sabato, maggio 14, 2022

Accadde oggi: 58 anni fa, il 14 maggio 1964, a Corleone viene arrestato il boss mafioso latitante da 16 anni Luciano Liggio

Luciano Liggio scende le scale della casa di cortile Mangiameli delle sorelle Sorisi, dove fu arrestata il 14 maggio 1964


di CARMELO CARBONE

Corleone, giovedì 14 maggio 1964 ore 8,00 del mattino al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Corleone, diretto dal Commissario Capo dott. Angelo Mangano, arriva una soffiata: “Liggio è nascosto Ciaculli”. 

Quel 14 maggio è una giornata dal tempo incerto, vento, nuvole e sole. Alle 11 del mattino la borgata palermitana di Ciaculli è letteralmente assediata da centinaia di carabinieri e poliziotti. Obbiettivo: la villa dei La Rosa, luogo dove, stando alla “soffiata”, sarebbe nascosto Liggio. Sul posto, è presente lo stato maggiore delle forze dell’ordine, il questore di Palermo Melfi, i vice questori, Gambino e De Francesco, il commissario Mangano, altri ufficiali dell’Arma e anche alcune squadre dei Vigili del Fuoco.

Durante la perquisizione, nella casa, viene scoperta, ricavata tra due muri, ben nascosta da un armadio a ridosso della parete, un’angusta stanza, nella quale è evidente che qualcuno ha vissuto sino a qualche tempo prima.

Nel frattempo i Vigili del Fuoco si calano nei pozzi per ispezionarli e per scoprire eventuali nascondigli o cunicoli che possano servire da vie di fuga.

L’operazione si rivela un buco nell’acqua: quella mattina Liggio in casa dei La Rosa non c’è.

Intorno alle 16:30, il commissario Mangano rientra al commissariato di Corleone; è visibilmente amareggiato e deluso. A questo punto tenta un’ultima carta, si attacca al telefono e cerca di mettersi in contatto con i suoi confidenti, sperando che qualcuno possa dargli notizie utili per rintracciare il bandito. Il Poliziotto stava ormai definitivamente per perdere le speranze, quando dall’altro capo del telefono un confidente gli dice: “Commissario so dove si trova, è rientrato a Corleone, posso indicarle la casa”. Mangano chiama immediatamente il maresciallo Tindaro Accordino e gli dice: “Tindaro questa volta abbiamo avuto la soffiata giusta, Liggio è a Corleone! Abbiamo un testimone che sa dove si nasconde. Sono riuscito a convincerlo a dirci dove si trova. Devi andare a prenderlo a Palermo. Ha detto che è disposto a venire qui per indicarci il posto. Sbrigati prima che il confidente cambi idea. Lo vai a prendere e lo porti qui a Corleone. Fallo con una macchina “civile”. Nel frattempo io e Ciocia prepariamo l’azione con estrema segretezza per evitare fughe di notizie. Daremo le disposizioni poco prima di entrare in azione. Dobbiamo avvertire i carabinieri, ma per ora teniamoci sul vago, finchè non saremo certi del luogo dove si nasconde Liggio. Al momento anticipiamogli che abbiamo avuto una soffiata sul nascondiglio di alcuni latitanti e che stiamo verificando la fonte”.

Il Maresciallo Accordino insieme all’agente Vincenzo Atzori arriva al Commissariato, con loro il confidente, seduto sul sedile posteriore dell’auto. Mangano si accorge che il testimone è visibilmente scosso e preoccupato e cerca di tranquillizzarlo: “Sei una brava persona; stai facendo la cosa giusta; ti siamo tutti riconoscenti; stai tranquillo. Dopo che ci avrai indicato il luogo ti riaccompagneremo subito a Palermo. Ti prometto che nessuno verrà a sapere della tua identità”. Il confidente risponde: “Commissario preferirei tornare a casa mia a Caltanissetta per restare qualche giorno lontano da qui”. Mangano conclude: “Il Maresciallo Accordino ti accompagnerà dove vuoi” . Nel frattempo Mangano manda l’appuntato Santo Rumia a chiamare i carabinieri.

Il confidente porta il Maresciallo Accordino in via Giordano Orsini e indica la casa al civico n. 6 di proprietà delle sorelle Sorrisi.

Quale sede di comando dell’operazione viene deciso di usare la caserma dei carabinieri “Carini” per via dei locali molto più ampi rispetto a quelli del Commissariato di Pubblica Sicurezza.

