giovedì, gennaio 04, 2024

Tracce di culto nell’entroterra sicano: il santuario extraurbano di Cozzo Spolentino, Corleone (Pa)

Alcuni reperti di Cozzo Spolentino esposti
al museo civico di Corleone

Ringraziamo la d.ssa Francesca Spatafora, già Soprintendente ai beni archeologici di Palermo ed attuale consulente per la cultura del sindaco di Corleone, che ha accettato la nostra proposta di pubblicare su Città Nuove questo significativo saggio sul sito archeologico di Cozzo Spolentino in territorio di Corleone. Grazie al suoi buoni uffici, la Soprintendenza ha consegnato in custodia al Museo di Corleone  parte dei reperti di Cozzo Spolentino, già esposti al piano terra di Palazzo Provenzano, accanto al miliare romano di Aurelio Cotta, rimesso a nuovo con un professionale lavoro di pulitura. Adesso il miliare e i nuovi reperti costituiscono un’attrattiva di rilievo per il turismo culturale in continua crescita. C’è da augurarti che anche il museo venga gestito in maniera ottimale con la presenza di guide e di audio-guide e con il pagamento di un biglietto per i non residenti, che ne faciliti la manutenzione. (dp)
                                                         

TRACCE DI CULTO NELL’ENTROTERRA SICANO: IL SANTUARIO EXTRAURBANO DI COZZO SPOLENTINO, CORLEONE (PA)

di FRANCESCA SPATAFORA *

Il Cozzo Spolentino, situato in una zona interna della Sicilia occidentale compresa tra gli attuali centri abitati di Corleone e Prizzi (Fig.1), si eleva fino a circa m 1000 s.l.m.(Fig.2) sulla linea di spartiacque tra la Valle del Belice e quella del San Leonardo.  Il monte, dalla cima appuntita e dai fianchi piuttosto scoscesi (Fig.3) digrada, sul versante settentrionale, verso un’area pressoché pianeggiante, quasi una conca circondata e protetta da più modesti rilievi. 

Pur trattandosi di un insediamento interno dall’apparente posizione isolata, il sito risulta ben posizionato strategicamente, in un punto di grande importanza in relazione alla viabilità antica; è posto, infatti, a dominio di un’importante arteria di collegamento che, probabilmente, ricalcava il percorso della strada consolare di età romano-repubblicana  già tracciata durante la Prima Guerra Punica - così come testimonia il rinvenimento del  milliarum del console Aurelio Cotta del 252 a.C. in Contrada Zuccarone nei pressi della Cresta Ciccotta (Di Vita 1963; Prag 2006), un modesto rilievo prossimo al Cozzo Spolentino(Spatafora 1997a) - e ripercorsa in età imperiale dalla via Palermo-Agrigento ricordata nell'Itinerarium Antonini.

Il miliare romano del 252 a.C. Esposto al museo

L’interesse archeologico del sito si evidenziò per la prima volta in occasione di uno scasso eseguito da scavatori clandestini nei primi anni novanta; tale circostanza suggerì l’opportunità di realizzare due brevi interventi, effettuati rispettivamente nel 1993 e nel 1996.

La campagna del 1996 interessò fondamentalmente l’area dell’abitato, toccando diversi punti dei ripidi declivi che caratterizzano l’accidentata orografia del rilievo; in quell’occasione furono messi in luce porzioni  di edifici e materiali databili alla prima età ellenistica e, ai piedi del cocuzzolo di Sud-Ovest, interessanti resti di età alto-medievale, probabilmente coevi ad una tomba scavata nella roccia e con copertura a lastroni scoperta a poca distanza.

I consistenti livelli di distruzione dell’abitato antico  permisero di datarne l’abbandono  alla metà circa del III sec.a.C.,  verosimilmente  in relazione con gli avvenimenti della Prima Guerra Punica (Spatafora 2002).

Il breve intervento del 1993, invece, si era concentrato in un’area immediatamente all’esterno  dell’abitato, laddove gli scassi clandestini avevano intercettato livelli caratterizzati dalla presenza di materiale a carattere votivo.

 

Lo scavo del 1993: breve resoconto

I saggi di scavo, condotti nel mese di luglio del 1993 con carattere d’urgenza, ebbero una brevissima durata (circa 10 gg.) e interessarono un’area ampia poco più di 50 mq che inglobava, all’angolo SO, la grande fossa scavata dai clandestini (Fig.4).

Lo svuotamento della fossa stessa e la sua pulitura (UUSS 106 e 107) portarono, comunque, al recupero di numerosi frammenti di vasi e di terrecotte figurate.

