martedì, giugno 18, 2013

IL PASSATOR SCORTESE. ACITU!!

La tipica ricotta corleonese...
A’ ricotta ti runa a botta !...... ovvero del Marcatu.... della ricotta… dei cannoli… del vino… dell’acitu, dell’Unno e delle pere, del Greco e dei piridda a iazzu o piridda Iazzuoli.
Quando chiesero allo zio Pippino: ”Ma supra a ricotta si ci puo’ biviri?”, lo zio, che era considerato il saggio del paese, rispose: “Si  u’ vinu è bonu si puo’ biviri puru supra u scrusciu ru carrettu quannu passa!”. La prudenza nel miscelare i due alimenti, vino e ricotta, proviene dunque dalla saggezza popolare: “Supra a ricotta….bivici sutta a botta!”, recita un altro proverbio, ma oggi “a ricotta ti runa a botta”.

Qui, “lo scortese” potrebbe approfondire l’argomento che appare funesto. La ricotta, buon alimento base, è un  prodotto della cultura agro-pastorale, culinaria, e popolare siciliana e fu titolo di un famoso film di Pierpaolo Pasolimi del 1963, i cui protagonisti, attori popolari e mostri sacri del cinema anni  60, videro morire il personaggio protagonista, tale “Stracci”, mentre mangiava  ricotta.
La cagliata succulenta, grassa e immorale fu causa dei guai del protagonista. Verrebbe da chiedersi se porta sfiga!? Un altro amico più  scortese sosteneva che i tre piaceri della vita umana  sono raggruppati e iniziano con la vocale “i”. Essi sono infatti “Immorali, Illegali e Ingrassanti”, proprio come la ricotta. Ogni riferimento a fatti persone o cose di oggi  è da ritenersi ovviamente  casuale.  C’è da toccarsi e spremersi gli zebedei. I bene informati ricordano che l’11 aprile 2006 “Su Binnu” fu tradito da una ciotola di ricotta e da una improvvida sua mano  che egli stese fuori da una porta del covo per avere un po’ di ricotta fresca. Il cibo bianco grondante caldo siero, il mitico Zio era solito accoppiarla con l’amaro  dell’amata cicoria.  Verrebbe da dire: “a ricotta fa dannu! Tanto è vero che, dalla ciotola di ricotta fresca (Za bina) all’arresto di (Zu Binu)  il passo fu breve. Scattò, allora, il blitz di Cortese che di nome fa Renato che catturò “U Zu Binnu”.  
Ma lo zio Pippino, altro zio popolare, dall’alto della sua saggezza indigena rimarcava anche il concetto di “marcatu”, altro vocabolo dannusu, che ben si adatta all’immagine attuale del consiglio comunale cittadino. ”E’ un Marcatu”, dice in piazza la gente comune, assimilando l’assisa al luogo di mercato e di produzione casearia. Ma qualcosa si sta perdendo anche nel gusto della politica come in quello della ricotta. In auge è al momento il sistema detto del “Chi c’è pi’ mia!?” in sistema catanese, per il quale i consiglieri comunali  ponevano al sindaco la domanda “chi c’è pi’ mia?”. In caso di risposta affermativa (“c’è qualcosa”), andavano sugli scranni del Palazzo degli Elefanti, se non c’era nulla, si assentavano lasciando il sindaco da solo nella disperazione. Il Mercato, o Marcatu, è ancora in auge anche e soprattutto nell’assisa “Animosa”. Non c’è più gusto!  Saperi e Sapori sono andati a quel paese. E’ dall’avvento della fascella di “prastica”, che sostituì quella realizzata con rami di “Iuncu”, che non si assaggia (tasta) la ricotta vera. Dei rami filamentosi  di giunco è rimasto il  “Calati iuncu chi passa a china”, motto dei boss di un tempo, quando erano pressati da Giudici, Carabinieri e Polizia. La tempesta passerà bisogna calarsi ed assecondare la corrente  della giustizia.
Ma torniamo alla ricotta. “Non lo so - dice u Zu Pippinu -  ma  mi pare che un’avi cchiu sapuri”. La saggezza popolare ha sempre un fondo di verità. La ricotta vera di un tempo  veniva prodotta nella casa dei pastori che dominava il “Marcatu”, anzi ne era al centro. Allora  il fumo sotto il quararo veniva alimentato da legno di sarmenti di vite o da rami di olivo; il fumo arrivava sino a terra e la ricotta veniva così affumicata naturalmente con legna non trattata, da qui l’altro sapore dello Zu Pippino.
