sabato, novembre 18, 2023

L’INCHIESTA. Un tesoretto versato sul conto di Arnaldo La Barbera, il poliziotto dai due volti


di Salvo Palazzolo

Nella perquisizione disposta dai pm nisseni i carabinieri del Ros hanno acquisito molta documentazione bancaria dell’ex capo della squadra mobile risalente agli anni ‘90

È un racconto preciso, dettagliato, quello che ha portato i magistrati di Caltanissetta a perquisire le abitazioni della moglie e di una delle figlie di Arnaldo La Barbera, morto nel 2002. È il racconto di un testimone che sarebbe molto vicino alla famiglia dell’ex capo della squadra mobile di Palermo ritenuto il regista del depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. L’agenda rossa non è saltata fuori, ma i carabinieri del Ros, incaricati dell’inchiesta, hanno sequestrato una copiosa documentazione bancaria risalente agli anni Novanta: sul conto di La Barbera sarebbero finite decine di milioni di lire, la cui origine adesso si sta accertando. 


Erano gli anni in cui il superpoliziotto costruiva passo dopo passo l’impostura del falso pentito Vincenzo Scarantino, che ha tenuto lontana la verità dai veri responsabili della strage che ha ucciso Paolo Borsellino e i cinque poliziotti della scorta. Da chi arrivavano quei soldi aLa Barbera? Qualche anno fa, l’Aisi comunicò ai magistrati che l’ex capo della squadra mobile di Palermo era stato un consulente dei servizi segreti, fra il 1986 e il 1988, con il nome in codice di “ Rutilius”: ufficialmente, per «verifiche costanti in merito alla criminalità organizzata qualificata operante nell’Italia settentrionale», dove il poliziotto aveva operato a lungo. Ma questa tesi non ha mai convinto i magistrati di Caltanissetta, che da tempo provano a capire la vera ragione dei pagamenti fatti a La Barbera dai servizi segreti. Ora, spuntano tracce precise di soldi, tanti soldi, che sarebbero finiti al superpoliziotto. E torna la domanda, drammatica: per quale finalità? Forse, per qualche lavoro riservato? 
Questa storia comincia ad assomigliare molto a quella di “Faccia da mostro”, l’ex agente della squadra mobile di Palermo Giovanni Aiello sospettato di essere un killer di Stato vicino alla mafia: anche a lui fu sequestrata documentazione bancaria, parlava di titoli per un miliardo e duecento mila euro. « Soldi provenienti da un’eredità», dissero i familiari. Ma anche Aiello è morto prima che si potessero fare tutte le indagini. 
Ora, è possibile ipotizzare che La Barbera, eroe dell’antimafia, protagonista di tante indagini importanti, fosse uncorrotto? I pentiti hanno detto che era nelle «mani dei Madonia», tesi alquanto difficile da prendere in considerazione, La Barbera portò infatti la squadra mobile ad arrestare Antonino e Salvo Madonia, e soprattutto nel 1989 scoprì il libro mastro delle estorsioni che proprio la famiglia di Resuttana gestiva. 
Quei soldi hanno forse a che fare con l’operazione del depistaggio Scarantino? Sono magari il prezzo pagato al superpoliziotto per i suoi servizi sporchi? E se non è stata la mafia a foraggiarlo, chi potrebbe averlo fatto? Forse pezzi deviati delle istituzioni? Scenari inquietanti, gli stessi che emergono nella sentenza dell’ultimo processo per la strage Borsellino. I giudici parlano del ruolo svolto dai servizi segreti nelle prime indagini sulla bomba di via D’Amelio, su richiesta dell’allora procuratore Giovanni Tinebra: « Un coinvolgimento diretto del Sisde, al di fuori di qualsivoglia logica e regola processuale — hanno scritto i giudici del Borsellino quater — nella prospettiva di indagini orientate verso la pista di Vincenzo Scarantino, quest’ultima circostanza — aggiungono — neppure ricordata dal procuratore Tinebra, veniva invece confermata dal dirigente del Sisde Bruno Contrada». L’ultima indagine della procura di Caltanissetta prova ad andare oltre. Che ruolo ha avuto davvero Arnaldo La Barbera? La sentenza del Borsellino quater ha fissato un preciso orizzonte di riferimento: «C’è un collegamento tra il depistaggio e l’occultamento dell’agenda rossa di Paolo Borsellino - è stato scritto - sicuramente desumibile dalla identità di taluno dei protagonisti di entrambe le vicende: si è già sottolineato il ruolo fondamentale assunto, nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia, dal dottor Arnaldo La Barbera, il quale è stato altresì intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa, come è evidenziato dalla sua reazione — connotata da un’inaudita aggressività — nei confronti di Lucia Borsellino, impegnata in una coraggiosa opera di ricerca della verità sulla morte del padre». Quella volta, Lucia Borsellino chiedeva conto e ragione dell’agenda rossa, La Barbera disse alla signora Agnese che la figlia aveva bisogno di una psicologa. 

La Repubblica Palermo, 18/11/2023

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