lunedì, agosto 21, 2023

La libertà negata alle donne, costrette a darsi coraggio per uscire indenni da una notte di movida

Lo slogan di piazza Caracciolo 


di Massimo Lorello

I ragazzi possono bere e divertirsi liberamente, le ragazze no: devono sempre vigilare sui potenziali pericoli. Quando finirà tutto questo?

Nella piazza che sette criminali hanno scelto per pianificare il loro stupro di gruppo, fino a qualche tempo fa si poteva leggere: La notte vogliamo essere libere non coraggiose. Questa puntualizzazione, colma di rabbia e dolore, firmata dal movimento femminista Non una di meno, campeggiava in un manifesto collage composto da scritte nere su fogli bianchi. Fogli appiccicati sulla parete del cantiere edile di piazza Caracciolo. I lavori sono quasi finiti e del manifesto non c’è più traccia. Sarebbe stato meglio preservarlo e replicare quello slogan in tutte le piazze e le strade e i vicoli di Palermo dove ogni sera si accende la movida.

Perché la violenza sulle donne, fisica o psicologica che sia, vìola prima di ogni altra cosa il principale diritto sancito dalla nostra Costituzione: la libertà. Le donne scrivono sui muri che vogliono essere libere semplicemente perché non lo sono.

Alla Vucciria, dov’è partito il piano per lo stupro di gruppo, ogni sera migliaia di ragazze e di ragazzi si incontrano, si conoscono, bevono fino a raggiungere la “soglia di allegria”. Qualcuno alza troppo il gomito (chi non lo ha fatto almeno una volta nella vita?) qualcun altro dice cose delle quali si pentirà la mattina seguente. Sembra una fiumana omogenea di gioventù ma i ragazzi non dovranno preoccuparsi della propria libertà, le ragazze sì. E tra una birra e un gin tonic dovranno mantenere quel brandello di lucidità che consentirà loro di mettersi al sicuro.

È sempre andata così, generazione dopo generazione, ma la domanda è: sarà possibile interrompere questa quotidiana negazione della libertà? Servirà parlarne all’infinito con chi non si è mai posto il problema (gli uomini), servirà convincere le istituzioni a occuparsi non solo dei reati commessi contro le donne ma anche di quelli che restano in potenza (e sono tantissimi), servirà soprattutto ripartire da quel manifesto che non esiste più.

La Repubblica, 21/8/2023

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