Il terreno si presentava in forte  pendenza da Est verso Ovest (circa il 30%) mentre il dislivello era molto più lieve da Nord verso Sud.  Al di sotto del terreno vegetale (US 100) l’intera area era interessata dalla presenza di uno strato di terra di colore marrone scuro e di consistenza morbida (US 101 e US 105), relativo, probabilmente, ai precedenti lavori agricoli protrattisi per diversi secoli e che, purtroppo, avevano intaccato anche i livelli archeologici, così come dimostra la presenza di numerosi materiali in giacitura secondaria relativi alla frequentazione dell’area in età classica ed ellenisticaNella parte centro-occidentale dell’area di scavo, al di sotto di UUSS 101 e 105,  venne rilevata la presenza di uno strato  di pietre sbozzate e blocchi  (US 102/US 110pertinente, molto verosimilmente, alla parte superiore, disturbata dai lavori agricoli, di un crollorinvenuto immediatamente al di sotto (US 108); nella parte orientale del saggio, invece,  sotto gli strati vegetali si mise in luce un livello di distruzione e abbandono (US 103 e US 104)contraddistinto da un terreno a forte matrice argillosa di colore giallastro abbastanza compatto, forse relativo a un probabile elevato in terra cruda di una piccola struttura che certamente aveva caratterizzato il contesto votivo. Di un eventuale edificio, tuttavia, è stato possibile riconoscere solo una traccia in un breve tratto di allineamento (m 2.00) orientato in senso NS  riportato alla luce nel settore SO dell’area di scavo. La conclusione dei lavori non permise di scavare gli strati sottostanti e di accertare, dunque, l’esistenza di eventuali livelli connessi all’uso dell’area sacra. Al di là, tuttavia, degli scarni dati forniti dall’indagine archeologica,il materiale raccolto, di cui una parte  privo purtroppo di contesto, risultò comunque significativo per delineare tipologia, cronologia e fasi di utilizzazione dello spazio rituale situato in posizione extraurbana e in prossimità dell’unico accesso al sito.

 

 

  

          I materiali

Le categorie di materiali maggiormente attestate possono ricondursi, principalmente, a produzioni vascolari, coroplastica,  monili in pasta vitrea e bronzo, pesi da telaio. A ciò si aggiunge un buon numero di monete di bronzo relative a varie zecche isolane.   

Poiché lo scavo ha interessato solo una parte dell’area sacra,  e tra l’altro in modo parziale, è ovvio che il materiale raccolto è solo una campionatura, seppur significativa, di un più ampio contesto di cui non conosciamo, purtroppo, né l’estensione né l’entità. Una buona parte del materiale raccolto, inoltre, è in pessimo stato di conservazione e molto frammentato, tanto da rendere impossibile una corretta lettura dei manufatti e, in particolare, delle terrecotte votive a cui appartengono una notevole quantità di frammenti purtroppo non diagnostici.

Si presenta pertanto,  per ciascuna categoria di materiali, una selezione operata sulla identificabilità del pezzo e sulla sua provenienza dallo scavo del 1993; si è evitato, infatti, di presentare quei reperti casualmente recuperati  in precedenza, a seguito dello scavo clandestino, per i quali manca qualsiasi riferimento in relazione al  punto di ritrovamento.

 

• La ceramica

Vasi destinati al cerimoniale

L’indagine ha restituito una limitata quantità di ceramiche diagnostiche, solo in parte utilizzate per lo svolgimento delle cerimonie religiose. A questa categoria appartengono, ad esempio due orli di scodelloni acromi (US 105) a profilo continuo convesso (Fig.5)uno dei quali con orlo pendulo ispessito, di impasto grossolano assai poroso e ricco di inclusi, pertinenti a una tipologia vascolare comune nel mondo indigeno già dal VI secolo e, ancora, per tutto il V sec.a.C. (Termini 2003, p.235-237).

Si tratta, verosimilmente, di vasellame utilizzato per la preparazione degli alimenti e, quindi, funzionale alle cerimonie che dovevano svolgersi nel piccolo luogo sacro e che, probabilmente, prevedevano un pasto comune, mentre nessuna forma sembra al momento documentare l’azione del “bere”. 

Sempre al set cerimoniale doveva appartenere uno skyphos a vernice nera, di cui si conserva il fondo e la parte inferiore della vasca: il vaso, caratterizzato da un’argilla color arancio, ha piede ad anello e parte inferiore della parete a profilo leggermente concavo; il fondo, risparmiato, è decorato con un cerchio a v.n.(Fig.6). Sulla base dei confronti e del profilo, il tipo può datarsi al primo quarto del IV sec.a.C.

