sabato, settembre 24, 2022

Caporalato, arrestati in dieci. Braccianti agricoli costretti a turni massacranti con minacce di ritorsioni


Donata Calabrese

Caltanissetta - Braccianti agricoli sfruttati, trattati come schiavi, costretti a turni massacranti, a lavorare per meno di 4 euro l’ora, senza mai un permesso, privi di contratto e riposo settimanale.

Dieci le misure di custodia cautelare eseguite dalla Digos di Caltanissetta, nell’ambito di un’operazione coordinata dalla procura nissena che ha sgominato una presunta organizzazione criminale finalizzata a reclutare braccianti agricoli extracomunitari. Tra gli indagati, due sono finiti in carcere mentre altri otto ai domiciliari. Si tratta di sei stranieri e di quattro italiani accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Extracomunitari sfruttati da proprietari terrieri ed imprenditori agricoli nisseni e agrigentini, ma anche da altri stranieri. Venivano reclutati soprattutto marocchini, da destinare al lavoro nelle campagne limitrofe al capoluogo nisseno in condizioni di sfruttamento.

Caporali senza scrupoli che avrebbero utilizzato, assunto o impiegato braccianti agricoli stranieri, sottoponendoli a condizioni di lavoro lesive della dignità, della sicurezza e della salute, approfittando dello stato di bisogno in cui i lavoratori versavano. I braccianti, per otto, nove ore di lavoro al giorno, avrebbero percepito tra i 30 e i 35 euro, compenso decurtato di circa cinque-dieci euro per le «tasse giornaliere» che sarebbero state imposte dagli autisti membri dell’organizzazione per le spese di trasporto dei lavoratori presso le aziende agricole e per la manutenzione dei mezzi utilizzati per svolgere tale attività. Gli imprenditori agricoli coinvolti, secondo l’accusa, non avrebbero mai dotato i lavoratori dei dispositivi di protezione individuale necessari e spesso avrebbero costretto gli extracomunitari a lavorare anche la domenica. I braccianti sarebbero stati controllati durante la giornata dal capo dell’organizzazione o dai proprietari terrieri, con la minaccia di non essere più impiegati qualora non avessero svolto «ad arte» il lavoro di volta in volta assegnatogli.

Sono diversi gli episodi registrati. Alcuni operai, nonostante avessero manifestato malesseri o impellenti necessità familiari durante la giornata lavorativa, sarebbero stati costretti a rimanere sul luogo di lavoro fino alla fine della giornata e a riprendere l’attività, sotto la minaccia della perdita di ogni futura opportunità lavorativa.

«L’ennesima operazione delle forze di polizia – affermano Rosanna Moncada, segretaria generale Cgil Caltanissetta e Giuseppe Randazzo, segretario Flai Cgil - fa emergere, ancora una volta, le condizioni di sfruttamento a cui sono sottoposti i lavoratori agricoli nella nostra provincia. Turni massacranti per meno di quattro euro l’ora, condizioni di lavoro lesive della dignità umana, rischi per la sicurezza e la salute degli stessi. E’ l’ulteriore conferma che nella nostra provincia operano associazioni criminali, utilizzate da imprenditori agricoli senza scrupoli, per reclutare manodopera agricola, per lo più stranieri costretti, dal loro stato di bisogno e dalla necessità di lavorare per vivere, ad accettare condizioni umilianti». La piaga del caporalato a Caltanissetta, venne squarciata dopo l’omicidio di Adnan Siddique, un giovane pakistano di 32 anni accoltellato a morte la sera del 3 giugno del 2020, per aver difeso alcuni suoi connazionali vittime di caporalato e lavoro nero. (*DOC*)


Dopo l’omicidio di Adnan Siddique, polizia e carabinieri, arrestarono a Caltanissetta, 12 persone. Durante il blitz «Attila» vennero trovati a casa di uno degli arrestati due libri mastri, nei quali erano descritti i nomi dei lavoratori sfruttati ed il compenso che si aggirava sui 25/30 euro al giorno. Venne sgominata una pericolosa organizzazione di pakistani che utilizzava un «metodo paramafioso» che sottoponeva la comunità di appartenenza, molto ampia a Caltanissetta, ad un regime di vessazione, terrore e sfruttamento. Le timide rimostranze avanzate dai lavoratori per ottenere il compenso loro spettante venivano immediatamente represse attraverso efferate spedizioni punitive. (*DOC*)

GdS, 24/9/22

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