giovedì, gennaio 11, 2024

L’INTERVISTA CON ISAIA SALES. La lunga storia della corruzione in Italia


È dall’Unità che conviviamo con il fenomeno. Sales: “Le élite si autoassolvono e i cittadini non ne percepiscono la gravità”

ROBERTA LISI

L’ultimo in ordine di tempo è l’arresto per corruzione del sindaco di Palma Campania, Nello Donnarumma di Fratelli di Italia. Insieme a lui sono indagate altre 7 persone e i reati ipotizzati sono “degni di nota”, tanto più in una stagione di grandi risorse pubbliche europee pronte per essere investite mentre il governo cerca di allentare i controlli di legalità e togliere i cosiddetti lacci e laccioli dalle procedure per gli appalti pubblici. I reati ipotizzati nell’inchiesta della Procura di Nola su corruzione e appalti truccati, dunque, che hanno portato agli arresti domiciliari – oltre all’amministratore locale – anche un’altra persona, sono corruzione, turbata libertà degli incanti, falso in atto pubblico, depistaggio e subappalto non autorizzato.

Di pochi giorni fa, invece, la notizia dell’indagine sui Verdini e la corruzione all’Anas. E mentre arrivano i fondi del Pnrr, il governo di centrodestra modifica la legge sui contratti pubblici consentendo l’assegnazione di opere senza gara per il 90% dei casi, indebolisce l’Anac, cerca di svuotare di poteri di controllo della Corte dei Conti, abolisce il reato di abuso d’ufficio e vuole attenuare la legge Severino. 

Isaia Sales, meridionalista e grande studioso della camorra e in generale delle mafie, per anni ha insegnato a Napoli all’Università Suor Orsola Benincasa presso il Dipartimento di Giurisprudenza “Storia delle mafie”. Lo studioso ritiene che la corruzione accompagni la storia d’Italia dalla sua unità ad oggi, ma che non susciti riprovazione sociale.

Il caso Verdini, forse sarebbe più corretto definirlo Verdini/Salvini, ha di nuovo acceso i riflettori sulla corruzione, fenomeno che pensavamo superato. Distrazione, sottovalutazione o cosa?
È comodità di pensiero, fa sì che la corruzione esista solo quando la si scopre. È confortante, consente di immaginare di vivere in un Paese non così cattivo come lo si dipinge. La corruzione, quindi, viene sottovalutata perché la si scopre poco e quando la si scopre i colpevoli pagano poco, pochissimi finiscono in galera. Siamo, in realtà, di fronte a un paradosso: uno dei fenomeni più continuativi e diffusi della storia d'Italia è ampiamente sottovalutato e quindi - in questo modo - si fa il gioco proprio dei corrotti. Si ha l'impressione che la corruzione esista, ma come fatto eccezionale, solo quando la si scopre. Ma non è affatto un’eccezione. Anzi, come dicevo, la corruzione è il fenomeno di maggiore continuità della storia italiana.

Non è un reato legato al bisogno, è un reato delle classi dirigenti. Perché non si riesce a estirparla? Perché dall'Ottocento a oggi non è cambiato quasi niente?
Proprio perché è un fenomeno di classi dirigenti. Non solo si autoassolvono, ma hanno tutta la possibilità di farla franca. In gran parte i corrotti sono ricchi, possidenti, benestanti e, spesso, in Italia controllano anche la grande stampa, hanno quindi la possibilità di mettere la sordina al fenomeno. Sostengo da tempo che la criminologia vada in tilt quando parla di corruzione, perché la ritiene fondata su reati commessi dalle classi pericolose, in genere formate da persone in stato di deprivazione, ignoranti, quindi reati commessi per bisogno o per ignoranza. Ma la corruzione è esattamente il contrario, chi la commette è benestante, ha la possibilità e la capacità di farne parlare poco, di stabilire pene poco afflittive. Le élite si difendono, esiste una sorta di impunità nella corruzione, altro elemento continuativo della nostra storia.

Collettiva.it, 11/01/2024

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