Oggi le mattonelle e la pulizia hanno sostituito la casa dove si faceva il “frutto”, ma è tutto un Marcatu.  Il fumo dei sarmenti è stato sostituito dalla nebbia che avvolge ogni cosa ma non dà sapore, o dalla grigliata delle macchine degli amministratori: fumo nero. C’è in giro qualche serial “Griller”? Chi ha salvato Guan Da Lione?  Misteri corleonesi.  Ma lasciamo i Marcati e torniamo alla ricotta, che amministratori creativi hanno pensato  di celebrare con una sagra  nell’agosto 2012. Quando neanche “mungendo i caproni” (muncennu i becchi), arguta metafora corleonese, si sarebbe potuto recuperare un solo litro di latte di pecora per onorare la sagra gratuita. Considerazione storica del pasticcio della ricotta!
Cuffaro con i cannoli (a sx Marcello Barbaro)
“Si a ricotta poi è cunzata … addiu Patria”, si dice. La ricotta  cunzata, zuccherata e condita con i canditi, infatti, si usa per farcire i cannoli… e fa malissimo sia a digiuno e che a stomaco pieno! Alla testimonianza dello Zio Pippino andrebbe ad aggiungersi quella dell’ex presidente e governatore della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro, attualmente ospite di un resort romano. Anche Lui, il sommo Totò, fu vittima dei cannoli e della crema di ricotta. I cannoli glieli portò un Unno  amico, che li aveva  avuti a sua volta dal titolare di un bar con annesso auto-grill, San Pietro, di Castronovo di Sicilia.
Ancora Cuffaro con i cannoli (a sx Marcello Barbaro)
“Portali all’amico Totò che s’arricria!”, disse il titolare del bar dell’area di servizio. Il Barbaro (l’Unno) eseguì e Totò s’arricriò davvero. Oggi il Barbaro a Corleone  ha sostituito la nebbia ed è in giunta con il piccolo pero. La situazione non è chiara. È più  fumosa che mai . Ruota tutto sui prodotti caseari. Altro motto legato ai prodotti dell’ovile  è “Al contadino non far sapere quant’è buono il formaggio con le pere” (i piridda iazzuoli). Grandi o piccole le pere si accoppiano con la ricotta e con il formaggio. “Hanno un gusto agrodolce retrò”, ma il contadino corleonese fa finta di non saperlo, pare che nessuno glielo abbia mai detto che alla fine ricotta, vino e piridda, se miscelate “fannu acitu”. Se te li mangi a cena  fanno “chiana e scinni tutta a notti”. Così i corleonesi adottano il motto di Eduardo Scarpetta, il famoso detto “ A ‘dda passà a nuttata!”. E’ una perenne attesa …. Ora? Dumani nni parrammu... aspetta….. che hai primura? Frasi che ben si adattano all’attuale momento politico cittadino.
“Stracci” era il nome del personaggio-comparsa  protagonista   del film di Pierpaolo Pasolini “La ricotta” (1963). In quel cortometraggio con gli attori popolari romani recitarono  mostri sacri della celluloide come Orson Welles e Laura Betti. Stracci, autentico farabutto ignorante, sul set aveva a che fare con il cagnolino della prima attrice che gli mangiò il cestino-pasto della produzione di Cinecittà. La comparsa aveva deciso di destinare un altro cestino da viaggio, estorto per pietà alla produzione, alla sua sgangherata e affamata famiglia. Stracci non mangerà nulla ma, per assurdo, morirà nel film di Pasolini soffocato da un boccone  di ricotta, nonostante il – ben di Dio   contenuto nel  cestino-pasto della produzione. Oggi Stracci si sarebbe mangiato anche il cagnolino della prima attrice, facendolo cucinare ad un cuoco cinese. Se lo avesse fatto ci sarebbero un boccone di ricotta in più ed anche uno Straccione probabilmente sopravvissuti entrambi, se fosse venuta meno  l’ingordigia (A’ Gaggia).
Stracci, miserabile comparsa, vile ma vivo, lui con il cane della prima attrice si sarebbero nutriti per sempre dei resti dei pasti che gli altri ingurgitavano. Ma, allora come ora non c’è più percezione dei ruoli e dei limiti che la vita o un copione dejavù impongono agli umani. Meglio brindare tovarish con un buon bicchiere di vino. Speriamo nella digestione e nell’erutto liberatorio!   In corleonese la metafora potrebbe essere titolata  “a’ ricuotta ti runa a Buotta…………..Acitu!!!!!!!!!!
                                                 Scusate

                                               Il Passator Scortese 

1 commento:

Unknown ha detto...

Esilarante, ma con note non indifferenti di alta cultura e una scrittura molto sofisticata ed elucubrante. Il Passator Scortese ha fatto molta strada. Peccato che può essere inteso e capito nelle minuzie solo dagli "animosi" lettori. Complimenti