domenica, maggio 30, 2021

A vent’anni dalla canonizzazione. “La Spada e la Croce. Fra Bernardo da Corleone, 1605-1667”

S. Bernardo in una tela di fra Felice da Sambuca
esposta sul prospetto della Matrice di Corleone

Abbiamo pubblicato IERI il programma “Sulle orme di San Bernardo” che si svolgerà dal 5 al 12 giugno, snodandosi per tanti comuni delle province di Palermo, Agrigento e Trapani. Un evento che vuole ricordare un fatto straordinario che accadde vent’anni fa, il 10 giugno 2001: la proclamazione a santo di fra Bernardo, umile frate cappuccino originario di Corleone, avvenuta a Roma nel corso di una cerimonia presieduta da papa Giovanni Paolo II. 
Crediamo di far cosa utile per i nostri lettori riproponendo la prefazione di padre Vincenzo Noto, vicario generale della Curia arcivescovile di Monreale, e l’introduzione al volume biografico su San Bernardo da me scritto e pubblicato alla fine del 2000 dal titolo “La Spada e la Croce. Fra Bernardo da Corleone, 1605-1667”. Per chi fosse interessato, il libro é in vendita presso la Libreria Di Palermo di Maria Rita Castro. 

Anche per gli uomini del nostro tempo Bernardo può essere un modello da seguire

VINCENZO NOTO*

Questo libro non ha certamente un taglio agiografico nel senso tradizionale. Dino  Paternostro, molto conosciuto nel corleonese, ed anche altrove, è un giornalista che con la realtà ha un approccio diverso dallo storico o dal biografo. Per lui scrivere del beato Bernardo è come parlare di Bernardino Verro o di Placido Rizzotto. Si accosta al personaggio più innamorato della realtà corleonese che non di quanto fra Bernardo può rappresentare per chi lo considera un uomo di preghiera e di penitenza, modello anche per la gente del nostro tempo, che numerosa accorre ad ogni manifestazione religiosa promossa dalla Chiesa locale in suo onore. Eppure (ed è qui l’abilità di Paternostro), attraverso le intense pagine che ci danno uno spaccato della storia di Corleone, sempre “animosa civitas“ fiera della propria grandezza sociale e politica, è possibile cogliere i tratti salienti di un personaggio che porta nel sangue - nel male, ma anche nel bene - la complessa personalità di cui ogni corleonese va fiero. 

Filippo latino, questo il nome del beato prima di entrare in convento - o, meglio, prima di essere costretto (?) a rifugiarsi dai padri cappuccini per sfuggire ai rigori della legge o alla vendetta dei nemici - nella penna di Dino Paternostro diventa il Corleonese d’ogni tempo, l’innamorato della giustizia che non tollera soprusi, pronto a difendere i deboli (particolarmente bella la pagina che racconta la difesa dei mietitori che dormono sulla scalinata della Matrice), pronto a pagare di persona errore commesso.

Il tradizionale lettore di biografie di santi troverà materiale entrare nella personalità di questo uomo di Dio, perché può cogliere un disegno globale della Provvidenza che, attraverso Bernardo, costruisce la storia di una comunità e di quanti, in un modo o in un altro, hanno avuto la possibilità di incontrare un valoroso difensore dei poveri e dei più deboli, o un cristiano che si è completamente messo a disposizione dei poveri e dei deboli per servirli in un profondo spirito di preghiera e di penitenza. 

Dino Paternostro subisce per primo il fascino che avvolge Bernardo, uomo di Dio, umile frate che, dovunque viene mandato dei suoi superiori, trascina folle di fedeli, strumento docile nelle mani di Dio, che attraverso di lui arriva al cuore degli uomini anche potenti, che lo cercano per un consiglio.

Anche per gli uomini del nostro tempo Bernardo può essere un modello da seguire, proprio perché c’è bisogno oggi di personaggi che diano testimonianza di una forza interiore, che va al di là dell’arroganza e della prepotenza, che sembra invadere ogni settore della vita comunitaria.

Bernardo è stato prima di tutto uomo forte contro se stesso, contro le proprie debolezze ha usato in pieno gli strumenti che il Vangelo mette a disposizione di tutti e è riuscito vincitore. Non solo quando ho usato, e con molta abilità, la spada contro le ingiustizie, ma soprattutto quando è rientrato in se stesso e, riconoscendosi peccatore, ha realmente influito sul comportamento e sulla salvezza di molti. Anche del nostro tempo. 

Vincenzo Noto 

vicario generale della Curia 

arcivescovile di Monreale

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