Vasi utilizzati come offerte

Una parte del vasellame, invece, e in particolare quello a decorazione figurata, sembra avere assolto funzione di offerta.

Percentualmente ben documentata è la ceramica figurata siceliota con attestazioni di forme esclusivamente connesse al mondo femminile, a cui si riferiscono anche le raffigurazioni vascolari. Alcuni frammenti appartengono ad almeno cinque pissidi skyphoidi. Il primo (US 107), a vernice nera, è pertinente all’orlo, con risega interna per la posa del coperchio,  e ad una porzione di parete a profilo pressoché verticale; ha una fascia risparmiata sotto l’orlo,  decorata con punti a v.n. (Fig.7)un secondo (US107), ha una fascia decorata a ovoli al di sopra della scena figurata in cui è possibile riconoscere due figure femminili di profilo affrontate(Sicani, Elimi e Greci, p.152, n.259): la donna a sinistra, di tre quarti, ha i capelli raccolti in un sakkos e indossa un chitone disegnato a punti neri che lascia nude le braccia dall’altezza del gomito. Il braccio sinistro è sollevato verso il volto della seconda figura, di profilo a sinistra con capelli raccolti in un sakkosche indossa un himation. La scena, a sinistra, è delimitata da una palmetta (Fig.8). Di una terza pisside si conserva solo un frammento di parete (US 107) con figura femminile seduta vestita da un leggero chitone stretto in vita, con braccio sinistro piegato in avanti (Fig.9); a destra della raffigurazione vi è  una grande palmetta aperta tra campanule (Sicani, Elimi e Greci, p.152, n.260)

Entrambi i vasi figurati sono riferibili a produzioni siceliote dellaseconda metà-fine del IV sec.a.C..

Numerosi piccoli frammenti assai dilavati, in cui sono ancora parzialmente visibili le tracce di una decorazione figurata, sono tutti riferibili ad un unico vaso di cui, tuttavia, non è possibile ricostruire la scena figurata, mentre un piccolo frammento dell’orlo con fascia a ovoli ed estremità a ricciolo di grande palmetta è pertinente ad altra pisside skyphoide (US 107) (Fig.10).

Sempre nell’ambito del IV sec.a.C.  si datano anche quattroporzioni di coperchi di lekanides; di uno (US 107), di piccole dimensioni, si conserva solo una piccola parte caratterizzata dal motivo a onde correnti lungo il bordo pendulo (Fig.11 a), mentre di un altro, privo di bordo, rimane un frammento con parte di una testa femminile con sakkos (Fig.11 b); di un terzo coperchio (US 102), sempre frammentario, la porzione residua è caratterizzata dalla raffigurazione di una testa femminile con sakkos di profilo a sinistra tra palmette e girali con campanule (Fig.11 c). Il quartocoperchio (US 107)ricomposto da diversi frammenti e di cui si conserva circa la metà, manca del pomello di presa (Fig.12); alla base dello stelo del pomello una fascia anulare risparmiata è decorata con trattini paralleli a vernice bruna, mentre sul coperchio è raffigurata una testa femminile di profilo a sinistra con sakkosincorniciata da palmetta a diciassette petali tra girali(Sicani, Elimi e Greci, p.151, n.258).

Infine, forse tra la categoria delle offerte o utilizzate nel cerimoniale per il dono alla divinità di oli e profumi, possono annoverarsi due bottiglie e due piccole lekythoi, vasi destinati alla conservazione di unguenti e profumi (Fig.13)

Le bottiglie, ben inquadrabili nelle produzioni del IV sec.a.C., hanno corpo ovoide e alto collo cilindrico ed entrambe mancano della bocca e dell’orlo: la prima (US 107), tendente al globulare, ha il fondo leggermente concavo ed è finemente decorata a sottili pennellate con tre palmette a dodici petali separate da linee verticali tra due file verticali di punti a v.n., al di sopra di una larga fascia a vernice nera diluita (Sicani, Elimi e Greci, p.151, n.254) . La seconda (US 104), con piede ad anello, al di sopra di una larga fascia verniciata ha una decorazione simile alla prima ma resa in maniera più corrente: le tre palmette a sette petali tra linee verticali sono realizzate con spesse pennellate a vernice nero/bruna e racchiuse tra semplici linee verticali (Sicani, Elimi e Greci, p.152, n.256).

Le lekythoi (US 101), a vernice nera, per lo più evanida e scrostata,  sono del tipo a corpo ovoide, piede ad anello, più o meno largo, breve collo cilindrico e, nel caso dell’esemplare integro, bocca imbutiforme segnata inferiormente da un risalto(Sicani, Elimi e Grecip.151, n.256).

 

• La coroplastica votiva

 

I tipi più antichi documentati nell’area sacra di Cozzo Spolentino sono da riferire a statuette femminili sedute in trono, senza spalliera distinta o con spalliera distinta ad apiciI numerosi frammenti rinvenuti attestano una discreta diffusione della classe, anche se lo stato di conservazione solo in pochi casi permette una corretta attribuzione tipologica.

Tra gli esemplari meglio leggibili si segnala la porzione inferioredi una statuetta femminile seduta in trono (US 100), di un tipo ben noto nei contesti isolani della seconda metà del V sec.a.C. (Gela Panvini-Sole 2005, tav.LI-LII, Tipi D1 IX-X)Il panneggio, appena accennato, scende leggero ai lati della figura fino ai piedi poggiati su base rettangolare. Il bracciolo del trono è segnato da una linea orizzontale (Fig.14)Allo stesso tipo sembrano potersi attribuire anche tre porzioni della parte inferiore di figure femminili in trono (US 107) in pessimo stato di conservazione anche per quanto concerne le superfici fortemente dilavate.  Al tipo con spalliera distinta ed apici (Museo gela) può verosimilmente attribuirsi il frammento relativo alla porzione superiore di figura su trono (Fig.15) dalla US 101, oltre al piccolo frammento pertinente la spalliera con apice, sempre  raccolto nei livelli superficiali. 

Sempre nell’ambito della seconda metà del V secolo a.C. si collocano le teste, pertinenti con tutta probabilità a figurine stanti,caratterizzate da volto ovale, basso polos cilindrico cordonato, capigliatura divisa al centro in due masse rigonfie di ciocche ondulate che lasciano scoperte le orecchie (Pautasso 1996, p.70), in un caso forse con orecchino ovale (Fig.16 a) : a questo tipo si riferiscono quattro testine purtroppo frammentarie (Fig.16)sempre rinvenute negli strati superficiali o nel terreno all’interno della fossa clandestinamentre leggermente più tarda potrebbe essere la testa con polos svasato e capigliatura divisa in due bande indistinte (Fig.17 a), così come quella (Fig.17 b) con capigliatura analoga e  polos cilindrico (Sicani, Elimi e Greci, p.155-156), verosimilmente inquadrabile, sulla base di numerosi possibili confronti, nell’ambito del IV sec.a.C. A queste si aggiunge una testina miniaturistica dal volto ovale e alto polos svasato su capigliatura a corona, di probabile produzione selinuntina e databile alla fine del V sec.a.C.

Sempre al IV sec.a.C. è pertinente la testa pertinente a statuetta stante (Sicani, Elimi e Greci, p.155-156, 268 f) con volto ovale, capelli divisi in due masse di ciocche indistinte e rigonfie e alto polos decorato con rosette a rilievo (Fig.18), di un tipo ben attestato in tutta l’isola e frequente, ad esempio, nella stipe di Piazza Vittoria a Siracusa (La Sicilia greca, p.114-116, p.200a Morgantina in contesti della 2° metà del IV (Bell, p.138 e p.154-155)mentre meno frequente è l’acconciatura caratterizzata dacapelli raccolti in due bande e coperte da sakkos legato sulla nuca con due nastri disposti a  V (Fig.19).

Allo stesso periodo può ricondursi la testa di figurina stante (Fig.20) con volto ovale e  capigliatura divisa in due bande coperta da un velo che scende ai lati del collo (Sicani, Elimi e Greci, p.154-155, n.268 a).

Due frammenti poi sembrano invece  attribuibili a una testa,verosimilmente da busto, con capigliatura a riccioli chioccioliformi che lasciano scoperto l’orecchio con probabile orecchino ad anello con capi aperti (Fig.21). Il tipo di capigliatura è presente, ad esempio, ad Agrigento (De Miro???) e forse a Morgantina alla fine del V sec.

La protome a busto non modellato (Fig.22) di Cozzo Spolentino(US 101), conservatasi integra seppure interessata da grossi fori di corrosione, ha testa con volto ovale e naso pronunciato, alto polossvasato, con foro passante al centro, su capigliatura divisa in due bande con ciocche a festone, orecchie scoperte e orecchini a bottone  (Sicani, Elimi e Greci, p.154-155, n.265).  A un busto dello stesso tipo è collegabile, con molta probabilità, la testa (US 107), ricavata da matrice stanca e molto dilavata in superficie: il volto è sempre ovale e la capigliatura, divisa in due bande rigonfie, è sormontata da un polos pressoché cilindrico (Fig.23). Anche in questo caso le orecchie sono scoperte e forse ornate di orecchini a bottone  (Sicani, Elimi e Greci, p.155-156, n.268 h).Riferibile sempre alla stessa classe, si ricorda, infine, il frammento di busto non lavorato sempre raccolto nei livelli superficiali (US 101).

