mercoledì, marzo 22, 2023

La lotta all’illegalità. «Bisogna sradicare la peste mafiosa». Il popolo di Libera nel cuore di Milano


PAOLO 
LAMBRUSCHI

Dal cuore di Milano un urlo che chiede verità e giustizia. L’80% dei famigliari delle vittime di mafia non conosce la verità sull’assassinio dei propri cari o ne conosce solo una parte. E nel trentesimo anniversario della strage di via Palestro ieri la metropoli lombarda ha ricordato con una partecipatissima manifestazione nazionale nel primo giorno di primavera, in quella che dal 2017 è diventata la Giornata nazionale a loro dedicata, tutte le vittime innocenti della violenza criminale mafiosa. Un ritorno riuscito dopo la Giornata del 2010 grazie anche alla collaborazione del ministero dell’Istruzione che ha invitato le scuole a partecipare, ottenendo una risposta massiva. Da porta Venezia a piazza Duomo hanno sfilato 70 mila persone da tutta Italia, in maggioranza giovanissimi, e tanti comuni con il gonfalone. “È possibile” lo slogan scelto, scritto in una bandiera con i colori arcobaleno della pace.

Un evento che dimostra forza e coscienza della società civile che ha organizzato l’evento. Con Libera e i sindaci di Avviso pubblico ci sono tante associazioni ed enti, tra cui Cei, Arcidiocesi di Milano, Caritas Ambrosiana, Acli e Legambiente, con gli scout di Agesci e Cengei a fare da servizio d’ordine e la partecipazione dei sindacati. ll popolo di Libera ha ribadito che le mafie sono forti anche nella locomotiva economica italiana, dove si sono infiltrate 60 anni fa - prima i clan siciliani, poi le ‘ndrine calabresi - e hanno progressivamente cambiato abito.

In una piazza Duomo gremita le prime a prendere parola sono state Emanuela e Simona, figlie di Piero Carpita, ucciso nel 1990 a Bresso in una sparatoria tra clan di ‘ndrangheta e camorristi.

«Siamo cresciute pensando che nostro padre si fosse trovato nel posto sbagliato, ma con Libera abbiamo capito che era la mafia che non doveva trovarsi in quel luogo».

Roberto Montà, presidente di AvvisoPubblico, ha denunciato come «le mafie hanno consenso tra gli amministratori, i dirigenti pubblici e gli imprenditori: dobbiamo prenderci l’impegno di rompere queste catene perché ne va della democrazia di questo paese» Quindi il rito laico della memoria con la lettura dei nomi delle 1.069 vittime innocenti conosciute dal 1961 ad oggi fatta da amministratorilocali, preti di strada, esponenti dell’associazionismo, delle forze dell’ordine e delle istituzioni. Tra questi l‘ex presidente del Senato Piero Grasso e l’ex procuratore capo di Palermo Giancarlo Caselli che ha concluso la lettura. Poi don Luigi Ciotti, presidente e fondatore di Libera con 40 minuti di appassionato discorso conclusivo, nei quali ha tuonato contro«la peste mafiosa» e il tentativo di normalizzarla chiedendo «verità e giustizia».

«Dopo 150 anni le mafie sono diventate moderne imprese. Ricorrono meno alla violenza diretta perché possono contare su quella bianca del capitale economico. La convivenza è dovuta a connivenza e sottovalutazione, a letture antiche e inadeguate dei fenomeni criminali che si sono evoluti assumendo forme e metodi che richiedono nuovi sguardi e strategie».

Non fa sconti don Ciotti. Non ha esultato più di tanto per l’arresto del superboss Messina Denaro, e si chiede invece chi lo ha coperto per 30 anni. «Perché dove c’è latitanza latita lo Stato» «Le verità passeggiano per le vie della nostra città; c'è chi ha visto, c'è chi sa e tace. Allora è necessario prendere coscienza che la presenza criminale mafiosa è un problema che non può essere dimenticato ». Dopo l’esortazione ai giovani per costruire un futuro diverso e il ringraziamento ai tanti professori e alle scuole, scorrono i nomi dei defunti nel naufragio di Cutro. «È giusto - ha dichiarato il presidente di Libera - che noi le ricordiamo, ma con loro tante altre vittime di questa forma di violenza. Fuggono da guerre conflitti, dalla siccità, dalla povertà e noi li respingiamo. Trovo ipocrita chiedergli se sono consapevoli dei rischi corsi per le traversate su mezzi di fortuna. Sono deportazioni indotte. E chi fa tutto questo non sono gli scafisti, il vero problema sono i mandanti, i criminali che fanno affari e gestiscono questo potere». I ringraziamenti finali vanno al capo dello Stato salutato da un fragoroso applauso, che ieri era a Casal di Principe per ricordare don Peppe Diana. Infine don Ciotti ha ricordato l’incontro del Papanel 2014 con i famigliari delle vittime di mafia. Francesco aveva impartito loro una benedizione indossando il pallio di don Diana, ucciso con quattro proiettili dalla camorra e mai messo a tacere.

Avvenire, 22/3/2023

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