lunedì, settembre 25, 2023

Morto Messina Denaro: una nuova mafia è pronta a ripartire, invisibile


di Lirio Abbate

La scomparsa di u Sicco, ultimo boss stragista, fa tirare il sospiro a molti. Lui che pur non avendo mai guidato tutta Cosa nostra è stata una figura ingombrante e carismatica. Ora da Trapani, con collegamenti in America e Paesi arabi, Cosa nostra si riorganizza

La scomparsa di Matteo Messina Denaro dalla scena mafiosa provocata solo dalla malattia, toglie un macigno che ingombra la strada di Cosa nostra. La sua morte è accompagnata da sospiri di sollievo soprattutto dagli stessi mafiosi, anche dai trapanesi, ma pure da politici e imprenditori collusi che in questi anni sono stati assediati dalle forze dell’ordine, controllati in ogni loro mossa con azioni giudiziarie che hanno portato in carcere – per colpa sua - centinaia di persone a cui hanno confiscato beni per un valore complessivo di centinaia di milioni di euro. Tutto perché si dava la caccia a lui, u Siccu, e le indagini a setaccio non hanno tralasciato nulla sul territorio. Adesso che u Siccu non c’è più l’organizzazione si sente più libera di riorganizzarsi.

Ritengo che gli investigatori abbiano ancora qualche difficoltà sull’identificazione di chi verrà dopo Messina Denaro nel trapanese. È scontato che i magistrati stiano facendo valutazioni e svolgendo indagini, ma penso che un nome definitivo non ci sia nei fascicoli.
La sua uscita di scena definitiva è come il coperchio di una pentola a pressione che salta. Ci sono i segnali di una Cosa nostra nuova che si basa su tradizionali principi ma guarda in prospettiva con nuovi e anziani elementi, vecchi cognomi e casate e giovani mafiosi rampanti. E un ponte con vecchi amici di oltre Oceano.


In fondo Messina Denaro negli ultimi trent’anni ha pensato solo a sé stesso, accumulando tesori solo per la sua famiglia, senza condividere o contribuire economicamente con l’organizzazione post Riina.
La centralità della mafia di Trapani nel sistema Cosa nostra si è sempre rivelata al passo con i tempi, anzi, fin dagli anni Ottanta li hanno anticipati, sono stati precursori, hanno coniugato tradizione e modernità. Un connubio che è diventata la cifra caratteristica di Matteo Messina Denaro e la chiave del suo successo criminale. Oggi la storia si ripete con nuovi personaggi che si ispirano a lui.


