il problema dei problemi. Il fatto che vi siano delle differenze economiche e sociali così profonde è un danno non solo per il Mezzogiorno ma per l'intero Paese. L'Italia potrà avere un ruolo internazionale importante solo se tutto il Paese avrà un efficace livello di crescita e benessere. Bisogna insistere sul Pnrr, una parte dei fondi è riservata per il Mezzogiorno. Questo è un treno che non può esser perduto».

Le imprese di eccellenza vi sono, in particolare nella Sicilia del Sud-Est.

«Certo ma manca la massa critica. Per fortuna vi sono imprenditori che creano delle realtà di eccellenza, assieme ai lavoratori, in condizioni difficili. Si pensi quali risultati potrebbero raggiungere se potessero operare in condizioni più adeguate».

Com'è la Sicilia vista dall'osservatorio di Via Solferino?

«La Sicilia è una terra che ha delle potenzialità enormi. Possiede un grande patrimonio storico-archeologico, naturalistico, ambientale, purtroppo non vi è l'adeguata valorizzazione di questi beni. Gli scenari internazionali hanno fatto sì che la Sicilia sia diventato un hub energetico importante in chiave europea. Non mi sembra però vi sia la piena consapevolezza di questa dimensione. Vi è un percorso che per la prima volta va da Sud a Nord sul piano energetico. Questo dovrebbe essere un volano anche sul piano dell'innovazione. Credo che la Sicilia possa diventare una delle regioni più competitive d'Europa ma occorrono politiche razionali ed efficaci in quest'ottica, bisogna investire nelle infrastrutture materiali e immateriali. Aggiungo che la Sicilia è fondamentale anche sul piano geopolitico e strategico. Il Mediterraneo anche per via dei conflitti in Ucraina e in Medio Oriente è di nuovo centrale». (*safal*)

GdS, 7 gennaio 2024

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