martedì, marzo 28, 2023

Castello Utveggio, una delle icone architettoniche più conosciute a Palermo. Il sogno avverato del castello sul monte Pellegrino


Danilo Maniscalco

l mito consegna alla storia che la decisione di costruire l’intrigante edificio accastellato in stile neoromantico sulla vetta del monte sacro di Panormus, sia stata presa da Michele Utveggio (1866-1933) direttamente dalla terrazza del suo verdeggiante attico su piazza Verdi, dal quale ogni mattina era solito guardare quello scorcio di paesaggio a cui sentiva mancasse ancora un forte segno distintivo in accordo esemplare con lo slancio positivista dei tempi.

Un richiamo dal nitido sapore utopico al tramonto dell’Età dei Florio che lascia il testimone al monumentalismo littorio. Custode di questi e altri preziosi ricordi identitari, da oltre quarant’anni è la famiglia di architetti Collura, discendenti diretti del cavalier Utveggio a custodirne, tramandare e curare la memoria di questo grande protagonista del mondo delle costruzioni che volle e seppe coniugare il profitto imprenditoriale con la qualità di opere capaci di generare ancora oggi singolare e autentico stupore.

Una memoria familiare stratificata e ben sovrapposta a quella della quinta città d’Italia che ogni mattina si sveglia e da qualsiasi punto scorge, scruta e ammira una delle icone architettoniche più amate e apprezzate da cittadini e turisti, quella costruzione dell’ingegno progettuale voluta proprio dal cavaliere in forma di castello e perciò conosciuto da tutti come «Castello Utveggio». Un’opera nella quale la scorsa settimana il presidente della Regione, Renato Schifani, ha compiuto un sopralluogo che ha fatto emergere pesanti ritardi nei lavori di restauro. Schifani ha detto che segnalerà il caso alla Procura.

Una storia d’altro secolo quella del cavaliere proveniente da Calatafimi, benestante e raffinato imprenditore che sposa Francesca Nocito; lui amante delle belle auto e araldo della qualità del costruito del new deal primonovecentesco, che lavora già come stuccatore nel lungo cantiere del Teatro Massimo, e non avendo avuto figli decide di porre sotto la propria guida il tredicenne nipote Antonino «Nenè» Collura, mutando già dal 1921 il nome dell’azienda in Impresa di costruzioni edilizie e industriali Utveggio e Collura. Una decisione che proietta la vita aziendale oltre la parentesi floreale della Belle époque, oltre le vicende della seconda guerra mondiale e i bombardieri nazisti Ju88 che tentano invano di colpire il castello. Storia che arriva al 1957 anno della morte di Nenè avvenuta poco prima che la famiglia decida di vendere alla Regione Siciliana l’edificio immaginato come lussuoso albergo-ristorante alla metà degli anni Venti proprio dal cavaliere che ne commissiona il progetto in struttura mista a Giovan Battista Santangelo architetto del nucleo originario dello Stadio littorio «Marrone» oggi Barbera, rodato collaboratore dello stesso Utveggio con Giralamo Manetti Cusa ancora nella costruzione di numerosi villini Liberty lungo l’arteria d’espansione borghese della via Notarbartolo, cancellati e oggi visibili nelle fotografie d’epoca dell’Archivio Collura. Una vita spesa per produrre qualità applicata alla grande architettura dei grandi architetti come: Ernesto Basile che firma i palazzi da pigione «Utveggio» lungo la via XX settembre a intersezione con le vie Siracusa e Carducci e lungo la via Volturno nei terreni Baucina; Giovanni Tamburello e ancora Ernesto Armò con il Palazzo- Cinema di piazza Verdi e le decine di villini inghiottiti dal sacco edilizio tra i quali quello del presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando. «L’uomo giusto al momento giusto» lo definì Margherita De Simone, capace d’inseguire un sogno sacrificando la propria ricchezza sull’altare della bellezza urbana che rimane come eredità concreta alle future generazioni in termini di bellezza sociale dell’arte per ricaduta diretta dall’alto sull’urbe, accompagnando con la propria suggestiva volumetria ben saldata al paesaggio roccioso circostante le giornate di tutti i palermitani da quel Primo Pizzo del Monte Pellegrino che affascinò persino Goethe.

«È da moltissimo tempo - scrive Utveggio nella relazione che accompagnava il progetto - che ho sempre pensato di creare nelle vicinanze di Palermo un magnifico ritrovo montano eminentemente panoramico» ed è così che l’utopia comincia a divenire concreto orizzonte storico e urbanistico purtroppo monca della piccola stazione funicolare posta a valle che se oggi fosse realizzata, chiuderebbe il cerchio del sogno originario proiettando il «castello» verso un rigoglioso futuro turistico-ricettivo unico per storia e posizionamento geografico. Un attacco fulmineo di peritonite stronca Utveggio il 5 marzo 1933 senza che egli abbia la possibilità di inaugurare in grande il suo castello. In quei mesi in cui ultimarono castello e stadio, sono già centinaia gli edifici sapientemente costruiti senza risparmiare attenzioni e materiali dall’impresa Uveggio-Collura che occupa una forza lavoro di oltre 400 operai. Non stupisce dunque osservare dalle fotografie d’epoca gelosamente conservate, quel fiume di gente di diversa estrazione sociale a costruire il lunghissimo corteo funebre che accompagnò l’ultimo viaggio del cavaliere, che fu anche consigliere comunale nel protagonismo culturale di una città che amò costruire bellezza guardando al futuro degli altri. Fu proprio il Giornale di Sicilia a ricordare il 17 marzo 1933 la scomparsa prematura del «cavaliere buono» scrivendo: «la morte del Cav. Utveggio, figura assai nota e simpatica di instancabile lavoratore, ha destato profonda impressione e vivissimo cordoglio in tutti gli ambienti cittadini … rimase sempre lo stesso: un temperamento cordiale ed esuberante non mai velato o deviato dai meritati guadagni ed un tenace amante del lavoro dal quale egli proveniva e che fu la sua indomabile passione.» Passione riversata su nipoti e pronipoti, custodi di una memoria che merita d’esser narrata alle nuove generazioni, affinché possano amare le proprie recenti radici culturali apprezzando con rinnovato slancio il ruolo strategico degli archivi persino quando a parlare è una cartolina che recita: «Grande Albergo, mt, 350 sul mare. Meraviglioso posto di soggiorno unico al mondo per la sua incantevole posizione panoramica. Ogni conforto – gran parco di 50.000 mq –Tennis – Aperto tutto l’anno».

Danilo Maniscalco

GdS, 28/3/2023

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