martedì, gennaio 02, 2024

L’INTERVENTO. L’Europa torni garante dei diritti umani e della pace


di Pietro Bartolo

Tante cose sono accadute nel 2023 sul fronte della migrazione, a 10 anni dal naufragio di Lampedusa. Tante scelte del governo Meloni sconsiderate e devastanti a partire dall’entrata in vigore del decreto Cutro che ha di fatto aggirato le norme di diritto internazionale, sancendo l’obbligo per le Ong di non aiutare più di un’imbarcazione in pericolo alla volta e di portare subito le persone soccorse in un porto sicuro, spesso e volentieri lontanissimo dal luogo del salvataggio. 
Nei resoconti di fine anno, nonostante questo, di migrazione si parla poco o niente. Il decreto Cutro è entrato in vigore a marzo 2023 e ha segnato la linea dura del governo Meloni. Una linea di assoluta

disumanizzazione del fenomeno migratorio. A fine novembre è stato varato anche il cosiddetto decreto Cutro 2 che estende da 30 a 45 giorni il tempo massimo di permanenza dei minorenni nelle strutture di prima accoglienza. Si allungano i tempi di permanenza e si restringono gli spazi per questi ragazzi consentendo, in caso di flusso migratorio significativo, la possibilità di ospitare fino al 50% di persone in più rispetto al limite di capienza fissato. Adolescenti con storie, background, sogni, simili a quelli che hanno tanto emozionato chi ha visto il film “Io Capitano” di Matteo Garrone e che invece nella realtà lasciano indifferenti. 
Nella “multisala” dell’Italia meloniana capita anche che i ragazzi che hanno compiuto i 16 anni possono essere ospitati nei centri per gli adulti. Mentre i servizi — dall’insegnamento della lingua al sostegno psicologico e legale — vengono tagliati come denunciano le associazioni che si occupano di accoglienza dei migranti. Eppure, tutto questo sembra non fare più notizia. Lo smantellamento dei diritti non è considerato un “evento” per cui scendere in piazza. Così passano quasi inascoltati, fatta eccezione per alcune testate come la vostra, i continui naufragi o le grida d’allarme di associazioni in prima linea nella salvaguardia dei diritti umani come Asgi, Arci, Cnca, Defense for Children, Intersos e Oxfam che da settimane denunciano la situazione drammatica in cui sono costretti a vivere decine di minori stranieri non accompagnati nella struttura di Rosolini, in provincia di Siracusa: niente acqua calda, nessuna privacy, nessuna area per la socialità. Rinchiusi quasi come in un carcere. 
Nel 2023 è stato anche approvato il Patto sulla Migrazione di cui sono stato relatore ombra per SD di uno dei dossier, quello su “Migrazione e asilo”. Un Patto archiviato troppo in fretta dalle cronache. Elly Schlein e le Ong hanno ragione: questo Patto non è riuscito a raggiungere il traguardo che si voleva, cioè archiviare definitivamente il regolamento di Dublino. È comunque un Patto, lasciatemelo dire, che prova a riformare quel regolamento aspramente criticato soprattutto dai Paesi di primo approdo come l’Italia, andando il più possibile verso la direzione tracciata dal Parlamento Europeo della presidenza di David Sassoli. Non era scontato che ciò avvenisse perché in questi anni abbiamo assistito a un netto spostamento a destra dei governi dei Paesi membri dell’Unione e quindi del Consiglio della Ue. La Presidenza spagnola di Pedro Sanchez ha permesso di riequilibrare, in parte, i giochi di forza e inserire nel Patto alcune “luci”, evitando che la riforma del Regolamento di Dublino naufragasse nuovamente aprendo al rischio di ri-nazionalizzazione delle politiche migratorie. Forse avrebbe fatto più notizia rompere il tavolo dei triloghi, il confronto tra Consiglio, Commissione e Parlamento. Di certo non avrebbe aiutato le migliaia di migranti che bussano alle nostre porte. 
Le “luci” del testo, come ha pure riconosciuto la segretaria Schlein, sono frutto di un duro lavoro di mediazione che ha affermato, per la prima volta, il principio di solidarietà tra gli Stati membri attraverso il ricollocamento obbligatorio dei richiedenti asilo per tutti i Paesi membri. Si dirà che si poteva ottenere di più, magari una cifra superiore a quella concordata di 30.000 persone l’anno, ma su questo era il governo Meloni che doveva puntare i piedi con Orban e compagnia per convincerli ad assumersi una maggiore responsabilità. Il governo italiano, invece, ha sempre puntato sul controllo delle frontiere e su politiche di rimpatri osteggiando ogni tipo di solidarietà. Il lavoro di mediazione ha permesso di eliminare dal testo ogni forma di solidarietà che prevedesse una ricollocazione ai fini del rimpatrio. Perché nella bozza del Consiglio c’era anche questo… Sembra assurdo, impensabile, eppure è così. 
Anche per gli aiuti ai Paesi sotto pressione migratoria e ai Paesi terzi, si è riusciti ad inserire vincoli specifici: i fondi saranno gestiti dalla Ue e sottoposti a monitoraggio e rendicontazione. Nessuna possibilità quindi di finanziare muri e fili spinati, come avrebbero voluto gli alleati della Meloni, Orban in testa a cui il Patto non piace affatto. Come gruppo SD ci siamo assunti una grande responsabilità e sono convinto che questa riforma seppur lontana da ciò che auspicavo, potrà in qualche modo colmare alcune delle iniquità dell’attuale sistema di Dublino che riversa tutta la responsabilità nello stato membro di prima accoglienza. Una volta adottato il regolamento, starà ai governi dar seguito alle disposizioni obbligatorie di ricollocazione. Su questo vigileremo, senza abbassare mai la guardia perché, anche se la migrazione non è in cima agli interessi dell’opinione pubblica e — dice qualcuno — non porta voti, è anche sulla migrazione che si gioca il futuro dell’Europa. Le prossime elezioni europee saranno determinanti per l’affermazione dei valori di democrazia e convivenza sia nei Paesi membri che al Parlamento Europeo. Sono convinto che non bisogna essere i difensori di questa Ue ma di un’Europa veramente federale e federativa. La debolezza del “vecchio Continente” è lampante come hanno evidenziato i conflitti che stanno dilaniando la Terra, e in particolare quello in Medio Oriente dove i morti — di cui la metà sono bambini e adolescenti sotto i 16 anni — sono già oltre 21.000. Il silenzio, l’incapacità di difendere la dignità umana in quel conflitto e la mancata risposta ai problemi del continente africano sono il segno più tangibile della nostra fragilità. 
Riappropriarci del “capitale” più importante che i padri fondatori dell’Unione ci hanno lasciato, ovvero essere garanti dei diritti umani e pace, sarebbe un buon modo per iniziare il 2024. 
L’autore è eurodeputato del Pd 


La Repubblica Palermo, 2 gennaio 2024

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