venerdì, luglio 15, 2022

Addio Scalfari, l’inventore di giornali


di 
Simonetta Fiori

È morto a 98 anni il fondatore di Repubblica Cambiò il modo di raccontare il Paese Fino all’ultimo ha continuato a scrivere di filosofia, letteratura e politica

Il giorno della morte è lo stesso che ha festeggiato sempre come un anniversario di famiglia, la presa della Bastiglia, per la quale apriva agli amici l'amato giardino di Velletri. Solo Eugenio Scalfari poteva scegliere di andarsene alle prime ore del mattino del 14 luglio, la data della Rivoluzione Francese e dei droits de l'homme, nella grande casa romana piena di luce in piazza della Minerva, dietro il Pantheon. Anche di recente la Marsigliese era tornata ad affacciarsi nella memoria musicale di Scalfari, che ha affidato al canto le sue fragili energie di vegliardo.

Le ultime settimane ne hanno confermato la tempra del combattente, allegrissimo e innamorato della vita. E anche quando sembrava che il sospiro rallentasse e il soffio vitale pian piano si spegnesse, riaffiorava una canzone a tenerlo legato alla sua personale costellazione di affetti, alla moglie Serena, alle figlie Enrica e Donata.

Nel giorno grande della rivoluzione, a 98 anni ci lascia un grande rivoluzionario che ha cambiato i giornali e, insieme alla carta stampata, la storia d'Italia. E la politica per un momento resta sospesa. Nonostante la minaccia della crisi di governo, nonostante la confusione ormai endemica, un'intera classe dirigente - non solo quella di sinistra, non solo quella laica - rende omaggio a un protagonista che ha avuto lo straordinario merito di far circolare nel paese valori civili legati al progresso e all'innovazione, valori di democrazia, giustizia sociale, legalità, diritti, etica.

A cogliere in tutta la profondità il significato della scomparsa di Scalfari è il premier Mario Draghi, legato al fondatore da un'amicizia personale nutrita da un patrimonio ideale condiviso. "La scomparsa di Eugenio Scalfari lascia un vuoto incolmabile nella vita pubblica del nostro paese", scrive Draghi rievocando il "coraggio delle idee" e la "profondità delle analisi" che hanno favorito per sette decenni la formazione di più generazioni di italiani. E insieme al premier si dicono rattristati la più alta autorità civile, il presidente Mattarella, e la più alta autorità religiosa, papa Francesco, che all'"amico Eugenio" dedica l'emozionante ricordo qui a fianco.

Sulla "passione dell'etica" si concentra Mattarella, che traccia un filo ideale tra le battaglie per il rinnovamento della vita pubblica e le riflessioni più recenti sui temi essenziali della condizione umana. Molti grandi testimoni ne rievocano il ruolo di pungolo svolto a sinistra. "Per decenni", scrive Giorgio Napolitano, "ha seguito con partecipazione l'evoluzione della sinistra italiana, e l'ho sempre sentito vicino nei miei difficili anni da presidente della Repubblica". In Senato Luigi Zanda, amico d'una vita, richiama alla responsabilità chi resta: "È finito un pezzo importante della storia del nostro Paese, e noi dovremmo riflettere su questo salto d'epoca. Il suo lascito più importante va alle generazioni più giovani, perchésappiano prendere sulle loro spalle il destino di un'Italia sempre più integrata all'Europa".

Tra i più giovani, a ricordarlo è l'editore di Repubblica John Elkann, che rivendica un antico legame con il fondatore attraverso la figura di Carlo Caracciolo. "La sua libertà di pensiero e la ferma volontà di rendere l'Italia più moderna e giusta hanno reso possibile un'avventura straordinaria, con il sostegno di mio prozio Carlo Caracciolo e dei tanti colleghi che lo hanno accompagnato per tutta la sua lunga esistenza".

Scalfari è stato fondamentaleper la formazione democratica di molti. E anche nel centro-destra c'è chi oggi depone le armi della battaglia. Tra i suoi nemici politici colpisce il tweet di Silvio Berlusconi, di cui fu pugnace duellante negli ultimi trent'anni di vita. "Eugenio Scalfari è stato una figura di riferimento per i miei avversari in politica", scrive Berlusconi. "Oggi, però, non posso non riconoscergli di essere stato un grande direttore e giornalista". Torna alla mente un'antica assemblea a Repubblica, Scalfari direttore alle prese con la guerra di Segrate, tra il 1989 e il '91. La proprietà del giornale rischiava di finire nelle mani del nuovo padrone della Mondadori, Berlusconi appunto: per il quotidiano di Scalfari sarebbe stata la fine. Il direttore si presentò davanti a un'assemblea allarmatissima. Era teso anche lui, ma non volle darlo a vedere. A sorpresa ci descrisse una serata di mondanità passata con Berlusconi al pianoforte: "È un uomo molto simpatico, anche divertente. Ma è totalmente estraneo alla cultura democratica di Repubblica. L'ingegner De Benedetti è certo più serioso, ma con lui siamo al sicuro".

Ma Scalfari non è solo patrimonio dell'élite dirigente. Si accendono le chat dei vecchi colleghi di Repubblica, quelli che hanno contribuito a farla grande sotto la minaccia dei "tre giri di chiglia" (il massimo della pena simbolica minacciata dal comandante della corazzata).

Piange Alberto Bertini, storico capo della tipografia. E piange Sandra Bonsanti, una delle prime valorose inchiestiste che ricorda "il grande cittadino dell'Italia repubblicana" avversa alle mafie. E scrivono i lettori, anche quelli della prima ora, che si formarono sull'Espresso formato lenzuolo.

Oggi pomeriggio è aperta dalle 16 alle 19 la camera ardente al Campidoglio nella sala della Protomoteca. I funerali si terranno domani alle 10.30 sempre in Campidoglio. Domani interverranno il sindaco Gualtieri, l'amico Walter Veltroni, il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, il direttore della StampaMassimo Giannini, infine Ezio Mauro, il "figlio" prediletto a cui il fondatore affidò il suo giornale. Funerali laici, come da ultimo ha invocato Scalfari che si è sempre dichiarato "non credente". O, meglio, "credente nella vita" e "non credente nell'aldilà". Credeva in quello che aveva fatto e ci ha lasciato, credeva nell'energia che non si spegne ma si rinnova sotto altra specie. E intorno a lui si raccoglierà una comunità grande, per dirgli grazie, ancora una volta. E per sempre.

La Repubblica, 15/7/2022

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