sabato, aprile 01, 2023

Il 21 Marzo, Libera e la XXVIII Giornata della Memoria, lo sfruttamento del lavoro e la criminalizzazione della solidarietà


di GIANLUCA FLORIDIA
Anche quest'anno così come dal 1996, il 21 Marzo con il titolo "E' possibile", Libera Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie ha promosso la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, diventata da qualche anno (2017) giornata nazionale, esattamente come il 27 Gennaio lo è per le vittime dell'Olocausto della barbarie nazifascista. 
La Memoria costruisce l'Impegno nella ferialità quotidiana di ciascuno per far sì che il sacrificio dei Giusti non sia vano e che le idee di chi ha osato sognare un mondo più pulito camminino sulle nostre gambe. 
Ma cos'è la Memoria?
Memoria non è richiamare i nomi di magistrati, forze dell'Ordine, sindacalisti, giornalisti, imprenditori, preti sociali impegnati tra il Vangelo la strada: da Falcone e Borsellino a Pio La Torre e Rizzotto, da don Puglisi e don Diana a Impastato, Pippo Fava e Spampinato, da Libero Grassi a Incardona. E tanti altri. Memoria non è citare loro nel lungo elenco di 1069 Nomi voluto da Libera per poi passare oltre ogni volta che ci imbattiamo in un malcapitato, migrante o lavoratore sfruttato che sia, nel percorso che unisce gli ideali più nobili alla nostra storia concreta di ogni giorno. 

Memoria non è accettare in silenzio che nel nostro paese ci siano 208 miliardi di "economia non osservata", 190 miliardi di evasione contributiva e fiscale, DIECI volte la ricchezza prodotta da mafie, prostituzione e dal gioco di azzardo, dalle attività paralegali, che ogni anno nell'insieme producono quei 19 miliardi computati nel Pil del nostro paese.  
Tradotto: anche la gente comune e "per bene", evadendo le tasse, tradisce la nostra Costituzione e contribuisce a creare economia sommersa, come ci ricordava tempo fa un alto magistrato impegnato nella lotta alla criminalità, battendo così le mafie in ricchezza illegale prodotta DIECI a UNO (190 miliardi su 19 miliardi di cui sopra). 

Memoria non è citare le grandi questioni ideali di redistribuzione delle risorse, importanti certamente, indignarsi sullo squilibrio della ricchezza mondiale concentrata per metà nelle mani di poche decine di persone, soprattutto tra Nord e Sud del mondo e poi accettare indifferenti il lavoro nero o taglieggiare le buste paga dei dipendenti, creando concorrenza scorretta e viziando il mercato. Quel lavoro dipendente che, ricordiamolo, insieme ai pensionati copre il 90% dell'irpef del nostro paese. Una pratica, quella del lavoro nero, che boicotta la ripresa dei consumi e il sano sviluppo dell'economia. 

Memoria non è, fare incontri e manifestazioni sulla ormai bistrattata parola "Legalità" e non denunciare il malaffare, soprattutto nei piccoli centri, perché "in fondo ci conosciamo tutti"... 

Memoria non è fare una passeggiata per le vie del proprio comune, sapere quello che tutti sanno ma nessuno ammette: che lavoratori migranti e italiani continuano a essere sottopagati a tre euro l'ora. Pensarci un attimo ma poi passare avanti perché in fondo non sono problemi miei, anzi "queste denunce ci danneggerebbero", e poi sono gli altri che si devono ribellare... 

Memoria non è NON adoperarsi affinché le realtà virtuose - perché ci sono -  del proprio piccolo mondo vengano conosciute impedendo di fatto il diritto al discernimento e alla corresponsabilità, vedi il famoso "voto con il portafoglio". 

Memoria non è pensare che le mafie (ancora nel 2023) siano un problema di ordine pubblico e non - secondo il “paradigma della complessità” (Santino) - un insieme di relazioni tra segmenti illegali e legali che, in convergenza, cooperano per mediare accumulazioni illecite a discapito della gente per bene e vulnerabile. 

