giovedì, luglio 28, 2022

LA SCOPERTA. Il segreto di Selinunte: gli scavi svelano un’enorme agorà

La polis. Una veduta dall’alto di Selinunte antica colonia fondata dai megaresi nel 650 avanti Cristo e poi distrutta dai Cartaginesi 


di Isabella Di Bartolo

È stata scoperta a Selinunte l’agorà più grande del mondo. Una piazza immensa a forma di trapezio con, al centro, la tomba di Pammilo, il leggendario fondatore della città. Gli archeologi non hanno dubbi: si tratta di un’immensa area sacra ampia 33 mila metri quadrati costruita al centro della città antica ma, quello che appare misterioso, è il suo fine legato alla forma particolare. 

Già, a cosa serviva questo luogo che custodiva nel suo cuore l’antica tomba dell’ecista di Selinunte? 

«Un mistero che si dovrà scoprire – commenta Felice Crescente, direttore del parco archeologico di Selinunte e cave di Cusa – e che mostra come ancora questo sito abbia tanto da raccontare. Oggi apriamo al pubblico un nuovo percorso che conduce all’agorà, appunto, e al panorama che essa regala grazie a un lungo lavoro di scavi, studi e diserbo di questa zona». 

La grandiosa piazza trapezoidale è infatti il risultato dell’intensa campagna di scavo dell’Istituto Germanico di Roma con l’Università degli studi di Milano e l’Institute of Fine Arts della New York University guidato dall’archeologo siciliano Clemente Marconi che è a capo della missione. Il professore Marconi ha seguito numerose campagne di scavo tra i templi di Selinunte in questi anni e, oggi, si sta occupando di svelare quello che l’antica Selinus sta raccontando con una serie di ritrovamenti tra cui gioielli, amuleti e uno stampo che ha una storia a sé visto che è la seconda parte di un manufatto già scoperto dieci anni fa e che così ritorna perfettamente integro. A cosa serviva? Forse uno scettro oppure un oggetto rituale che doveva restare unico e per questo motivo, dunque, lo stampo, diviso in due parti dopo la prima e unica fusione, era stato sepolto nel recinto sacro come ipotizza Marconi. È in programma un’indagine metallografica per comprendere che tipo di metallo (probabilmente bronzo) sia stato utilizzato per la fusione, e replicarlo. 

È questo uno dei reperti più preziosi che saranno presentati oggi dagli archeologi nel corso di una diretta Facebook sulla pagina del parco di Selinunte e che farà parte di un piccolo museo. In mostra anche un ciondolo grazie al lavoro dei restauratori che, in laboratorio, hanno ricomposto perfettamente da alcuni frammenti trovati nel 2017 in unoscavo nel Tempio R, un monile in avorio a forma di sirena, databile alla metà del VI secolo avanti Cristo, importato dal Peloponneso, e molto simile ad analoghe sculture di Delfi. Rinvenuto anche un piccolo amuleto che raffigura un falcone in pastadi vetro blu, prodotto in Egitto tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo avanti Cristo. 

« È l’immagine del dio Horus, antica divinità del cielo e del sole egizio spiega Marconi - ed è uno dei più importanti oggetti di produzione egizia scoperti in Sicilia e dà l’idea della ricchezza delle dediche alla dea del tempio R». 

E così, tassello dopo tassello, la storia di Selinus viene restituita alla memoria. La leggendaria polis fondata dai megaresi nel 650 avanti Cristo e divenuta magnifica con i suoi templi, visse solo 240 anni poiché distrutta dai Cartaginesi, ma ebbe una vita grandiosa. Una polis di confine tra le culture, al centro della Sicilia, tra le prime nell’Isola a coniare monete e a costruire edifici sacri agli dei. Il suo cuore, l’agorà di Selinus appunto, emerso dalle immagini realizzate con il drone in occasione di questi ultimi scavi, appare immenso e misterioso. 

Perché questa piazza era a forma di trapezio? E perché al suo centro aveva la tomba di Pàmmilo. I sondaggi non hanno risolto l’enigma: attorno alla tomba e in profondità, non esiste nessuna struttura o tomba di epoca classica, solo piccole costruzioni posteriori, del periodo punico. 

Il direttore del parco la descrive come un nuovo museo a cielo aperto. «Sono nato qui e da sempre, come agronomo, ho studiato questo territorio. L’immagine è di una conca vuota che impressiona per la sua ampiezza e il suo fitto mistero - dice Felice Crescente – un primo esempio di musealizzazione su vasta scala che, sfruttando il contrasto creato dal diverso modo di rilasciare o assorbire la luce naturale della vegetazione diversamente trattata, restituisce un’immagine chiara e con contorni netti dello spazio visivo». 

L’agorà era dunque al centro della città, tra i quartieri residenziali e gli edifici destinati alla vita pubblica dei selinuntini; il resto delle abitazioni si trovava più a nord e si raggiungeva attraverso una stretta lingua di terra che collegava appunto l’acropoli all’abitato e a un villaggio di sicelioti che qui vivevano prima dell’arrivo dei coloni. Una città dell’accoglienza, dunque, con una piazza centrale di grandiose dimensioni dove la città si riuniva per celebrare le attività quotidiane, partecipare alla vita pubblica della polis e pregare le divinità. Ecco dunque il simbolo legato a Pammilo: qui si rispettavano gli antenati che avevano concesso a Selinunte di nascere e prosperare. Il centro dell’agorà era così unheroòn, un monumento commemorativo dedicato a un personaggio importante come a Mègara Hyblaea, colonia greca – oggi nei pressi di Augusta nel Siracusano - da cui provenivano i coloni greci che fondaronoSelinunte. La piazza trapezoidale dunque celebrava le origini di questa città innovativa e che è rimasta eterna. 

La Repubblica Palermo, 23/7/2022

Nessun commento: