venerdì, gennaio 26, 2024

Un saluto ed un abbraccio commosso a mons. Emanuele Catarinicchia, il “nostro” decano


DINO PATERNOSTRO

Ci ha lasciati mons. Emanuele Catarinicchia. È stato vescovo di Cefalù e di Mazara del Vallo, ma per noi è stato il decano di Corleone. Sempre e solo il decano. Amato (non da tutti), sostenuto e contrastato, ma sempre protagonista. Tanti di noi l’hanno avuto insegnante di religione al liceo classico. E le sue non furono mai lezioni di “routine”, ma confronto vero, a volte scontro, perché Catarinicchia era un uomo ed un prete con convinzioni profonde, sanguigno, con un tono di voce roboante: ascoltarlo valeva la pena, anche quando non lo si condivideva. 

Venne a Corleone nel 1961 e andò via da vescovo di Cefalù nel 1978, 17 anni dopo. Si buttò a capofitto in un’opera di rinnovamento della chiesa corleonese e dei rapporti con la politica. Più che sostenere supinamente la Dc, provò a stimolare la nascita e l’affermazione di cattolici impegnati in politica, fedeli alla dottrina sociale della chiesa.

Non gli stava bene la Dc di un politico/boss come Vito Ciancimino e dei suoi seguaci corleonesi come Totuccio  Castro, Nando Liggio e Giusto Catania, sostenuti dal decano precedente Alonso Bajada. E il clima che si respirava con l’apertura del Concilio Vaticano II favorì questa sua aspirazione. Vennero fuori personaggi come Bruno Ridulfo, presidente diocesano dell’Azione cattolica, il maestro Carmelo Comaianni, Totò Mangano e tanti altri giovani-adulti disponili “a scrivere un’altra storia”. Catarinicchia fu subito dileggiato dai personaggi del triumvirato Castro-Liggio-Catania, che lo definivano in un opuscolo “anonimo” spregiativamente “l’homo longus” per la sua alta statura, ma principalmente perché di “intrigava” nella politica cittadina (non al loro fianco). E nelle elezioni comunali del 1964 la Dc si spaccò e fece il suo esordio la lista di “Rinnovamento cittadino”, sostenuta dal decano. Il risultato fu molto eloquente: la Dc ottenne solamente 6 seggi, Rinnovamento cittadini invece 9. La parte del leone la fece il Pci che con la lista civica  “B. Verro“ fu il primo partito con 10 seggi. Dopo tante scaramucce, a Corleone si arrivó a varare la giunta dello scandalo: Rinnovamento cittadino, PCI, PSI, con Bruno Ridulfo sindaco e Tanino Marabeti e Totò Mannina assessori comunisti. La guerra fu totale e la Dc mise in campo in maniera spregiudicata e meschina tutto il suo potere. La Regione bocciava i progetti presentati dalla giunta-scandalo (con la scusa che non erano legati col nastro tricolore), il Banco di Sicilia sospese lo stipendio al sindaco Ridulfo (impiegato del banco) con la scusa (inventata) che, essendo il banco tesoriere del comune, scattava una sorta di conflitto di interesse. Gli “amici degli amici” invece tagliavano di notte le viti in contrada Colla al buon Bruno e si divertivano a fare minacciose telefonate anonime all’anziana madre. Ridulfo provò a resistere, ma la maggioranza a poco a poco si sfaldò e il comune venne commissariato. Chi fu il commissario che portò il comune a nuove elezioni? Enzo Zanghì, cugino di don Vito Ciancimino. Tutto chiaro, no?

Catarinicchia provò ad aprire la chiesa alla società con convegni e confronti aperti al mondo laico. Tuonava contro la mala politica e contro la mafia. Prese qualche “scivolone” quando tuonò contro le forze dell’ordine che a metà degli anni ‘60 avevano arrestato qualche centinaio di corleonesi per mafia e favoreggiamento di Luciano Liggio e della sua cosca. Arresti indiscriminati? Leggendo i nomi nell’ordinanza di rinvio a giudizio del giudice Cesare Terranova non si direbbe. 

Si fece commuovere pure da Ninetta Bagarella, allora fidanzata di Totò Riina, che era stata proposta per il soggiorno obbligato. Catarinicchia si convinse che la donna fosse solo innamorata del boss. La storia ha dimostrato anche altro. 

Nel 1978 Catarinicchia fu nominato vescovo di Cefalù e nella diocesi delle Madonie condusse una guerra rumorosa e senza quartiere contro la massoneria. Guerra che continuò anche a Mazara del Vallo.

È stato un grande sacerdote Catarinicchia, un grande uomo, forte, colto, deciso. Sicuramente, al netto degli errori umani, una persona che ha lasciato il segno nel tratto di strada attraversata. Adesso che riposi in pace come merita. Da parte mia un saluto ed un abbraccio riverente è commosso. 

Dino Paternostro 

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