martedì, settembre 27, 2011

Riina jr indesiderato a Corleone: «Da noi mai. Meglio a Padova»

Riina Jr.
Il figlio del «boss dei boss» sta per uscire di cella e lavorerà in una cooperativa per il reinserimento dei carcerati. Il vicesindaco: qui sarebbe destabilizzante. Bitonci: vada a Napoli VENEZIA — «Il figlio di Totò Riina qui a Corleone non lo vogliamo. Meglio che resti al Nord, dove non potrà godere degli appoggi famigliari che in Sicilia, invece, potrebbero convincerlo a deviare dal suo percorso di riabilitazione ». A parlare è Pio Siragusa, il vicesindaco di quello che fu il feudo del «boss dei boss»: Corleone, in provincia di Palermo. La notizia che Giuseppe Salvatore Riina, 34 anni, attualmente detenuto a Voghera, ha chiesto e ottenuto di trascorrere la libertà vigilata lavorando per una onlus di Padova, ha scatenato durissime reazioni in Veneto. «Qui non lo vogliamo, se ne torni al Sud», ha tuonato la Lega. Ma neppure nel profondo Meridione, in quella Corleone che nell’immaginario collettivo significa Mafia, sono disposti ad accogliere il loro concittadino. «Riina è un nome pesante - spiega Siragusa - e il suo ritorno in paese sarebbe destabilizzante. Se i Riina tornassero ad avere potere, si vanificherebbe il lungo e complesso lavoro affrontato per liberare Corleone dalla nomea di città della Mafia».

Una chiusura totale per «Salvuccio », tanto che nel 2009 il consiglio comunale di Corleone arrivò ad approvare un ordine del giorno in cui lo si dichiarava persona non gradita. La soluzione, quindi, è che, quando il 2 ottobre lascerà il carcere di Voghera, vada a vivere altrove. «Al Nord forse sarebbe la cosa migliore, perché lì si ritroverebbe solo, in una società con una mentalità molto diversa da quella siciliana, dove non avrebbe alcuna possibilità di riallacciare legami con la criminalità. Alla Lega dico che se vogliamo costruire un futuro migliore, ci vuole la solidarietà di tutti, anche del Veneto». Più cauta la posizione del sindaco di Corleone, Antonino Iannazzo: «Capisco l’imbarazzo a Padova. Non dico che Riina deve per forza stare lì, ma di certo occorre che ricominci la sua vita in un tessuto socio-culturale molto differente da quello di Corleone ». Difficile che l’appello venga raccolto. L’assessore regionale Maurizio Conte (Lega Nord), è netto: «A Padova, Giuseppe Salvatore Riina detto "Salvuccio" non lo vogliamo. Anche se il figlio di uno dei più temibili boss della malavita ha scontato la propria pena, c’è poco da fare, alla redenzione è difficile credere tant’è che pensare alla mancanza di "inquinamento" nei contatti e nello stile di vita di questo personaggio mi riesce difficile. Gli otto anni scontati per una condanna per "associazione mafiosa" non sono una totale garanzia.

Una giusta attività sarebbe quella di far lavorare Riina in una delle strutture confiscate proprio alla mafia, in Sicilia, magari a Corleone, in modo tale che ogni giorno faccia ricordare il dolore e quanto di più negativo sia stata ed è tutt’ora questa forma di cancro della società». Per il deputato leghista Massimo Bitonci, «Padova non ha certamente bisogno di aggiungere un problema a quelli che già ha, e purtroppo sappiamo che sono veramente tanti. Mi attiverò pertanto al più presto per presentare una interrogazione parlamentare, così da fare chiarezza sulle voci insistenti che circolano in merito all’intenzione del figlio di Totò Riina di stabilirsi nella Città del Santo». Secondo Bitonci la soluzione migliore sarebbe un’altra: «Ritengo che sia interesse anche dello stesso Giuseppe Salvatore Riina, di trovare collocazione in una città più grande. Penso a Roma o Napoli, ad esempio, dove gli riuscirebbe più facile tutelare la propria privacy, salvaguardando l’anonimato in modo da poter ricominciare da zero mettendo solide basi al proprio futuro». Eppure, chi conosce bene Riina jr assicura che è cambiato. Il cappellano del carcere di Voghera, don Luciano Daffra, ne parla in modo positivo: «Mi sembra un bravo ragazzo, una goccia d’acqua, una persona molto trasparente. Viene in chiesa e non ha difficoltà nelle letture. È un ragazzino tutto acqua e sapone, è semplice...». Intanto è giallo sulla struttura che lo ospiterà. Si tratta di una onlus specializzata nel reinserimento di ex detenuti, ma la cooperativa «Giotto» ha smentito qualsiasi tipo di contatto, così come «Ristretti Orizzonti».
Andrea Priante
27 settembre 2011

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