venerdì, novembre 24, 2023

NON SI PARTE! (piani fatti e disfatti)

Pubblichiamo questa “pillola di storia” elaborata da Laura Liistro su uno dei periodi più complessi della storia siciliana in rapporto alla storia nazionale. Non tutto è condivisibile nelle sue considerazioni (in particolare quelle sul ruolo del MIS), per cui dichiariamo da subito la più ampia disponibilità ad ospitare altri punti di vista. (dp)


di LAURA LIISTRO

L’indomani della strage del pane a Palermo, avvenuta il 19 ottobre 1944, il MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia) si riorganizzò nell’ex albergo Belvedere a Taormina con il Primo Congresso Nazionale, per far risentire la voce del popolo siciliano, indignato del ripristino della sovranità italiana, piegato dagli effetti della guerra e ferito dal bagno di sangue delle vittime di Via Maqueda.

Al vertice segreto si doveva accedere soltanto con invito, ma informatori del

SIM (Servizio Informazioni Militari), infiltrati al Congresso, riuscirono ad inviare un rapporto al vice-capo sezione Renzo Bonivento, indicando le decisioni prese dai separatisti.

Le decisioni prevedevano immediate azioni come la formazione di comitati provinciali con sede in ogni capoluogo siciliano, trasferimento dell’ufficio stampa e propaganda da Palermo a Catania, acquisto di una tipografia, aumento delle squadre armate pronte all’azione, impianto a Messina di un ufficio consolare per gestire le relazioni diplomatiche tra U.R.S.S. e Acireale per i contatti con il Vaticano.

Tra il 1944 e l’inizio del 1945 l’intelligence evidenziò una forte crescita di violenza popolare che culminò con i moti non si parte!, risposta alla decisione governativa di chiamare alle armi le classi del  1921 e 1922.

Come si evince dal documento “Propaganda anti-militarista” (AUSSME, H5 b.5- Roma 14 dicembre 1944), in molte città e molti paesi siciliani, i simpatizzanti MIS, si organizzarono in sostegno dei moti a Catania, Caltanissetta, Solarino, Agrigento, Trapani, Gela, Piazza Armerina, Noto, Messina , Paceco, Patti, Mazzarino, Scicli, Pietraperzia, Nicosia, Modica, Scicli, Giarratana, Sciacca, Vizzini, S. Cataldo, Termini Imerese e Ragusa.

Comiso, Palazzo Adriano e Piana degli Albanesi furono delle città che si proclamarono repubbliche indipendenti e l’ondata rivoluzionaria terminò con un impiego ingente di forze a fine gennaio.

Terminato il moto rivoluzionario nella Sicilia sud–orientale fu inviato, al Comando Supremo, un marconigramma in cui si dichiarava l’intercettazione di una radio clandestina capace di trasmettere su una lunghezza d’onda di 40 metri.

Le indagini avviate, in collaborazione con la RAF (Royal Air Force), trovarono molte difficoltà a causa della costante assenza dell’energia elettrica e non riuscì a dare buoni risultati.

Dopo meno di un mese, fu scoperto che non era una radio ad aver collegato queste diverse onde ma una vasta area di collegamenti tra stazioni che trasmettevano ad orari e lunghezze d’onda non uguali.

Isolando le stazioni di Comiso e Termini si riuscì ad ascoltare che la lingua usata era il tedesco e ciò dimostrava il diretto coinvolgimento nazi-fascista nei moti del “non si parte!” perché erano agenti del Reich.

Una seconda indagine portò ad una scoperta correlata a delle lettere scritte con inchiostro simpatico, impostate in Sicilia, destinate a prigionieri in Germania.

I fogli risultavano puliti perché questo tipo di stilo, ottenuto con il succo di limone o di cipolla, non lasciava alcuna traccia e solo avvicinando il foglio ad una fonte di calore, diveniva evidente la scrittura.

Queste lettere contenevano messaggi relativi a note informative e all’organizzazione di piani.

Le lettere erano intercettate da agenti segreti, manipolate e reimmese nel viaggio postale dalla Sicilia alla Germania .

Mediante Investigazioni sulle attività eversive in Sicilia (7 febbraio 1945) fu riscostruito il percorso delle missive che venivano spedite da ignari mittenti le cui epistole erano manomesse all’interno degli uffici di censura e venivano manipolate.

Lo scopo era quello di destabilizzare l’isola che, essendo in pessime condizioni e vivendo una ricostruzione bellica difficile, era particolarmente incline a disordini, quest’ultimi rafforzati dalle diverse attività dei nuclei fascisti, di quelli separatisti, delle bande Giuliano e mafia.

Solo nel febbraio 1945 il MIS, contrastato pure dall’Alto Commissario, non godendo di nessun appoggio Alleato ed essendo estromesso da pubbliche cariche, iniziò a lasciare spazio ai partiti politici in fase di riorganizzazione come PCI e DC che si ponevano come mediatori tra Sicilia e Stato unitario nel solco dell’autonomia.

Il 25 aprile 1945 i vertici del MIS, inviando un memorandum alle potenze mondiali alla Conferenza di San Francisco, chiesero di riconoscere la tesi dell’improcrastinabilità dell’indipendenza siciliana, ma l’appello fu ignorato e, conseguentemente, il MIS alzò il livello di protesta.

Lo Stato rispose con l’arresto dei vertici del MIS, ma l’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia), capeggiato da Antonio Canepa, continuò a proseguire la sua lotta armata contro le istituzioni statali.

Dalle Memorie Storiche Divisione Aosta (anno 1945 –AUSSME) bisognerà attendere la primavera del 1946 per una negoziazione tra Stato e MIS.

La proposta agli indipendentisti prevedeva l’abbandono del programma separatista, l’accettazione dell’autonomia e la rinunzia alle azioni armate.

I separatisti, vedendosi in grave condizione, proposero la rimozione di Aldisio dalla carica di Alto Commissario, l’amnistia per i reati politici, la scarcerazione di tutti i separatisti ed il ritorno dal confino dei vertici del movimento.

Fu così che il MIS si spense e si andò a snaturalizzare perdendo l’essenza ma, principalmente, perse la buona parte dei sostenitori che avevano creduto, fino alla morte, al progetto di indipendenza della Sicilia.

Laura Liistro

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