martedì, maggio 30, 2023

STORIA. Una capitale contadina. L’altra Corleone che battezzò i Fasci


AMELIA CRISANTINO

Il titolo è una rivendicazione. Il convegno “Corleone capitale contadina”, ieri a Corleone alla Casa del Popolo di via Bernardino Verro ha ricordato i 130 anni dei Fasci siciliani e la fondazione del Fascio: ogni parola col suo carico emotivo, che gli organizzatori – Cgil, Istituto Gramsci, Comune e associazioni del territorio –conoscono, rivendicano e rilanciano. Un convegno, che ancora una volta si oppone a chi associa Corleone con altre identità divenute stereotipo.

La Corleone qui richiamata è quella di Bernardino Verro che il 9 settembre 1892 fonda il primo Fascio della provincia di Palermo e ai contadini dice: “se prendete una sola verga la spezzate facilmente, se ne prendete due le spezzate con maggiore difficoltà. Ma se fate un fascio di verghe è impossibile spezzarle”. Un messaggio semplice e rivoluzionario che punta a dissolvere la rassegnazioneche vuole creare nuovi cittadini consapevoli anche del tempo del mondo

Il 30 luglio 1893 i contadini riuniti in congresso con la guida di Bernardino Verro e Nicola Barbato, approvano i “Patti di Corleone”, importanti ma con richieste modeste: prevedono aumenti per i braccianti e la revisione dei patti agrari per i mezzadri. Quello che però fa paura è la capacità organizzativaqualcosa che nemmeno i socialisti italiani riuniti a Reggio Emiliacapiscono. Le campagne siciliane sono troppo lontane dagli operaidel Nord ma in Sicilia, davanti ai rappresentanti dei Fasci che agiscono come un partito, che diffondono il movimento,preparano convegni e proclamano scioperi, gli agrari vedono incarnarsi lo spettro dei socialismo. Verro e Barbato vengono denunciati “per associazione a delinquere, per aver preparato stragi e saccheggi”; velocemente i Fasci corrono verso il loro esito drammatico.

Nei Fasci si contano tante donne, danno carattere di massa a unmovimento che rimane sempre dentro i confini della protesta non violenta. Ma lo stesso ci furono gli eccidi. Cominciano a Caltavuturo e poi Giardinello, Lercara, Pietraperzia, Gibellina, Belmonte, Marineo: per Napoleone Colajanni, a un morto fra i soldati – pare per un colpo di pietra – corrispondono 92 caduti fra i dimostranti.

Un libretto curato da Dino Paternostro per il Convegno di ieririporta i documenti sulla fondazione e lo scioglimento del Fascio nel gennaio 1894, il testo dei Patti del 7 maggio ’93 firmato da Verro, diverse foto d’epoca fra cui spicca quella del 3 novembre 1915 col cadavere di Bernardino Verro lì per strada: si era inventato la cooperativa di consumo e quella agricola, nel 1914 era stato eletto sindaco ed era un sindaco socialista. Il suo esempiobisognava metterlo a tacereMa davvero, a leggere le tante pagine che Dino Paternostro ha dedicato alla sua Corleone si sente vicino e quasi a portata di mano che un’altra storia era possibile, e adesso l’esercizio della memoria è più che mai militante.

Non è la prima volta che si rievoca la Corleone capitale contadina, una conferenza dallo stesso titolo venne organizzata nel 1979,anche allora dall’Istituto Gramsci, e Marcello Cimino scrisse per «L’Ora» dei ragazzi che, nell’aula magna del liceo classico,dovevano fare i conti col “lugubre appellativo di capitale della mafia”: quella volta si trattava del film Il padrino e del suo protagonista. Non erano tempi tranquilli, nel 1962 s’era affermata la giovane mafia di Liggio con i due luogotenenti destinati a funestare a lungo le cronache, Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Ma il paese sapeva di essere altro. Prima ancora dei Fasci aveva avuto una storia dove c’era posto anche per l’orgoglio. Collocata nel lontano entroterra, in posizione strategica tra le vie di comunicazione verso la capitale, Corleone ha origini doverosamente antiche. La prima urbanizzazione del territoriopare che risalga agli Elimi, a un insediamento chiamato Schera

Passano i secoli mentre lunghe file di muli trasportano il granoverso la costa. Un monastero dedicato a San Martino, forse risalente a Gregorio Magno, testimonia l’importanza di un’areageografica che da sempre mantiene un rapporto privilegiato con Palermo. La dominazione araba pare tranquilla: la città si sviluppae nell’odierno tessuto urbano sono ancora visibili le tracce dei vicoli di allora, c’è una nuova cinta muraria con due torri di avvistamento, il geografo viaggiatore Idrisi ne descrive il “forte e difendevole castello”. Poi la città vive le vicende complicate di quegli anni. È feudo della chiesa di Monreale, Federico II sostituisce gli  Arabi con una colonia di ghibellini lombardi, re Martino I la dichiara città demaniale: privilegio raro nella Sicilia del feudo, dove ancora a fine Settecento erano solo 42 le città noninfeudate.

Lo status di città libera sarà sempre importante, la comunità si struttura ponendo il suo centrsimbolico nella difesa della propria autonomia e più volte si indebita: è l’identità di una patria piccola ma i valori sono quelli di sempre. In un saggio sulla storia culturale di Corleone – si può leggere on line nella rivista Mediterranea – Marcello Verga riporta le parole del notaio corleonese che nel 1650 guida le trattative per ricomprare la libertà: il notaio Carbone ha subìto qualche sopruso ma ci riesce,stila la ricompra aggiunge di suo “per il presente atto non mi è stata data nessuna ricompensa da parte della città, ma l’ho fatto per onore della patria essendo amante della patria libertà”. 

Quindi Corleone capitale contadina, ed è giusto ricordarlo. Ma anche prima c’è tanto da recuperare, per nutrire un’appartenenza al territorio che possa dare senso a quanto ci circonda. A partire proprio dalla constatazione che la storia di Corleone, della Sicilia e della capitale Palermo sono fittamente intrecciate: nella Guerra del Vespro Corleone è la più vicina, il senato palermitano la chiama “soror mea”, i rappresentanti delle due città stipulano un “patto federativo”. E nella siciliana bandiera giallo-rossa con la Triscele al centro ancora sventola il giallo di Palermo e il rosso di Corleone.

La Repubblica Palermo, 30 maggio 2023

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