Da Palermo intanto arrivano altri agenti di Pubblica Sicurezza e carabinieri. Il Piano d’azione prevede che Mangano, alla guida dei poliziotti Nicola Ciocia, Biagio Melita, Vito Carlotta, Antonio Triassi, e che i capitani dei carabinieri Carlino e Ricci, con il maresciallo della Stazione di Corleone Tobia, facciano irruzione nella casa. Il tenente colonnello Siracusano, insieme ad un altro ufficiale dell’Arma, decide di presidiare il Ponte Nuovo a circa 150 metri dal nascondiglio di Liggio per dirigere le operazioni in caso di fuga dall’abitazione e per reprimere eventuali rappresaglie da parte degli uomini del capo mafia.

Ore 20 e 45: la tensione è alle stelle; Mangano, mitra in mano, con al seguito Biagio Melita, sale gli scalini esterni che conducono alla porta d’ingresso di casa Sorrisi. Bussa e dall’interno sente domandare: “Chi è?” – “Amici…”, risponde Mangano. La signorina Leoluchina Sorrisi apre la porta e non sembra particolarmente sorpresa. Dice a bassa voce: “Dottore Mangano, stavo per venire al commissariato a consegnarle le chiavi” – Mangano sempre sottovoce domanda:

“Dov’è?” – la donna con un cenno del capo gli indica la porta in fondo a destra che conduce al piano superiore. Mangano sempre bisbigliando le chiede: “Quanti sono?”. La Sorrisi scuote il capo, facendogli così intendere che Liggio è solo. Nel frattempo, da una stanza, appare la sorella di Leoluchina, Mariagrazia che, non appena vede le forze dell’ordine, si mette la mano davanti alla bocca per non gridare. Intanto dalla stanza indicata dalla signorina Leoluchina si sente una voce domandare: “Luchina cu è?” Mangano, insieme a Melita e Triassi, irrompe nella stanza.

Liggio è sdraiato sul letto. “Fermo o sparo!” gli urla Mangano. Liggio risponde: “Commissario sono io quello che lei cerca”. Nella stanza accorrono altri poliziotti e carabinieri. Il commissario Mangano dice a Triassi: “Vai a chiamare i colonnelli dei carabinieri!”. A questo punto Mangano, insieme al tenente colonnello Siracusano, si avvia al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Corleone, distante circa 400 metri da casa Sorrisi. Entrambi annunciano telefonicamente il successo dell’operazione ai rispettivi superiori, ossia al questore di Palermo Melfi, e al generale dei Carabinieri.

Fatto ciò, ritornano a casa Sorrisi. Liggio è stato aiutato con non poche difficoltà a vestirsi e ad indossare un busto ortopedico in quanto affetto dal Morbo di Pott che gli aveva provocato una grave forma di tubercolosi ossea localizzata alla spina dorsale.

Nel frattempo fu fatta giungere sul posto l’autoambulanza in dotazione all’ospedale “Dei Bianchi” di Corleone perché Liggio, asseriva che, senza l’ausilio di un’autoambulanza, non lo avrebbero potuto spostare. Mentre gli agenti di Pubblica Sicurezza e i carabinieri iniziano a perquisire la casa, Mangano manda a chiamare il fotografo di Corleone, Leo Virgadamo.

Appare sul pianerottolo in cima alle scale di casa Sorrisi la figura di Luciano Liggio, sorretta dal Commissario Mangano e da Biagio Melita. Dietro di loro il maresciallo Tobia. Il mafioso ha lo sguardo allucinato; sembra essersi appena svegliato dopo aver avuto un terribile incubo. Non appena apparsi sul pianerottolo, il fotografo inizia a scattare fotografie a raffica, immortalando l’arresto del feroce boss. Liggio, una volta giunto nei pressi del portellone posteriore dell’autoambulanza, va in escandescenza ed inizia a gridare: “Un’altra cosa! Su tutti i giornali e i romanzi il mio nome è sempre sbagliato. Io non mi chiamo Liggio, Mi chiamo Luciano Leggio”.

Durante la successiva perquisizione in casa Sorrisi viene rinvenuta, all’interno del comodino accanto al letto di Liggio, una pistola “Smith & Wesson” calibro 38 con sei colpi in canna, “pronta all’uso”.

Alle 22:30, Liggio viene scortato in caserma e con lui anche le sorelle Sorrisi, arrestate per favoreggiamento.

Ore 00:30: L’ambulanza con a bordo Liggio, scortata da diciassette autovetture delle forze dell’ordine, si avvia verso Palermo: destinazione il carcere “Ucciardone”. A fare da battistrada vi è una “Giulietta” Alfa Romeo con a bordo il commissario Mangano, due colonnelli dei Carabinieri ed il capitano Aurelio Carlino.

