sabato, giugno 22, 2013

A Castenaso (Bo) per parlare di mafia come questione nazionale

Un momento del dibattito

È significativo che lo scorso 14 giugno a Castenaso, un comune di 14 mila abitanti della cintura bolognese, nell’ambito dell’annuale “Festa de L’Unità”, sia stato organizzato un dibattito su «La mafia, una questione nazionale». Ed è altrettanto significativo che ad affrontare il tema siano stati chiamati una persona che ha maturato la sua esperienza politico-sociale in Emilia-Romagna, come il consigliere regionale Antonio Mumolo, ed una persona come chi scrive, che la sua esperienza politico-sociale l’ha maturata in Sicilia, a Corleone, alla direzione della Camera del Lavoro “Placido Rizzotto”. È risaputo che ormai la mafia è una questione nazionale (e, per tanti versi, anche internazionale). Non è una novità. Ma non è affatto scontato che se ne abbia sempre piena consapevolezza, specie nelle regioni del centro-nord, che non sono tradizionalmente terre di mafia. GUARDA L'ALBUM FOTOGRAFICO

Constatare che questa consapevolezza si fa strada, è incoraggiante. «Se abbiamo oltre 100 beni confiscati, allora è innegabile la presenza pervasiva delle mafie nella nostra economia e nel nostro territorio», ha sottolineato Antonio Mumolo, che è il consigliere regionale dell’Emilia-Romagna (con un’indennità di carica di appena 5.000 euro) che ha elaborato unottima proposta di legge per la prevenzione del crimine organizzato e mafioso e per la promozione della cultura della legalità. Questa proposta è diventata la legge regionale n. 3 del 9 maggio 2011, che prevede importanti misure per la prevenzione e il contrasto delle mafie, per il sostegno della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile e per il recupero dei beni confiscati. E prevede, infine, una «clausola valutativa», cioè una verifica biennale dei risultati concreti ottenuti con la sua applicazione. «Si tratta di spunti normativi da “girare” immediatamente al presidente Rosario Crocetta e all’Assemblea Regionale Siciliana perché da essi traggano spunto per legiferare in materia», ho sottolineato nel mio intervento, manifestando da cittadino italiano sana invidia per una regione che ha saputo ridurre a livelli accettabili le indennità dei suoi consiglieri. In Sicilia, invece, continuiamo ad avere 90 (!) consiglieri regionali, che tronfiamente si autodefiniscono “deputati” e continuano a percepire un’indennità mensile che si aggira sui 15 mila euro. Se l’autonomia speciale della nostra regione serve a questo, meglio abolirla! Poi ho raccontato dell’esperienza siciliana e corleonese in materia di riuso sociale dei beni confiscati. Ho parlato del Consorzio “Sviluppo e Legalità”, che organizza i comuni della zona del corleonese per rendere i sindaci più forti e meno esposti al condizionamento dei poteri mafiosi. Infine, ho raccontato delle cooperative che lavorano sui terreni confiscati alla mafia, sostenute da centinaia di giovani volontari, provenienti da diverse regioni d’Italia. In particolare, la “Lavoro e non solo” di Corleone, la “Placido Rizzotto” e la “Pio La Torre” di San Giuseppe Jato, che gestiscono alcune centinaia di ettari di terra confiscati a prestanomi di boss mafiosi come Luciano Liggio, Totò Riina, Bernardo Provenzano e Giovanni Brusca. Danno lavoro a qualche centinaio di giovani siciliani, che da queste terre tirano fuori prodotti che hanno in più la vitamina “L” della Legalità. Un’esperienza importante, apprezzata dagli emiliani, che su questo versante forse hanno qualcosa da imparare dalla Sicilia. Non a caso hanno manifestato il desiderio di visitare i campi di lavoro di Corleone. Sicuramente lo faremo, magari a fine luglio, quando a Corleone ricorderemo i 120 anni dei “Patti di Corleone” ed inaugureremo la strada dedicata – finalmente! – al movimento dei Fasci siciliani di fine ‘800. E, con l’occasione, incontreremo a Palermo l’associazione di volontariato “Avvocato di strada”, che assiste egregiamente (e gratuitamente) i “senza dimora”, tanto da meritare il premio “Cittadino Europeo” dell’Ue. L’avv. Antonio Mumolo, presidente nazionale di questa associazione, è soddisfatto. «Stiamo aprendo sedi in tante città d’Italia – dice – e ovunque ci sono avvocati volontari che dedicano un po’ del loro tempo ai problemi di chi non ha un tetto sotto cui abitare, che spesso è un senza diritti».
Dino Paternostro 

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