Sotto il profilo cronologico, i tre esemplari possono agevolmente inquadrarsi nell’ambito del IV sec.a.C… e rientrare in quell’ampia categoria dei busti abbreviati….

Due piccole teste, inoltre, (US 107), la cui parte posteriore è assolutamente piatta, sono caratterizzate da una capigliatura suddivisa in due bande raccolta ad alta crocchia sulla sommità delcapo (Fig.24) (Sicani, Elimi e Greci, p.154-155, nn.268 b e d). Teste di questo tipo sono solitamente pertinenti a rappresentazioni di Artemide, così come la porzione di figurina (US 101) a dorso non modellato con foro ovale, caratterizzata da una tunica con scollo a V e mantello e che trattiene una lancia o una fiaccola con il braccio sinistro (Fig.25). Alla stessa tipologia potrebbe appartenere il frammento relativo alla porzione inferiore di una figura stante su base poligonale (Fig.26) con gambe scoperte, di cui la sinistra leggermente flessa e su cui poggia l’intera figura. Lo schema, già attestato nel tardo V sec.a.C. e ampiamente diffuso nel IV , è noto in diversi contesti isolani. A prescindere dainumerosi esemplari di Fontana Calda, dove è l’ex voto più rappresentato (Portale 2008, p.11), la cosiddetta Artemide sicula è documentata, ad esempio, a Siracusa (La Sicilia greca, p.116, n.113, a Morgantina (Bell, p.155) e ancora ad Avola, Megara, Eloro e Gela (Portale 2008, p. 11, note 4 e 5).

Infine una testa di tanagrina (Fig.27) dall’alto collo cilindrico evolto ovale (Sicani, Elimi e Greci, p.155-156, n.268 ccostituisce l’elemento più tardo per quanto concerne le terrecotte, inquadrabile nell’ambito della prima metà del III sec.a.C., così come documentano i numerosi rinvenimenti in Sicilia e Magna Grecia (Portale 2008, p.38-39).

Per quanto riguarda le argille, la maggior parte delle terrecotte ècaratterizzata da un impasto abbastanza compatto e di colore rosa-arancio in superficie, ricco di inclusi calcarei bianchi e di minuti inclusi bruno/nerastri. Solo in alcuni casi (testa con polos di busto, testa con polos e orecchino  e porzione di polos e capigliatura) le figurine sono caratterizzate da un’argilla più fine e depurata tendente al rosa/camoscio e conservano traccia di ingubbiatura di colore beige, così come nel caso di un frammento di statuetta seduta in trono.

Gli esemplari riconducibili al tipo dell’Artemide stante, e in particolare le due porzioni pertinenti a statuette di piccolo modulo, sono invece caratterizzate da un’argilla rosata tendente al beige in superficie e ricca di minutissimi inclusi di mica dorata. 

 

Pesi da telaio

 

La piccola porzione di area indagata ha restituito ventiquattro pesi da telaio di forma troncoconica e due oscilla, uno dei quali, integro, con unico foro passante centrale (US 110).

I pesi, alcuni dei quali bruciati, sono della consueta forma tronco-piramidale, più o meno rastremata verso l’alto, di proporzioni variabili,  solitamente privi di qualunque particolare caratteristica e di altezza compresa tra i cm 3,6 (un solo esemplare) e i cm 6,6.  Un esemplare dalla US 104, tuttavia, è alto cm 7,3 ed è caratterizzato da una fila verticale di sei globetti impressi su una della facce laterali (Fig.28 a), da un solo globetto  impresso sulla faccia superiore e da almeno due disposti in fila orizzontale alla base di una delle quattro facce laterali. I due pesi dalla US 110 hanno identica altezza (cm 6,6) e uno di essi reca sulla faccia superiore un motivo a croce ottenuto a punti incisi. Sempre dalla stessa unità stratigrafica provengono altri due pesi tronco piramidali di identica altezza (cm 6,2): uno reca un’impressione circolare sulla faccia superiore, l’altro ha, su una delle facce laterali, un bollo ovale impresso con figura illeggibile all’interno. Infine, uno dei pesi più piccoli (h. cm 4,2) è caratterizzato da una X incisa sulla faccia inferiore (Fig.28 b).

