lunedì, novembre 27, 2023

"L’altra sera camminavo per la strada di una città come tante. Era buio e in giro c’era pochissima gente…”


MICHELE SERRA

"L’altra sera camminavo per la strada di una città come tante. Era buio e in giro c’era pochissima gente. Una decina di metri davanti a me camminava una ragazza, appena uscita da un portone. Andava più o meno al mio stesso passo. Lei sentiva che c’era qualcuno dietro di lei. Le donne, quando camminano da sole, soprattutto la sera, sono costrette ad avere le antenne. 

Quel qualcuno ero io, e mi sono posto il problema. Il suo problema era sentire qualcuno alle sue spalle. Il mio problema era essere quel qualcuno. Potenzialmente pericoloso non in quanto me. Ma in quanto maschio. Ho pensato: potrei fermarmi. Tornare indietro. Scomparire. Ma sarebbe una specie di ammissione di colpa. E io non ho nessuna colpa. Non la sto seguendo. Sto andando per la mia strada. Sono capitato per caso alle sue spalle. Perché mai dovrei rinunciare a fare la mia strada? Allora forse, piano B, potrei accelerare il passo, affiancarla e superarla. Così capisce che sono solo uno che sta andando per i fatti suoi.

Però magari, sentendo che allungo il passo, si sentirebbe rincorsa. La metterei in ansia. E io non voglio che lei stia in ansia. Io non voglio rappresentare un problema, per lei. Perché non lo sono. Allora forse potrei parlarle, mi sentirebbe bene, a questa distanza. Potrei dirle che sono una brava persona, non ho mai dato fastidio alle donne, non abbia paura.

Ridicolo. È come se entrassi in un supermercato gridando che non sono un ladro, tutto quello che prendo lo pago, non vi preoccupate. Oppure potrei dirle che sono nonno, non abbia paura. No, non basterebbe a risolvere la questione, perché esiste anche la figura classica del vecchio porco. Poi l’intreccio, come accade quasi sempre, si è sciolto da solo. Lei è salita in macchina e se ne è andata. Io sono rimasto lì come un pirla, come si dice a Milano, e ci ho pensato sopra. Mi veniva da dire: ma io, in quanto me, non c’entro niente. Non devo sentirmi in imbarazzo per il semplice fatto che cammino per la strada. Come persona, è un ragionamento legittimo. Come maschio, purtroppo no. Che io lo voglia o non lo voglia, il semplice fatto di essere un maschio mi permette di fare a piedi anche tutta la circonvallazione, di notte, senza sentirmi preda. Se fossi femmina, non potrei farlo con la stessa libertà. I maschi non hanno paura fisica delle femmine. Le femmine hanno paura fisica dei maschi. Per questo si dice: è un problema di genere. Vuol dire che riguarda tutti, che nessuno può sentirsi esentato dal ragionarci sopra – a meno che non sia abituato a ragionare in generale. È come quando si parla della disuguaglianza di classe. Non vuol dire che tutti i ricchi sono stronzi, anche se qualcuno lo è. Vuol dire che nascere ricchi o nascere poveri, pesa, eccome, nella vita di tutti noi. Riguarda tutti. Nessuno escluso. Per questo è nata la politica: perché ci sono cose che non possiamo risolvere da soli, ognuno per conto suo. La sopraffazione delle femmine da parte dei maschi non può essere risolta dicendo io quelle cose non le faccio. Deve diventare una questione politica di prima grandezza, così come è stato nelle magnifiche manifestazioni di qualche giorno fa. Sarà lunga e difficile, per altro il cammino della civilizzazione è stato lungo e difficile. In pratica siamo un gorilla che ha imparato a usare le posate a tavola, se ci pensate non è poco. E abbiamo alle spalle qualche millennio di tabù religiosi, di codici tribali, di comportamenti sociali che hanno costruito ciò che siamo. Qualcuno, molto tempo fa, cominciò a parlare di un Dio Padre, uno con la barba banca e con le Tavole della Legge in mano, e da quell’idea discende quasi tutto il resto. Da lì, principalmente da lì, sono nati i problemi delle donne. E da lì è nato anche il problema del maschio. Lo riassumerei così: il maschio è colui che sembra armato anche quando è disarmato. Proviamo a lavorarci sopra. Cerchiamo di diventare dei gorilla più presentabili.

Michele Serra

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