mercoledì, aprile 26, 2023

IL RACCONTO. Il partigiano e la staffetta: storia di libertà e d’amore

Amore e guerra. Michelangelo Zabbia con la moglie Ada Carle

Michelangelo Zabbia, di Corleone, combatteva in Liguria e lì conobbe Ada Carle. Dopo la guerra un matrimonio durato sessant’anni

di Paola Pottino

Erano giovani e belli. E credevano nel valore della libertà in nome della quale combatterono e si innamorarono. La storia del partigiano Michelangelo Zabbia, di Corleone, classe 1921, nome di battaglia “Paciacca”, per il suo carattere taciturno, combattente nella decima brigata Giustizia e Libertà “Nicola Panevino”, dal nome del comandante trucidato dalle SS tedesche, operativa nella zona di Savona, è una storia di lotta, morte e resistenza che parla anche di amore. Quello vissuto insieme alla staffetta Ada Carle, che diverrà sua moglie dopo la guerra. 


La donna, originaria di Cairo Montenotte, nel Savonese, minuta, coraggiosa e antifascista fino al midollo (il fratello era uno dei capi della brigata partigiana della zona), lo accudiva e gli portava da mangiare quando “Paciacca” viveva nascosto in uno dei rifugi in cui cercava riparo dagli attacchi dei nazifascisti. 
Un giorno gli salvò la vita avvisandolo di un imminente blitz nazista nella casa di alcuni partigiani che lo ospitavano. «C’era stata una spiata — racconta Zabbia nel libro di Angelo Sicilia “Testimonianze partigiane” — e cominciarono a sparare. Io mi rifugiai nel sottoscala della stalla delle pecore. Ne presero sei, tra cui mio cognato e due cugini. A quel punto la spia disse: “Ne manca un altro”. Ero io. Mi ero salvato miracolosamente». Ada Carle non ebbe mai un momento di esitazione o paura, anzi. Nascondeva le armi dei partigiani e, quando arrivavano i tedeschi, metteva in guardia i compagni con le parole d’ordine “Stanno salendo le pecore dal Ciappino” oppure “Stanno salendo le pecore dalla Madonnina”. 
Madri, figlie, staffette, combattenti. Nello scontro armato, nell’organizzazione sanitaria, nella propaganda, nei collegamenti e nell’approvvigionamento, le donne hanno svolto un ruolo fondamentale durante la Resistenza. «Anche loro hanno fatto la guerra — diceva Zabbia — rischiavano la pelle per proteggerci e rifocillarci. Loro, che erano abituate a lavorare sodo per tutti, furono un contributo prezioso per la Resistenza, senza le donne molte azioni non avrebbero potuto svolgersi». Per tutta la vita l’uomo, scomparso nel 2017, non ha mai dimenticato quegli attimi «senza respiro»: se lui e i compagni fossero stati catturati, non avrebbero avuto scampo. Come accadde al suo caro amico Vincenzo Pellizzeri, anche lui partigiano siciliano, che fu catturato e impiccato. «Ci volevamo bene come fratelli — raccontava Zabbìa — In seguito mi dissero che i tedeschi avevano seminato il terrore in tutto il paese e che il mio amico era stato tenuto impiccato per una settimana intera». 
Immagini che fanno rabbrividire, per colpa di una guerra in cui ci si ammazzava perfino nello stesso nucleo familiare. Come nel caso dei due fratelli liguri, uno fascista e l’altro partigiano, fucilato dal plotone della Guardia nazionale repubblichina. Meno male che in quegli anni terribili, accanto al partigiano, c’era Ada con la quale, tornati in Sicilia, Michelangelo Zabbia rimase più di 60 anni. «A vent’anni — per dirla con Italo Calvino — la vita è oltre il ponte. Oltre il fuoco comincia l’amore». 
La Repubblica Palermo, 26/4/2023

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