La presenza di pesi da telaio nelle aree sacre è un fatto abbastanza comune anche se non è sempre facile comprenderne  funzione e significato: in alcuni casi, infatti, si è ipotizzata una loro relazione con strutture in qualche modo legate allo svolgimento delle cerimonie; in altri, più semplicemente, si è ritenuto che si trattasse di offerte collegate a una attività, la tessitura,  tipica del mondo femminile, così come del resto richiamato dalle fonti letterarie di età classica.

 

• Monili

 

Vetro

Tra i materiali raccolti nel corso dell’indagine, si segnalano ventiquattro elementi di collana, vari per forma e coloredi tipi ampiamente diffusi e particolarmente attestati in contesti di cultura punicacompreso un pendente a testa di negro, pertinenti a uno o più moniliOltre al vago di vetro blu dalla forma globulare schiacciata, recuperato nell’humus superficiale (US 100), dallostrato agricolo immediatamente sottostante (US 101) provengono dieci vaghi  (Sicani, Elimi e Greci, p.152-155), due dei quali, a seme, di pietra dura scura, tre a barilotto di vetro blu, due di forma globulare schiacciata di colore azzurro iridescente, uno di forma anulare di vetro blu, un altro globulare schiacciato di vetro color ambra e, in ultimo, un piccolo vago biconico di vetro bianco(Fig.29).

Nel terreno di svuotamento della buca “clandestina” (US 107) si recuperarono, invece, cinque elementi di collana: uno di forma biconica in vetro bianco iridescente, due a barilotto di vetro blu, uno globulare di vetro verde chiaro e, infine, un piccolo pendente “a trottola”,  con corpo biconico e punta, di pasta turchese(Fig.30).

Anche il primo livello di crollo (US 102) restituì alcuni elementi di monili: si tratta di due vaghi globulari schiacciati di vetro azzurro, di un altro globulare in vetro blu con motivo a occhio(per il tipo cfr. Spanò Giammellaro 2008 a, n.138), di due elementi a seme di pietra nera di eguali dimensioni, di un vago biconico di vetro verde chiaro ( cfr. Spanò Giammellaro 2008 a, n.108) (Fig.31).

Nella US 108, infine, tra le pietre del crollo, si raccolsero due vaghi di vetro blu, uno frammentario a barilotto e un secondo, di piccole dimensioni, di forma anulare.

Il pendente in vetro blu e nero modellato su asta del tipo a “testa di negro” (Spanò Giammellaro 2008 a, p.118, Fig.2), raccolto nello strato agricolo US 101, ha conformazione cilindrica(Fig.32)pur essendo illeggibili, per lo stato di conservazione, i dettagli fisionomici, la mascherina risulta priva di barba, con profonde cavità orbitali ed è caratterizzata da una benda ritorta sulla fronte. La presenza della benda ha permesso di attribuire il pendente, con anello per la sospensione applicato sulla testa, al tipo B I, b della Seefried, datato tra il 500 e il 400 a.C.. 

Inoltre, di particolare interesse è la presenza di una gemma incisa in cristallo di rocca, materiale  impiegato diffusamente dalla glittica del V e IV sec.aC.con raffigurazione di Iside che allatta Horus (Fig.33), motivo iconografico ben noto nelle produzioni glittiche dell’Occidente punico, soprattutto sarde,  a partire dal VI sec. a.C.Il motivo iconografico di Iside nutrice, che si collega al culto della dea diffuso in Egitto nell’Epoca Tarda e largamenteutilizzato nell’ampia produzione di scarabei in diaspro della Sardegna, si afferma in maniera più ampia tra il V e il IV sec.a.C.I due scarabei in corniola del Museo di Palermo, ad esempio, caratterizzati da analoga raffigurazione, sono stati entrambi datati tra la seconda metà del V e il IV sec.a.C..

Nella gemma di Cozzo Spolentino Iside è rappresentata seduta su un trono di fronte a un thymiatherion. Lo stato di conservazione della gemma, fortemente corrosa in superficie e verisimilmente già in antico compromessa dalla realizzazione di un forolongitudinaledestinato  al suo utilizzo come castone di un anello o, forse, come elemento di collana, non consente una esaustiva lettura dei dettagli iconografici: risulta infatti illeggibile la parte superiore della figura della dea  e  appare pressoché scomparsa la figura del fanciullo tra le braccia della divinità, del quale rimangono segni a destra ascrivibili all’originario copricapo. Nella parte superiore si intravvedono tracce di un disco solare radiato. Il bruciaprofumi è raffigurato in maniera assai schematica, se confrontato con produzioni di assai più accurata esecuzione provenienti soprattutto dalla Sardegna: presenta infatti una curiosa base a profilo rigonfio, tozzo piedistallo sul quale semplici tratti ovali rievocano le coppiglie degli originali metallici; la fiamma, infine, è resa da un semplice triangolo poggiante su tre bracieri sovrapposti.

