venerdì, settembre 15, 2023

Don Puglisi a Godrano: “Non posso dimenticare una esperienza in quel paesino dove una faida di mafia aveva ucciso tante persone”

Don Pino Puglisi 




Per ricordare il trentesimo anniversario dell’uccisione di padre Pino Puglisi, pubblichiamo una sua testimonianza sull’esperienza significativa fatta a Godrano, dove è stato parroco dal 1970 al 1978, pacificandosi una comunità dilaniata da una feroce faida mafiosa tra i Barbaccia e i Lorello. 

di PINO PUGLISI 

Prima di essere impegnato nella pastorale vocazionale a livello diocesano e poi regionale, sono stato parroco in un paesino di montagna. Ero uno dei parroci più “altolocati” della diocesi di Palermo, perché era un paesino posto a 750 mt sul livello del mare. Qualche anno prima in quel paesino di mille abitanti c’erano stati 15 omicidi. Nella carneficina delle varie vendette erano state uccise persone che non c’entravano assolutamente.

Certe volte, se, per esempio, il designato ero io, uccidevano anche l’altro che mi stava accanto, altrimenti avrebbe potuto parlare.

Facevamo i cenacoli [del vangelo] presso le famiglie. Prima, faticosamente. Andavo presso le famiglie e dicevo che in avvento, in quaresima o in altro periodo saremmo andati nelle case, se lo avessero desiderato, per leggere e comunicare il vangelo.

Mi rispondevano: «Beh! arciprete, se lo dice lei, lo facciamo, pazienza!».

Lo facevano per farmi un favore. E quindi incominciavamo ad annunziare il vangelo. Si parlava di pace, di unione, di fraternità. Erano questi i temi ricorrenti.

Anche p. Rivilli era venuto. Poi incominciarono alcune famiglie a dire: «Ma, due volte l’anno è troppo poco, facciamo una volta al mese». E poi ogni 15 giorni presso alcune famiglie che si erano aperte all’ascolto del vangelo.

Una signora viene un giorno e mi dice: «Padre, le cose sono due, io non ce la faccio più: se non faccio pace con la madre dell’uccisore di mio figlio non si fa più il cenacolo a casa mia».

Dico: «Allora faccia pace».

«Ma come faccio» mi risponde la signora.

Dico: «Lei continui a fare i cenacoli, vedrà che il Signore le darà l’occasione».

Le strade di Godrano non erano tutte strade asfaltate o lisce. Fatte con l’acciottolato ed in questo caso era una fortuna. La madre dell’uccisore che era pure colpevole perché aveva sollecitato la vendetta, scivolò e cadde davanti la casa di questa signora che voleva rinunciare al cenacolo.

Allora questa corre, la prende in braccio e fanno la pace, nonostante le critiche della gente che disse: «Perché? Non le brucia più il figlio?», quasi che avesse dimenticato il figlio morto.

La madre dell’ucciso era felice. Era testimone della speranza. Dove c’è un pensiero di vendetta deve portare questa parola che libera, che dà gioia, questa gioia che è capace di amare, di perdonare.

A chi chiede giustizia nella nostra società… quante ingiustizie! Ci sono tante persone che subiscono ingiustizie! Talvolta l’ingiustizia subita è quasi irreparabile. Che cosa dire? Certo, è difficile, ma è necessario preservare il messaggio della speranza che passa attraverso il messaggio della croce. 


Relazione “Testimoni della speranza” tenuta al convegno nazionale del Movimento Presenza del Vangelo, Trento 22 e 28 Agosto 1991 e pubblicata sul n. 5/1991 del mensile Presenza del Vangelo (originale conservato in AGP – dattiloscritto, pp. 8, AGP, b. IV, fasc. 13.l

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