sabato, dicembre 30, 2023

Intervista al prof. Cesar Requesens, pronipote dell’ultimo principe di Pantelleria, una dinastia che ha segnato la storia e tanti luoghi della Sicilia

Il prof. Cesar de Requesens con Laura Liistro davanti
al palazzo Requesens di Solarino


di LAURA LIISTRO

Il Prof. Cesar Requesens da più di vent’anni sta riportando in vita la memoria storica della dinastia Requesens ripercorrendo, tra Italia e Spagna, luoghi che hanno traccia della dinastia. Fatti e personaggi che hanno segnato la Storia italiana e spagnola, in particolare la Sicilia sono protagonisti del grande lavoro di ricerca compiuto in sinergia da studiosi europei, dentro importanti archivi storici dove lo studio diretto del documento è fondamentale.

In questo importante lavoro di recupero della memoria storica, personaggi come il patriota e politico italiano Emmanuel Requesens, rivoluzionario siciliano, occupa un tassello importante in quanto custodisce verità nascoste della storia risorgimentale.

Terre come San Paolo di Solarino (Sr) che hanno ottenuto a fine settecento quell’identità popolare tramite la licentia populandi portano traccia architettonica catalana con il Palazzo Requesens e fanno comprendere la potenza politica e poi la decadenza della dinastia a fine settecento.

Per non dimenticare le bellezze architettoniche lasciate sul territorio del comune di Buscemi (Sr) che testimoniano il vissuto dei Requesens.

Un grande ed intenso lavoro di ricerca che riporterà alla luce tasselli attualmente dimenticati su territori colmi di storia. L’abbiamo intervistato con grande interesse. 

Il prof. Cesar de Requesens 

Prof. César de Requesens, lei è un discendente diretto del ramo spagnolo di una delle famiglie nobili più importanti e potenti d'Europa: i Requesens. La sua famiglia arrivò in Sicilia nel XV secolo alla corte di Re Alfonso d'Aragona; uno dei suoi discendenti, Emmanuele de Requesens, Principe di Pantelleria, fu un protagonista del Risorgimento italiano e una figura politica di quella Sicilia rivoluzionaria che, dopo lunghe lotte, ottenne l'Unità d'Italia.

Che significa oggi essere portatori di questa grande eredità storica nell'era della società liquida, in cui alcuni valori sociali sono stati dimenticati?

È un onore raccogliere questa eredità di grandi personalità che hanno speso la loro esistenza per fare qualcosa per il loro Paese e per gli altri. È un impegno personale per l'esempio che dà. Sia in Spagna che in Europa, e soprattutto in Italia, la presenza di membri di questa stirpe è stata registrata nella storia. In questi tempi, è più importante che mai affermare che non partiamo da zero nella nostra esistenza, ma che siamo un legame che deve continuare e trasmettere alle generazioni future tutte le cose buone che abbiamo ereditato. Questo serve a contrastare soprattutto i mali diffusi come l'edonismo o il presentismo, che non sono altro che segni della mancanza di umiltà con cui viviamo vite poco rilevanti per gli altri, se le dedichiamo solo alla ricerca del materiale e dell'immediato. La visione alta, la ricerca del bene comune e l'onorare l'eredità ricevuta erano e continuano ad essere un obbligo che dobbiamo assumere e portare avanti con eleganza e senza essere minimamente appesantiti.


Per secoli i Requesens hanno segnato con la loro presenza molti territori italiani e spagnoli.

Tenuto conto della loro importanza storica, che oggi è caduta in un profondo oblio, pensa che sarebbe utile rivalutare il ruolo dei diversi membri della dinastia che hanno segnato la linea della storia?

Certamente, ed è mia intenzione farlo da 22 anni. In questi anni ho potuto scoprire grandi personalità come il 10° principe di Pantelleria, Emmuanuelle de Requesens Bonanno, un rivoluzionario di cuore in Sicilia; Don Luis de Requesens, eroe di Lepanto e Comandante Maggiore di Castiglia in Spagna; o l'attuale Beata Maria Lorenza Longo de Requesens, fondatrice dell'Ospedale degli Incurabili e dell'Ordine monastico delle Clarisse Cappuccine.

Personaggi come quelli citati sono solo la punta dell'iceberg di una stirpe che ha prodotto grandi nomi per la storia, inspiegabilmente dimenticati, e che decenni fa ho deciso di far conoscere al grande pubblico e di restituire loro il giusto posto nella storia. 


Lo stile e l'eleganza degli edifici appartenenti ai Requesens possono valorizzare il territorio in cui sono stati costruiti.

Pensa che sarebbe auspicabile creare un filo conduttore tra i diversi siti storici e archeologici dei vari territori, al fine di rivalutare l'identità popolare dei diversi Comuni?