La raffigurazione, a lettura verticale, era compresa entro una sottile linea incisa ovale, munita di linea di esergo in corrispondenza del segno neb, all’interno del quale si notano quattro brevi tratti incisi paralleli verticali di difficile interpretazione

Bronzo

Tra le offerte si annoverano anche alcuni monili di bronzo, principalmente orecchini, vaghi di collane, anelli e un bracciale.

Quest’ultimo (US 109), frammentario,  è costituito da una verga piatta e sottile avvolta a spirale (Fig.34) e appartiene a un tipo, solitamente con estremità ingrossate a testa di serpente schematica, ben attestato almeno a partire dal V sec.a.C. e per tutta l’età ellenistica (Lippolis 2008, p.179). La lamina del nostro esemplare, inoltre, è decorata da una fila continua di cerchielli incisi.

Tra gli altri monili, a prescindere dall’orecchino frammentario dalla US 101, si ricordano  due esemplari a sanguisuga (US 107) caratterizzati dalla verga a sezione circolare (Sicani, Elimi e Greci, p.152, n.262) nonché un pendente di forma troncopiramidale pertinente a un orecchino a disco (Sicani, Elimi e Greci, p.152, n.261) (Fig.35 a). Il pendente, inquadrabile tra la seconda metà del IV e i primi decenni del III sec.a.C., ha base superiore quadrangolare decorata lungo il bordo da una fascia di ovoli incisi; al di sotto, ha quattro coppie di globetti e la parte inferiore desinente in un apice piriforme

Un anellino a sottilissima verga a sezione circolare è stato raccolto nella US 102, così come un altro anello costituito da un sottilissimo filo sempre a sezione circolare (Fig.35 b).

I vaghi di collana sono del tipo a corpo biconico ed estremità a disco  ((Sicani, Elimi e Greci, p.152; US 101 e  US 111) o, in un caso,  di forma cilindrica allungata con quattro gruppi di linee anulari incise (US 102) (Fig.36 a-b). Sempre pertinente ad una collana potrebbe essere la piccola borchia circolare a profilo concavo con  bordo piano zigrinato e parte convessa decorata a sottili linee incise radiali (Fig.36 c) rinvenuta nello svuotamento della fossa clandestina (US 107).

Osso

Lo scavo ha restituito un solo oggetto in osso: si tratta di un pendente ricavato da un dente (forse di canide) lisciato e lavorato,con foro passante per la sospensione (Fig.37). L’uso di ricavare oggetti d’ornamento da denti e zanne di animali è diffuso fin dall’età preistorica (Spatafora 2008, p.25) ma ugualmente documentato in età storica (De Simone 1993, p.232), anche in ambiente punico (Uberti 19.., p.421).

Oggetti metallici

 

Ancora di bronzo e sempre riferibili alla sfera muliebre sono poi tre aghi frammentari rinvenuti nelle UUSS 104 e 107 (Fig.39), mentre difficilmente inquadrabili sotto il profilo della pertinenza ad una specifica classe o in relazione a una precisa funzione sono  una lamina in bronzo ripiegata (US 103) e chiusa da un elemento circolare - ripiegato a sua volta - e da una fettuccia bronzea (Fig.38 c), nonché un grosso anello dello stesso metallo con verga a sezione circolare (US 111) (Fig.38 b) . Un campanellino in bronzo, privo del suo batacchio, è stato raccolto nello strato US102 (Fig.40).

Alla sfera del banchetto e del simposio richiama infine un frammento di grattugia di bronzo (Fig.38 a), un manufatto ben attestato ormai in molti contesti isolani e diffuso soprattutto in ambito funerario e sacro. Non è escluso, quindi, che l’oggetto, oltre ad assolvere a una funzione pratica, venisse poi consacrato alla divinità anche in virtù del suo alto valore simbolico (Kistler….)

 

Monete

 

Otto, in tutto, le monete rinvenute nel corso dell’indagine, la maggior parte delle quali in ottimo stato di  conservazione, altre poco leggibili a causa della corrosione del metallo (Fig.41).

La più antica è un bronzo di Himera (US108), tra le ultime coniazioni della colonia, raffigurante al D/ un satiro con caprone e al R/una Nike in volo (Fig.39 a)

Tra le più recenti, invece, è una moneta di Siracusa (US 102) con Testa di Kore di profilo a sinistra sul D/ e legenda siracusion  e toro cozzante con D al R/ (Fig.39 b), databile a partire dall’età di Agatocle (Gandolfo 1993,….).