Ore 01.32 – dalla Caserma Carini parte il messaggio radio n. 25:

FM – (Mittente) CC COMP. CORLEONE

TO – (Destinatario per competenza) MIN. INTERNO ROMA / PRES. GOV. REG. GAB. ET SIC. PALERMO / CC COMANDO ROMA / PREF. QUES. PALERMO / 11° CMT PALERMO / CC DIV. NAPOLI / CC BRIG. LEG. PALERMO / CC GRUPPO EST. PALERMO

Testo:

747/20 RPP – ORE 21.45 QUATTORDICI CORRENTE IN CORLEONE (PALERMO), IN ABITAZIONE PRIVATA, SEGUITO COMPLESSO LAVORO INVESTIGATIVO CONDOTTO DAI MILITARI DEI GRUPPI ESTERNO, INTERNO ET NUCLEO P.G. PALERMO ET DA COMMISSARIATO P.S. CORLEONE ET SQUADRA MOBILE QUESTURA VENIVA CATTURATO FAMIGERATO BANDITO LUCIANO LEGGIO ANNI 39 DA CORLEONE, LATITANTE DA CIRCA 16 ANNI, COLPITO VARI MANDATI CATTURA PER EFFERATI NUMEROSI DELITTI CONTRO PERSONE ET PATRIMONIO ET ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE. SEQUESTRATA PISTOLA CUI MEDESIMO ERA IN POSSESSO, ARRESTATI FINORA SEI FAVOREGGIATORI. INDAGINI CONTINUANO.

COLONNELLO FAZIO IN SERVIZIO A CORLEONE.

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Ore 2.30 Caserma Carini Conferenza Stampa

Estratto Dal quotidiano “Telestar” di Palermo

“Un anno di massacrante lavoro, di studi, di ricerche, di indagini, di appostamenti, di pedinamenti; ha finalmente dato i suoi frutti”. Così ha esordito il comandante del gruppo esterno, ten. col. Ignazio Milillo, alla conferenza stampa tenuta alle due e mezza del mattino, nel suo ufficio della caserma “Carini”, gremito fino all’invero simile, di giornalisti, fotografi e cineoperatori. “La cattura del bandito – ha continuato il Comandante – è anzitutto il risultato della stretta collaborazione tra Carabinieri e Polizia che hanno lavorato in perfetta armonia e con immenso impegno, giorno e notte, instancabilmente”.

Estratto dal quotidiano “Paese Sera” del 16 maggio 1964 a firma Orazio Barrese “Continuano a Corleone intense le indagini per identificare i numerosi favoreggiatori che hanno consentito a Luciano Liggio di restare latitante per oltre sedici anni. Le indagini sono dirette da un brillante funzionario, il Capo – Commissario dott. Angelo Mangano il quale in questi ultimi mesi ha trasferito la sua attività da Corleone e Palermo al fine localizzare tutti i possibili nascondigli di Luciano Liggio.

E’ soprattutto al dott. Mangano che si deve l’identificazione di favoreggiatori, quali il ginecologo dott. La Mantia ed il mobiliere Francesco Paolo Marino. Attraverso l’arresto o l’identificazione dei vari favoreggiatori si è riusciti a creare il vuoto attorno a Luciano Liggio e ad avere così notizie molto più recenti sui suoi spostamenti.

Mentre fino a pochi mesi fa le notizie più recenti sugli spostamenti di Liggio risalivano ad almeno due – tre anni addietro, in questi ultimi tempi le distanze si sono andate sempre più accorciando fino a diventare di qualche settimana e poi addirittura di qualche giorno. E’ così che si è potuto l’altro ieri, tempestivamente localizzare il nascondiglio di Luciano Liggio che nella mattinata era stato ricercato nella borgata di Ciaculli.

Oltre ai favoreggiatori di Corleone – ne sono stati fermati sei – il dott. Mangano sta cercando di identificare un medico, il quale nel lontano 1959, sottopose il temibile bandito ad un intervento chirurgico….Alla brillante attività della Polizia , collaborano anche i Comandi dell’Arma”.

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Dal libro di Rosario Poma ed Enzo Perrone “LA MAFIA nonni e nipoti” – Vallecchi editore - Firenze 1971

L’arresto di Liggio fu un capolavoro di strategia e di abilità del dottor Angelo Mangano, Commissario capo dirigente del Commissariato di Corleone, un siciliano gigantesco (nato a Giarre in provincia di Catania). Angelo Mangano distrusse l’immensa ragnatela che Liggio aveva creato attorno a sé, arrestando tutti i suoi gregari e favoreggiatori, e producendogli il vuoto intorno…la mafia era stata sconquassata, i deputati eletti con i voti della mafia avevano tremato, temendo che venissero alla luce le loro collusioni con i boss arrestati o inviati al confino.

Estratto dal settimanale “Le Ore” del 28 maggio 1964, articolo di Arrigo Petacco

”Da parte sua, Luciano Liggio era già un uomo sconfitto quando il Commissario Angelo Mangano e i Capitani Ricci e Carlino, sono penetrati nella camera che le sorelle Sorrisi…avevano messo a sua disposizione…”


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