lunedì, giugno 03, 2013

La sera in cui Little Tony ruppe il silenzio di Corleone

Little Tony
STEFANO MALATESTA
Una volta ho incontrato Gigliola Cinquetti, e mi ha chiesto perché non andavo ad intervistare il sociologo più bravo d’Italia. “E chi sarebbe questo sociologo?”. “Little Tony”. “Come Little Tony?”. “Devi sapere che Little Tony fa 120 serate l’anno nelle province più profonde d’Italia e conosce questa realtà come nessun altro”. Poi aggiunse ridendo: “Adesso ti racconto una sua serata a Corleone. Nessuno del suo entourage sapeva che cos’era Corleone. Little Tony ancora meno. Quando arrivano sul posto comprendono di aver fatto un tragico errore. La piazza dove era stato montato il palco era affollata da sette-ottocento uomini tutti con la coppola che stavano immobili con le facce di bronzo attendendo l’arrivo del cantante. Little Tony dà un’occhiata a quella platea e comincia a tremare poi corre nel camerino e si mette un vestito bianco di pelle con le frange come Custer durante la battaglia di Little Big Horn, poi sale sul palco e comincia a cantare “24 mila baci”.
Alla fine caccia un urlo, allontana il microfono e si mette seduto sul palco come se la performance lo avesse totalmente esaurito, dava l’impressione di essere uscito da sotto la doccia ma era solo il sudore. Per tre o quattro secondi nella piazza non si sentì nessun rumore, i contadini con la coppola erano rimasti immobili senza dire nulla, poi dal fondo della piazza si sentì un tale che battendo a ritmo lento e profondo le mani, disse “Bravo, bravo, bravo”. Come ad un segnale tutta la piazza cominciò a battere le mani urlando “bravo, bravo, bravo”. A quel punto Little Tony fu prelevato dal palco e portato dai suoi nel bar vicino, quell’uomo che aveva per primo battuto le mani si accostò a lui e gli disse questa frase: “Little Tono, senti a me, noi in genere quelli che cantano li ammazziamo, a te ti abbiamo pagato!”.
La Repubblica, 30 maggio 2013

***
Che Corleone non goda di buona stampa non ci voleva lo Stefano Malatesta di turno per farcelo scoprire. Noi corleonesi un po’ ci siamo abituati, anche se da qualche anno ci siamo pure convinti (e chi è in buona fede ce ne dà atto) che un percorso di riscatto e di liberazione siamo stati capaci di portarlo avanti anche noi. E che la nostra antimafia (quella dei Verro, dei Rizzotto e del movimento contadino, per intenderci) è antica quanto la mafia, solo che è molto meno conosciuta. Le nostre “colpe” passate, però, devono essere davvero grandi se, per “punirci”, ci capita in sorte di leggere anche le panzane di Malatesta, che s’inventa una Gigliola Cinquetti che gli racconta di un Little Tony a Corleone, dove invece “Cuore Matto” non è mai venuto. E, per giunta, di un Little Tony che canta e che nessuno applaude, fino a quando il “padrino” non ordina che lo si può fare. Infine, la battuta conclusiva banale e prevedibile : “Little Tono, senti a me, noi in genere quelli che cantano li ammazziamo, a te ti abbiamo pagato!”. Penosa.
Lungi da noi l’idea di difendere i “mammasantissima” della nostra città, ma non è mai accaduto quello che racconta il Malatesta e che “Repubblica” con tanta leggerezza ha pubblicato. Esistono tante storie terribili sulla mafia di Corleone, che minaccia, intimidisce e persino uccide uomini, donne e bambini. Non c’era bisogna d’inventare la “piazzata” con Little Tony. E, consentitemelo, non è stato certo un bel modo di onorare la memoria del bravo cantante scomparso recentemente. (dp)


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