Gli altri esemplari sono tutti di zecca punica e attribuibilisoprattutto a Entella e Hippana.

Alla zecca di Entella e al 340 a.C. circa appartiene la moneta (US 106), di limitata circolazione, con elmo al D/ e cavallino in corsa al R/(Fig.39 c) (Gandolfo 1993, p.141, n.15) e ancora alla stessa zecca e alla seconda metà del IV sec.a.C. può ricondursi l’esemplare (US 101) con testa elmata di profilo a destra sul D/ e cavallino in corsa sul R/ (Gabrici 1927, Tav.IV,10) (Fig.39 d).Circolano a Hippana, dove può anche localizzarsi la zecca(Gandolfo 1993, p.317),  le due monete provenienti da strati superficiali (US 100 e US 102): la prima, della seconda metà del IV sec.a.C., è un bronzo con toro cozzante e chicco d’orzo al D/ eastragalo al R/, riconiato su moneta punica con testa maschile ecavallino (Gandolfo 1993, p.317-318); la seconda, degli ultimi decenni del IV sec.a.C., ha al D/ una testa maschile laureata di profilo e sul R/ la parte anteriore di un cavallo (Gandolfo 1993, p.328, n.134) (Fig.39 e). Di zecca punica, ma pressoché illeggibile, è un’altra moneta (US 110) in cui si riconosce soltanto un cavallino in corsa.

Forse ad Entella appartiene  la moneta rinvenuta nel terreno vegetale (US 100) con testa di Eracle di profilo a sinistra sul D/ e parte anteriore di toro antroposopo al R/ (Fig.39 f).

 

Conclusioni

E’ evidente, attraverso l’esame delle varie categorie di manufatti attestati nella piccola area sacra situata in posizione extraurbanaanche se in prossimità del varco di accesso all’insediamento, che il luogo di culto fosse destinato alle donne e dedicato, verosimilmente, ad una divinità connessa al mondo muliebre. Tutte le offerte, infatti, richiamo l’universo femminile nei suoi di versi aspetti: le forme vascolari – lekanides, pissidi, bottiglie per unguenti - sono legate alla toletta o alla conservazione di monili e oggetti  e le raffigurazioni stesse sui vasi richiamano scene di vita quotidiana che vedono protagoniste le donne. Lo stesso può dirsi dei pesi da telaio che, a mio parere, sono preferibilmente da interpretare come offerte da connettere ad una attività tipicamente femminile quale la tessitura.

Al mondo muliebre si collegano poi i numerosi monili, sia di bronzo che di pasta vitrea: oltre che attestare, insieme ad alcune delle monete rinvenute, l’ampia koiné che caratterizzava, nella prima età ellenistica, l’intera Sicilia centro-occidentale sotto il controllo politico-economico di Cartagine (Anello 1986), un oggetto quale la gemma incisa di cristallo di rocca, per l’iconografia in essa rappresentata, sembra  sottendere,  sotto il profilo semantico, l’intenzione di esaltare il carattere divino della maternità e della fertilità. 

D’altra parte anche le terrecotte votive, seppure in alcuni casi non precisamente inquadrabili sotto il profilo tipologico, richiamano temi connessi a passaggi importanti della vita femminile: dalle più recenti “tanagrine” che rappresentano forse le dedicanti stesse, fanciulle in età da marito che “lasciano la condizione di parthenoi per divenire spose, nymphai…” (Portale 2009, p.42o giovani spose che offrono e dedicano i loro ex voto alle divinità protettrici delle nozze e della fertilità,   alle protomi e busti che, come giustamente rilevato (Muller 2009)oltre ad essere legate al culto di divinità femminili, identificate spesso  con Demetra e Kore,  “appaiono sovente in connessione ad altre divinità legate al concetto di anodos e ai passaggi di status femminili (maturità sessuale, matrimonio e nascita), quali Afrodite, le Ninfe, Era e inmodo particolare Artemide” (Galioto…., 146).

 

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 * già pubblicato in:

F. Spatafora, Tracce di culto nell’entroterra sicano: il santuario extraurbano di Cozzo Spolentino

          (PA), in Sophie Bouffier et Antoine Hermary (éd.), "L’Occident grec. De Marseille à Mégara

          Hyblaea. Hommages à Henri Tréziny", BiAMA, 13, Aix-en-Provence-Arles, Marsiglia 2013


Galleria fotografica relativa alla presentazione della nuova organizzazione delle due sale al piano terra del museo civico di Corleone, avvenuta il 28/12/2023. 





















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