mercoledì, agosto 09, 2023

L’INTERROGATORIO. “Non sono mafioso e non ho fatto stragi”. L’ultima sfida di Messina Denaro


di Salvo Palazzolo

Il giorno del primo interrogatorio, un mese dopo la cattura, ha voluto spiegare: « Voi avete una tecnologia inimmaginabile… E io come dovevo difendermi? Fu così che iniziai a vivere da caverna, perché la tecnologia con la caverna non si potranno mai incontrare». Matteo Messina Denaro, le cui condizioni di salute si sono aggravate nelle ultime ore, sostiene di essere rimasto latitante così a lungo perché non utilizzava cellulari: « Io telefonini non ne avevo, perché sapevo che non appena nasceva un telefonino, non appena mi mettevo con la modernità, andavo a sbattere in un 3 per 2». 

E ha precisato: « Anche perché la nostra generazione non è che aveva il telefonino da giovane, quindi sapevamo come vivere anche senza». Eppure il giorno dell’arresto, il 16 gennaio, di cellulari in borsa ne aveva ben due. 

«Una necessità», ha spiegato. Perché la clinica Maddalena e altre strutture sanitarie che si era ritrovato a frequentare chiedevano un numero di cellulare. Per le prenotazioni e per eventuali comunicazioni. Questo sostiene lui, ma è chiaro che è quello che vorrebbe far credere. E nell’audizione del 13 febbraio, nel carcere dell’Aquila, il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e l’aggiunto Paolo Guido lo hanno incalzato con tante domande. 
Lui precisa: «Io, durante la latitanza, non ho mai avuto rapporti con appartenenti alle istituzioni, completamente » . Per allontanare l’idea che abbia beneficiato della complicità di insospettabili talpe. E per sostenerlo ha scomodato pure un antico proverbio ebraico: « Quando scoprii questo tumore e quindi mi restava poco da… però volevo andarmi a curare, dissi: “ Vediamo”. E mi sono messo a pensare, ho seguito un vecchio adagio, un proverbio ebraico che dice “ Se vuoi nascondere un albero, piantalo nella foresta”. E l’hoseguito per davvero. Anche perché dicevo “ Ora che ho la malattia, non posso stare più fuori e debbo ritornare”. Qua mi gestivo meglio, nel mio ambiente » . Così ha raccontato: « Non potevo fare alla Provenzano, dentro una casupola in campagna, con la ricotta e la cicoria, con tutto il rispetto per la ricotta e la cicoria, ma io devo uscire, dovevo mettermi in mezzo». 
Così parla un mafioso irriducibile. «Adesso, le sue condizioni di salute sono peggiorate — dice il suo legale — va ricoverato immediatamente » . Ma, intanto, in carcere ha a disposizione uno staff di medici. 
Un mese dopo la cattura, i pm gli hanno contestato anche il porto abusivo di una pistola ritrovata nel covo di Campobello e le false generalità. Piccoli reati rispetto agli ergastoli che deve scontare per le stragi. Ma guardate come ha risposto quando gli hanno chiesto da quanto tempo avesse la pistola. « Da tanto, perchémi piaceva, era un modello piccolo. Voi non potete risalire a niente, perché la punzonatura è fatta così bene che non si vede niente». L’ennesima sfida. Davanti alle domande pressanti del pm, ammette solo: « Me l’hanno portata dall’estero, dal Belgio » . Ma non vuole aggiungere altro. «No, non rispondo, non ha senso». I magistrati gli chiedono ancora quando. Risponde: « Venti anni fa, 18, non lo posso quantificare » . E aggiunge: « Non lo posso quantificare perché la mia vita non è stata sedentaria, è stata una vita molto avventurosa, molto movimentata, cioè per me comprarmi una pistola non è che era significativamente importante segnarmi la data » . In un modo o nell’altro continua a vantarsi. 
Ma bastano poche domande per smentirlo. Il procuratore de Lucia gli chiede: « Conosce Cosa nostra? » . Risponde: « Dai giornali, certo » . Il magistrato insiste: « Dai giornali la conosce?». Risposta: «Sì». 
«E lei non ha mai avuto a che fare con Cosa nostra?». «Non lo so, magari ci facevo qualche affare e non sapevo che era Cosa nostra » . Prova sempre a sfuggire alle risposte. «Reati ne ha mai commessi lei? » , gli chiedono ancora. « No — dice — di quelli che mi accusano no». «No nessuno — replica de Lucia — quindi stragi, omicidi, lei non c’entra niente?». Risposta di Messina Denaro: «No, nella maniera più assoluta. Poi, mi possono accusare di qualsiasi cosa, io che ci posso fare alla fin fine, no? » . Insomma, nega l’evidenza. 
Nega di avere commesso omicidi, traffici di stupefacenti ( « Vivevo bene di mio » ), estorsioni ( « Non ne faccio di queste cose » ). Risponde sempre “no”. Nega pure l’evidenza delle evidenze, sostiene di avere conosciuto in tv Bernardo Provenzano, quando la polizia ha trovato le sue lettere nel covo di Corleone. E continua a mandare sfide: « Non voglio fare né il superuomo e nemmeno l’arrogante — dice — voi mi avete preso per la malattia, senza la malattia non mi prendevate » . Il procuratore de Lucia lo riprende: « Ma intanto l’abbiamo presa». 
Il boss non si rassegna. E si lancia in una interpretazione dei suoi vocali. Uno in particolare, quello del 23 maggio: « Io sono qua, bloccato — diceva — per le commemorazioni di sta minchia». Ora dice: «Io non è che volevo offendere Falcone... io non bestemmio. Il punto qual è: che io ce l’avevo con quella metodologia di commemorazione. Allora se invece del giudice Falcone fosse stato Garibaldi, la mia reazione sempre quella sarebbe stata, perché non si possono permettere di bloccare un’autostrada per decine di chilometri: così vi fate odiare dalla gente». 
Parole chiarissime: i mafiosi detestano che si ricordino le vittime della mafia. 
La Repubblica Palermo, 9 agosto 2023

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