Come ha dimostrato l’ultimo periodo di latitanza del boss, c'è una vasta area di quel territorio che avrebbe potuto dare un contributo a trovarlo prima e non l’ha fatto. Sul perché non è stato dato questo contributo civile ci sarebbe da analizzare le consistenti sacche di collateralismo che si registrano non solo in Sicilia, ma nel meridione. Non c'è dubbio che la questione sia dello sviluppo culturale ed economico di quelle terre perché senza di esso avremo sempre un ambiente favorevole alla penetrazione delle organizzazioni criminali. Anche dove si possono creare fenomeni virtuosi di ricchezza, il rischio dell'inquinamento è altissimo. Occorre creare condizioni di sviluppo, senza il quale continueremo ad avere insegnanti che vengono arrestate perché favoriscono i mafiosi. È accaduto con Messina Denaro e deve far riflettere come in ambienti in cui non ti aspetti di trovare il mafioso ma nei quali si formano i giovani, si possono verificare fenomeni di collusione di questo genere.
Spesso, a Trapani, è la stessa imprenditoria – non tutta – a essere mafiosa, ovvero socia in affari della mafia. Quindi la pratica di chiedere il pizzo non è particolarmente diffusa. È una mafia che ha regole solidaristiche precise, dirette all’acquisizione del potere economico e imprenditoriale, nonché del consenso tanto di affiliati e associati quanto della società civile. Anche per questo gli imprenditori ricevono in molti casi l’aiuto finanziario e il sostegno mafioso, offrendo in cambio la titolarità di quote delle proprie imprese.
Il territorio in cui ha regnato u Siccu, tra l’altro, è l’impero della piovra. È qui che i boss hanno provato in passato a riorganizzarsi. Non solo quelli siciliani, ma anche gli americani. I picciotti d’oltreoceano, a digiuno di omertà e regole di comportamento, negli anni Novanta sono andati a lezione di mafia in Sicilia, pronti a diventare gli uomini d’onore di domani. Vecchi e nuovi boss della provincia di Trapani si sono offerti come esperti docenti di regole e metodi di una organizzazione capace di attraversare indenne la storia, dall’unità d’Italia ai giorni nostri, per approdare nel terzo millennio più solida e forte che mai. È in questa fetta di terra siciliana che sono ancora vivi i collegamenti con “La Cosa nostra americana” che in passato ha chiesto aiuto ai trapanesi che sono un punto d’incontro tra i Paesi arabi, l’America e diverse componenti che girano attorno alla mafia, per esempio la massoneria e i servizi segreti deviati.
Dunque, morto Messina Denaro nel Trapanese è certo che ne stanno nominando un altro, magari meno appariscente come lo è stato u Siccu, una persona capace di muoversi e proseguire gli affari come in passato, che naviga nel solco della tradizione di quella mafia.
I clan hanno sentito addosso l’ombra ingombrante e potente del latitante, pur non essendo mai stato il capo di Cosa nostra. Di fatto non ha mai governato l’organizzazione. Lui è stato il capo della provincia di Trapani e su tutta Cosa nostra ha svolto una funzione carismatica, nel senso che essendo l'ultimo stragista libero e il soggetto in qualche misura anche mitizzato il cui ruolo è cresciuto in forza della sua importanza mentre gli altri capi latitanti venivano arrestati, è chiaro che alcune decisioni che riguardavano vicende importanti dell'organizzazione mafiosa hanno ottenuto il suo consenso o quantomeno il suo non dissenso. E le confidenze come pure le condivisioni avute da Riina nel periodo delle stragi lo hanno fatto diventare un custode importante dell’eredità del Capo dei capi.
Occorre adesso spiegare le ragioni della sua floridezza economica, perché u Siccu non ha mai trascurato i grandi affari. Sono stati dimostrati contatti e rapporti di imprenditori nel campo della grande distribuzione alimentare e dell'energia rinnovabile, dell'eolico per esempio. In quello dei reperti archeologici e dei collezionisti d’arte. E ingenti capitali sono stati da qualche parte custoditi e adesso ereditati, in modo occulto.
Perché negli ultimi tre anni, da quando ha saputo che aveva un tumore, ha organizzato il modo di come “lasciare” in eredità il suo tesoro.
La procura di Palermo ha avviato un percorso di ricostruzione, indizio per indizio, delle risorse finanziarie di cui il boss al momento dell'arresto aveva disponibilità. Ma è anche giunto il momento di decifrare perché ha compiuto i crimini di cui si è reso responsabile. Di individuare le ragioni profonde del suo agire. Di gettare luce sulle grandi questioni irrisolte da cui è nato tutto. Anzi, forse si può anche declinare al singolare: questione, non questioni. Perché è vero che ogni uomo è un prisma di sfaccettature indecifrabili, spesso contradditorie, ed è impossibile spiegare un’intera personalità in base a un singolo evento, ma è altrettanto innegabile che ci sono momenti che segnano una barriera, un cambiamento. Un prima e un dopo. Quel momento per Messina Denaro è la data in cui scopre di avere il tumore. E questo cambia tutto. E oggi una nuova Cosa nostra, ancora invisibile ai nostri occhi, è purtroppo già pronta per ripartire.

La Repubblica, 25 SETTEMBRE 2023

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