È una fortuna che un buon numero di questi bellissimi edifici, ricchi di storia, siano sopravvissuti fino ai giorni nostri. La loro esistenza la dice lunga sulle persone che li hanno abitati. Dobbiamo approfittare del fatto che sono ancora in piedi e intraprendere il loro restauro per riportarli al loro antico splendore. Si tratta di una grande opportunità per i territori normalmente al di fuori dei grandi circuiti culturali di avere un'attrazione in più da offrire ai visitatori. Oggi il turismo culturale è una delle grandi forze per la rivitalizzazione delle aree rurali. Località come Santa Coloma de Queralt, Frigiliana o Vélez Rubio in Spagna custodiscono questi palazzi e castelli che, se non facciamo qualcosa, non arriveranno al futuro. Lo stesso vale in Italia per i bellissimi villaggi che un tempo erano feudi della mia famiglia italiana, come Solarino, Buscemi, Ferla o Racalmuto. È una fortuna che i palazzi che legano materialmente questi territori al cognome Requesens siano ancora in piedi e questa è una meravigliosa opportunità per articolare la rinascita di un passato brillante e pieno di possibilità per questi luoghi.


Isabel de Requesens, la bella e famosa viceregina di Napoli; Estefania de Requesens, la grande signora della vita culturale e spirituale di Barcellona; Mencía de Requesens, contessa di Palamós e marchesa consorte di Vélez; o la marchesa della Ferla Anna de Requesens sono, tra le tante, donne di questo lignaggio che hanno lasciato il segno nella storia e nella società di diverse epoche sia in Italia che in Spagna.

Ritiene che sia utile diffondere la conoscenza di queste donne come frutto di quel lento e sottile cambiamento della condizione femminile in una società segnata dal potere dell'Inquisizione?

Certamente. Se c'è qualcosa che caratterizza questa stirpe di origine spagnola e catalana con radici così profonde in Sicilia e in Italia, è proprio la rilevanza delle sue donne che, sorprendentemente per quei tempi, non hanno mai avuto il ruolo secondario delle donne del loro tempo.

Infatti, uno dei lavori a cui ho dedicato più impegno in questo tentativo di salvataggio della storia della mia famiglia è la traduzione e lo studio del privilegio di nobiltà concesso dal Re d'Aragona Alfonso V il Magnanimo nel 1458 a Bernardo de Requesens e a tutta la sua discendenza con la clausola 'utrisque sexus' (per entrambi i sessi). Qualcosa di molto singolare e sorprendente per quei tempi in cui le donne erano escluse dall'avere e trasmettere la condizione di nobiltà. Questo potrebbe spiegare perché era sempre così importante per i membri di questa stirpe portare il cognome di Requesens, dal momento che la condizione di nobiltà era legata all'essere chiamati Requesens, cosa che logicamente avveniva con i discendenti di questa stirpe.

Erano donne di carattere che lottavano per i loro diritti, se necessario. Erano donne che si imbarcavano nell'avventura di gestire grandi proprietà e di accrescerle, sempre consapevoli del loro status privilegiato e della responsabilità che questo comportava.

In molti casi sono un grande esempio e un meraviglioso precedente che può ispirare molte donne che attualmente stanno prendendo coscienza della necessità che i tempi futuri hanno del contributo di questo diverso modo di intendere il mondo che le donne portano a tutti noi.


Lei ha iniziato a conoscere la Sicilia nel 2017 e la visita ogni anno per eventi come la rievocazione dello sbarco di Don Giovanni d'Austria a Messina e, più recentemente, per il ricevimento del premio Honos a Noto. Che idea si è fatta della cultura e della realtà siciliana in questo suo approccio?

Sono rimasto davvero sorpreso e affascinato da ciò che ho scoperto in quelle terre. Un territorio in cui è stata raggiunta una sintesi singolare del meglio di ognuna delle tante civiltà che qui sono arrivate, senza perdere mai quell'approccio tra distante e accogliente che ha tutto ciò che è siciliano. Trovare una terra che ama ciò che è proprio, ma che è aperta al nuovo e al diverso, è un'esperienza di apprendimento per chiunque. Ho ancora molto da imparare e da scoprire e lo sto facendo con grande passione e profitto.


I suoi antenati siciliani erano conosciuti soprattutto come Principi di Pantelleria, un titolo nobiliare concesso da un monarca spagnolo sulle terre siciliane. È mai stato in quell'isola lontana?

Non ho ancora avuto questa opportunità, anche se sono in contatto con studiosi della storia di quell'isola, che ha una componente magica e misteriosa che coinvolge. Si tratta di una terra vulcanica addomesticata dall'uomo attraverso la coltivazione di uva e capperi, oltre che, più recentemente, di un'attrazione turistica per le persone che vogliono fuggire dal sovraffollamento e dalla fretta. I Principi di Requesens vi hanno lasciato un legame profondo tra il 1492 e il 1848, quasi quattrocento anni di presenza che mi sono proposto di far conoscere. Ritengo che sia una fortuna avere un'isola come quella, una miscela di Oriente e Occidente nel centro fisico e culturale del Mediterraneo che, come tutto ciò che riguarda il mio lignaggio, deve essere fatto conoscere perché è stato dimenticato dalla storia.

Il motto dei principi Requesens di Pantelleria "malo esse quam videre" ("preferisco essere piuttosto che sembrare") si adatta perfettamente allo spirito di un'isola dove sono già stato invitato per una visita, che spero avvenga presto.


Dentro il palazzo Requesens di Solarino che non veniva visitato da un Requesens da fine settecento, periodo della fondazione

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