sabato, settembre 16, 2023

L'ORA/Le pagine della memoria. 16 settembre 1970, 53 ANNI SENZA MAURO DE MAURO


Mauro De Mauro è stato un famoso giornalista dell'Ora. Inviato speciale, autore di clamorosi servizi e di inchieste che spesso ebbero al centro la mafia. Le notizie su di lui si fermano al 16 settembre 1970. 

Cinquantatré anni fa. Sparito nel nulla alle nove di sera, quando era appena sceso dalla sua BMW a dieci metri dalla casa di viale della Magnolie. Avendolo visto, lo aspettavano nell'androne la figlia Franca ed il futuro genero Salvo Mirto. Per guadagnare tempo s'erano avviati ad aprire l'ascensore, ma Mauro non arrivava, e mentre Salvo tornava indietro per aspettarlo, forse per chiamarlo, colse lo sbattere degli sportelli, una voce che esclamava in tono concitato "amuninni" e la BMW che sgommava indietro senza Mauro alla guida. Pochi metri, e l'auto sparì verso viale delle Alpi.

Venne ritrovata venticinque ore dopo in via Pietro D'Asaro in centro città, con un vetro abbassato e senza chiavi nel cruscotto. Ma di De Mauro nessuna traccia: inghiottito da una notte senza fine.

Cominciò così uno dei gialli più inquietanti del Novecento, di certo il capitolo più drammatico della pur non serena storia dell'Ora di Nisticò. Fin dal 1958 la mafia - per mano di Liggio, aveva cercato di fermare l'onda impetuosa del piccolo grande giornale del pomeriggio di Palermo, incendiandone la tipografia, ma il gesto criminale non servì ad intimidire o a zittire quel direttore e la sua audace e coraggiosa redazione. Non ci riuscì nemmeno col sequestro De Mauro, se a ordirlo fu Cosa nostra.

Le indagini della polizia puntarono sulla pista Mattei. Nel 1962 De Mauro aveva seguito il patron dell'ENI fino al suo ultimo discorso a Gagliano Castelferrato, prima del fatale volo da Fontanarossa. Nel 69-70 aveva collaborato alla sceneggiatura del film di Rosi (che sarebbe uscito nel 1972), ma gli anni successivi alla tragica fine di Mattei erano stati segnati dallo scontro senza esclusione di colpi tra Graziano Verzotto, presidente dell'Ente Minerario Siciliano, ex braccio destro del coraggioso capo e convinto sostenitore della necessità del metanodotto Algeria-Sicilia e il  il presidente dell'ENI, Eugenio Cefis, appoggiato  nell'isola dall'avvocato Guarrasi. La domanda è: che cosa avrebbe potuto scoprire De Mauro - molto vicino a Verzotto - che già non si sapesse?

La polizia comunque puntò su questa pista ma anche su quella politico-finanziaria che portò all'arresto del ragionier Buttafuoco, un uomo dai molti segreti, che cercava un documento clamoroso che sarebbe stato in possesso di De Mauro e che avrebbe dato una svolta ai rapporti tra mafia e politica. Un'ipotesi che almeno allora non poté essere dimostrata. Più avanti un altro filone di indagine - ma molto meno probabile - fu il fallito golpe Borghese dell'inizio del '70 messo in relazione con la giovanile militanza di Mauro nella X Mas e nella repubblica di Salò, concluse con pesanti accuse di tradimento nei suoi confronti. Una vendetta postuma?

I carabinieri, guidati dall'allora colonnello Carlo Alberto dalla Chiesa puntarono fin dal primo momento sulla droga e su nuovi, inusitati canali che avrebbero portato l'eroina sulle sponde del Palermitano, tra Cinisi e Terrasini, e verso le "raffinerie" che successivamente sarebbero state scoperte dall'altra parte dell'isola. Un terreno ancora poco battuto e che sarebbe esploso qualche tempo dopo, ma che allora si rivelò un'ipotesi investigativa debole. Se non addirittura un depistaggio.