Memoria non è saltare nei confronti argomenti scomodi come la trasparenza negli appalti e la valutazione sugli strumenti per monitorare al meglio l'impiego di risorse pubbliche, dall'edilizia alla sanità e all' istruzione. 

Memoria non è citare indignati la tratta di essere umani, additare gli scafisti come unici responsabili delle tragedie del mare, come quella di Sampieri del 2013 o di Cutro avvenuta in questi giorni in Calabria, e poi prendersela con i più deboli additandoli come irresponsabili per aver scelto una morte possibile in mare e non una morte sicura tra guerre e carestie e dittature. 

Memoria non è fare accordi istituzionali con i trafficanti di esseri umani, a capo delle mafie estere per regolare i flussi migratori. 

Memoria non è la criminalizzazione della solidarietà, dell' intera “civil fleet” europea, cioè delle navi di Medici senza Frontiere, Emergency, Mediterranea, Open Arms, Sea Watch, Sos Mediterranee e non solo. Navi che suppliscono all'assenza di una missione umanitaria europea, tipo la Mare Nostrum di qualche anno fa.  
Memoria non è scandalizzarsi se "pescatori di uomini” salvano la vita di fratelli e sorelle naufraghi nel Mediterraneo centrale (probabilmente anche mentre stiamo scrivendo), spesso mettendo a rischio la propria vita. 
Memoria non è gongolare se "marinai della solidarietà"  - così come vengono definiti da Caritas Migrantes o da giornali autorevoli come Avvenire - vengono bloccati nei porti e additati, a volte persino incriminati, di essere i "taxi del mare". 

Memoria non è disinteressarsi di cosa succede in agricoltura nella cosiddetta fascia trasformata, a due passi da noi, e in quale contesto sociale ed economico di violazione dei diritti umani maturano i casi di scomparsa come quello del nostro fratello ivoriano Daouda Diane, sciogliendo la memoria del giovane padre in cerca di riscatto "nell'acido dell'indifferenza" , come recentemente ha scritto il Dott. Bruno Giordano (già a capo dell' Ispettorato nazionale del Lavoro) nella recente lettera indirizzata al presidente Mattarella. 

Memoria non è se ti rubano la macchina o il motorino e visto che stavolta è toccato a te, pensi di poterti rivolgere a qualche "mediatore" per il famoso "cavallo di ritorno", perché solo "per questa volta"...

Memoria non è voltarsi dall'altra parte rispetto all'applicazione della legge 109 del '96, fortemente voluta da Libera, sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. Non sapere, non vedere, non sentire quanto questa legge potrebbe generare "economia civile" per la restituzione del mal tolto delle mafie alla collettività!

Memoria e Impegno sono, insomma, pagine che ancora dobbiamo trovare il cuore e il coraggio di saper scrivere, anche alle nostre latitudini. 
Perché se la Memoria o si traduce in Impegno nella Storia, o è liturgia sterile o semplicemente non è, questo dipende da ciascuno di noi. Da quanto possiamo mettere in gioco della nostra vita a discapito delle nostre paure e dei nostri egoismi. 
Perché come amava dire Tonino Bello, profeta di Pace di cui in questi giorni ricorre il trentennale della prematura morte, l'unica violenza che ci possiamo permettere in questa lotta è quella per "forzare nuove aurore" incalzando la speranza di cieli nuovi e nuove terre promesse in cui i semi dei martiri fioriranno certamente in Cambiamento ed esplosione di talenti di chi è ora oppresso dalle mafie e dal mal governo della Casa Comune.  
Solo allora il sostantivo Potere verrà trasformato in un verbo generatore di vita piena. E i segni del potere mafioso lasceranno il posto al Potere dei segni di conciliazione tra Pace e Giustizia. 
Proprio come vuole il programma "E' Possibile" del 21 Marzo di quest'anno.

di Gianluca Floridia

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