martedì, aprile 02, 2024

I segreti siciliani di Sandokan pentito: “Un patto con il fratello di Totò Riina”


di Salvo Palazzolo

Avevano pianificato e realizzato un grande affare i mafiosi più vicini a Salvatore Riina e i Casalesi di Francesco Schiavone: il monopolio della distribuzione di frutta e verdura da Roma in giù. Un affare milionario, che è passato per anni dai mercati ortofrutticoli, da ditte gestite da prestanome e da complicità mai scoperte. 

Il pentimento di Schiavone, soprannominato “Sandokan”, potrà fare luce anche su questo: un capitolo ampio di relazioni fra mafia siciliana e camorra, che sono risalenti nel tempo. Dell’ultimo affare nel settore dell’ortofrutta abbiamo saputo nel 2010. I magistrati di Palermo e di Roma si sono imbattuti in alcuni imprenditori attivissimi nel settore dei trasporti. In particolare, nel mercato di Fondi (Latina) era emerso un vero e proprio centro di smistamento delle mafie.

Lì, i boss legati a Schiavone e quelli vicini a Gaetano Riina, il fratello del capo dei capi, avevano stipulato un accordo, che prevedeva il via libera ad alcune società. Una era di Marsala. Un altro accordo i Casalesi l’avrebbero stipulato con i boss del clan Santapaola, per il controllo dei mercati di Catania e Gela. Sono davvero tanti i segreti fra mafia e camorra. 
Il fondatore e capo storico dei clan dei Casalesi fu Antonio Bardellino, correvano gli anni Settanta e Ottanta. Il boss originario di San Cipriano d’Aversa, nel Casertano, era grande amico di Tommaso Buscetta, con cui condivideva affari e la stessa villa in Brasile. Un’amicizia che non tramontò neanche quando Riina chiese a Bardellino di uccidere Buscetta. 
Francesco Schiavone era l’autista di Bardellino, potrebbe raccontare molto di quella stagione di relazioni che non è solo archeologia giudiziaria: le dichiarazioni dell’ultimo pentito del clan dei Casalesi potrebberoaprire uno squarcio importante nel muro di omertà che continua ad avvolgere i tesori della vecchia mafia. Tesori su cui Buscetta disse ben poco. Bardellino era anche molto amico di Stefano Bontate e Rosario Riccobono, uccisi nella guerra di mafia del 1981. Di questi rapporti ne ha parlato a sorpresa tre anni fa il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, quando ha iniziato a fare strane dichiarazioni al processo ‘Ndrangheta stragista. 
Dichiarazioni non da collaboratore di giustizia, Graviano resta un irriducibile che ha scelto di mandare strani segnali all’esterno. In una memoria depositata ai giudici della corte d’assise raccontava che « prima dello scoppio della prima guerra di mafia del 1981 le famiglie palermitane erano tra loro unite ed avevano rapporti molto stretti con i Nuvoletta — Bardellino in Campania, i quali erano impegnati in un conflitto territoriale con i Cutoliani. A tal proposito — ha spiegato Graviano — era stato inviato in Campania per aiutare i Casalesi un personaggio di Brancaccio, tale Mimmo Bruno, il quale poi era rimasto vittima di un conflitto nell’ambito della faida fra i diversi gruppi camorristici». Ma perché Giuseppe Graviano ne parla? Forse per dire che i mafiosi siciliani avevano solo rapporti con i napoletani e non con i calabresi, come invece la procura di Reggio ha sostenuto chiedendo e ottenendo la condanna di Graviano nel processo ‘ Ndrangheta stragista. 
Giuseppe Graviano ha parlato anche dei rapporti fra Buscetta e Bardellino: « Vi era un rapporto di comparaggio fra i due, tanto che quando a Bardellino era stato chiesto dai palermitani di consegnare Buscetta e poi Contorno, Bardellino temporeggiava facendo il doppio gioco. Allo stesso tempo — ha raccontato ancora Graviano — Bardellino utilizzava alcune argomentazioni per far distogliere l’attenzione dei palermitani sui due collaboratori». 
Insomma, la storia dei primi Casalesi è intrecciata con quella dei clan un tempo perdenti oggi tornati ad essere forti a Palermo dopo la morte di Riina. All’epoca, disubbidire a Riina su Buscetta fu considerato un affronto, Bardellino venne condannato a morte dai Corleonesi. Il 19 settembre 1984, a Poggio Vallesana (vicino a Marano) c’erano anche i killer palermitani Giovanni Brusca e Nino Madonia in una missione di morte ordinata dal capo dei capi contro cinque fedelissimi di Bardellino. 
Chi arrivò dopo Bardellino, invece, si allineò perfettamente con la linea Riina. Francesco Schiavone è stato sempre vicinissimo ai Corleonesi. E, ora, la procura di Napoli si prepara a raccogliere le sue dichiarazioni. Poi, chissà, se offrirà spunti sui versanti siciliani, il neo collaboratore di giustizia potrebbe essere sentito dai magistrati di Palermo, o da quelli di Caltanissetta: il boss dei Casalesi non è stato mai coinvolto nelle stragi, ma in questi anni è stato spesso detenuto assieme a mafiosi di primo piano del gotha di Cosa nostra, e potrebbe avere raccolto le loro confidenze. Da capo a capo. 

La Repubblica Palermo, 2/4/2024

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