Ma in tutte le indagini prima o poi compariva il Signor X - l'avvocato Vito Guarrasi - un'eminenza grigia, personaggio al centro della vita politica ed economica siciliana, cervello di molte operazioni che lo legavano da Mattei alla Dc e a rapporti ritenuti inconfessabili. Vi si aggiunsero i sospetti sul processo Tandoy, che Mauro aveva da poco seguito: l'assassinio del capo della Mobile di Agrigento con molti, inquietanti retroscena - dal delitto passionale alla vendetta di mafia ma anche a oscuri intrecci politici all'interno della Dc, che il commissario, compagno di scuola di Aldo Moro, aveva intenzione di rivelare al segretario del partito. Da ultimo, furono agitati sospetti su legami tra l'antifascismo greco. il giornale stesso e l'accoltellamento del deputato missino Nicosia sullo sfondo della strategia della tensione. Fantasie, fumetti polizieschi, li definì Nisticò, un'atmosfera di intrighi e di mancanza di coordinamento tra gli organi di polizia giudiziaria che trascinarono nella nebbia le indagini sul sequestro De Mauro. Per lo meno fino ad oggi. Mezzo secolo di nulla. Uno strano delitto di mafia, senza impronta. E così sia.

Insieme ad alcune pagine del giornale, dall'archivio storico custodito a Palermo presso la Biblioteca Centrale Regionale, riproponiamo l'editoriale del direttore Vittorio Nisticò due giorni dopo la scomparsa.


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LA NOSTRA ANGOSCIOSA ATTESA


di VITTORIO NISTICO'


 Un fatto di cronaca ancora aperto. Quante volte abbiamo conosciuto questa angoscia dell’incertezza! Ma questa volta c’è in più il fatto che l’uomo sequestrato, di cui non si conosce la sorte, è uno di noi, uno che abbiamo visto e salutato poco prima che scattasse l’ingranaggio del dramma che stiamo vivendo. Abbiamo prima atteso con mille dubbi. Poi, man mano che passavano le ore, con paure e speranze. Infine con un’angoscia che cresce. Mauro De Mauro è stato catturato a forza, questo sembra certo, or sono trentasei ore da quando esce questa edizione del giornale. Venticinque ore dopo la sua scomparsa è stata trovata la sua automobile in una strada del centro cittadino. È troppo poco in tante ore per un fatto così straordinario. Chi è stato? Perché? Cosa gli hanno fatto?

Abbiamo troppe amare esperienze per non gridare: dovete cercare subito e meglio, dovete sapere subito, dovete far luce. Non possiamo rassegnarci a tollerare che tutto non sia tentato per evitare il peggio. Non ci rassegneremo mai alla supremazia della violenza favorita dall’impunità. Non gettiamo la spugna dicendo: non si saprà mai la verità. C’è una drammatica verità di questo momento da mettere in luce. Ma c’è anche la verità di sempre, di questa Sicilia abbandonata dallo Stato alla sua lenta agonia, con il suo male in corpo: la mafia.

La scomparsa di un giornalista non ha precedenti, e ciò spiega la straordinaria mobilitazione delle forze di polizia nella ricerca. Ma l’operazione resta epidermica, tanto è vero che tutto è stato setacciato ma nulla ancora si è saputo del nostro collega. Quale che sia per essere l’esito ultimo di questa terribile storia, resta il fatto che a Palermo la partita contro la violenza mafiosa, la corruzione mafiosa e il tessuto sociale-politico su cui esse prosperano, finora l’hanno condotta e la conducono in prima fila e pagando di persona le forze strutturali della democrazia repubblicana: il movimento popolare, la cultura di avanguardia, questo giornale.

Per conto nostro non ci hanno fermato attentati, intimidazioni, sabotaggi. Nessuno si illuda che possano farci esitare queste drammatiche ore che viviamo nell’attesa di sapere perché il nostro collega De Mauro non è tornato ieri mattina al lavoro. 

(L’Ora, 18 settembre 1970)


L’Ora, edizione straordinaria, 16/9/2023






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