sabato, luglio 30, 2022

Intervista all’assessore ai lavori pubblici con delega ai camposanti comunali. Totó Orlando: «La condanna? Ho fatto appello e non mi fermo»


GIANCARLO MACALUSO

A un certo punto, verso il tramonto della vecchia amministrazione, Leoluca Orlando lo attaccò frontalmente. «È stato eletto consigliere grazie al fatto che era mio omonimo; lo abbiamo sostenuto alla presidenza del Consiglio e ora mi si rivolta contro», era pressappoco l’accusa. Ma lui a quelle parole non si scompose allora e non lo fa nemmeno se si rievocano oggi. «Nell’ultimo periodo - spiega Totò Orlando, 54 anni, impiegato alla ex Provincia - il sindaco cercava nemici dappertutto e ha trovato anche me».

Sì, ma lei si mise di traverso. Non è stato molto tenero con i suoi vecchi compagni di viaggio che l’accusarono di fare melina per non fare approvare gli atti in Consiglio.

«Sono stato a capo di Sala delle Lapidi e credo mi sia stata riconosciuta una certa capacità di tenuta dell’aula e di essere stato garante dell’assemblea. Nell’ultimo periodo ho ricevuto accuse ingiuste che sono probabilmente frutto di livore personale, che in politica non dovrebbe esistere. D’altro canto, le cronache riportano decine di attestati di stima nei miei confronti da parte di Leoluca».

Pensa dunque di avere tenuto sempre una linea di coerenza, anche se poi è passato con Italia viva di Renzi e dunque con Lagalla?

«Nel 2015 inviai all’Anac alcune osservazioni sulle somme urgenze utilizzate per la manutenzione delle scuole. Parliamo di atti della prima amministrazione Orlando. L’Anac condivise le mie perplessità. Io non ho mai messo la testa sotto la sabbia, nemmeno quando le questioni riguardano la mia parte politica».

La prima esperienza amministrativa lei, classe 1968, l’ha avuta a 25 anni a Corleone, suo paese di nascita. Era un periodo complicato, l’ombra dei grandi boss sempre presente.

«Sono molto amico di Pippo Cipriani, che era sindaco e segretario del Pds, l’ex partito comunista. Avevo votato la Rete, ma io sono sempre stato un irregolare. A un certo punto formammo una lista di estrazione civica, alternativa allo schieramento ufficiale del centrosinistra (Rete, Pds, socialdemocratici). Era il periodo dopo le stragi. Vincemmo, sostenuti al ballottaggio dalla Dc mattarelliana. Esperienza esaltante. Epica. Posso dire che quella fu la migliore giunta progressista della storia del paese. Abbiamo realizzato opere per decine di miliardi di lire. Due presidenti della Repubblica sono venuti a farci visita».

Le polemiche antimafia che hanno accompagnato Lagalla appoggiato da Cuffaro lei come le ha vissute?

«Come chi è consapevole di essere stato sempre dalla stessa parte. La prima firma al banchetto di don Ciotti sui beni confiscati partì a Corleone. Io c’ero. Non c’è dubbio che spesso il tema della lotta a Cosa nostra è stato utilizzato per combattere l’avversario e costruire carriere. E per la specchiata moralità di Lagalla è stata una polemica del tutto fuori luogo».

Lei ha subito una condanna in primo grado per tentata concussione. Non è stato un azzardo entrare in giunta?

«Sono rispettoso della legge. Ho subito un processo, ci sarà il secondo grado. La Costituzione garantisce tre livelli di giudizio. Io rispetterò le leggi e la Costituzione della Repubblica, come ho sempre fatto».

Qualcuno la ha definita matto», velleitario, ambizioso per il fatto di avere cercato la delega ai Cimiteri. Visto qual è il grado di emergenza, in effetti…

«Questo è in linea col mio temperamento. Voglio dare un contributo a risolvere una delle emergenze più vergognose della storia di Palermo. Abbiamo assistito a tanti che non sono stati consequenziali alle cose che dicono. Penso che sia arrivato il momento di cambiare metodo: meno annunci e più fatti concreti».

Intanto, ha preso anche altre deleghe rognosissime, quella ai Lavori pubblici, l’Edilizia privata. Piene di insidie, a forte tasso di infiltrazione.

«Non credo che nelle pubbliche amministrazioni esistano per la criminalità zone franche. Bisogna tenere la guardia alta. Sempre».

Ci sveli due delle sue passioni, oltre la politica s’intende.

Le canzoni di Paolo Conte e i viaggi in America Latina».

Gi. Ma.

GdS, 30/7/2022

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