domenica, dicembre 17, 2023

L’INTERVISTA. Morvillo “La satira su Cuffaro? Sulla querela parola ai giudici, è grave che lui abbia un seguito”


di Francesco Patanè

«Come finirà la vicenda giudiziaria della presunta diffamazione a Cuffaro poco importa: non sposta di una virgola la valutazione etica e politica della persona». 

Alfredo Morvillo non commenta la richiesta di archiviazione (e l’opposizione dell’ex governatore condannato per favoreggiamento a mafiosi) dell’inchiesta sorta dalla querela per i manifesti elettorali comparsi a Palermo durante la campagna per le amministrative 2022: una foto di Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri con in braccio un bebè con il volto di Roberto Lagalla e la frase “La famiglia di Cosa nostra”. Per l’ex procuratore di Trapani, l’aspetto più grave è che «centinaia di morti e tutto il dolore patito in 40 anni dalla Sicilia e dai siciliani non hanno impedito a Cuffaro e ad altri personaggi in odore di mafia di avere ancora un seguito». 


Il sostituto procuratore Eugenio Feletra, nella richiesta di archiviazione, sostiene che quei manifesti fotografavano attraverso la satira fatti realmente accaduti e per questo non sono diffamatori. Il giudice deciderà il 17 gennaio. Come finirà? 
«Anche se sono in pensione, resto un magistrato e non mi permetto diparlare di un procedimento in corso, per rispetto di chi è chiamato a decidere. La vicenda giudiziaria di quei manifesti rimarrà marginale nel definire l’uomo e il politico Cuffaro». 
Eppure l’ex presidente della Regione fa leva proprio sulle sentenze per riabilitarsi, sostiene di aver pagato per un solo episodio di favoreggiamento indiretto e ha ottenuto la possibilità di tornare afare politica e candidarsi. 
«La valutazione giuridica è legata al codice e all’onere della prova. È molto più stringente della valutazione etica, morale e storico-politica che non verrà certo scalfita dalla futura decisione del gup. Che venga confermata l’archiviazione o che si celebri il processo, non cambierà la storia di Cuffaro e non cambierà la miapreoccupazione». 
Che timore ha? 
«Che il sangue versato in Sicilia non sia servito a creare gli anticorpi alla mafia e soprattutto ai comportamenti mafiosi. Riabilitare l’uomo Cuffaro è comprensibile e non discuto. Riabilitare il politico Cuffaro significa non aver compreso come quel modo di governare abbia prosperato sul sangue versato da magistrati, politici, giornalisti, uomini dello Stato e da tutte le vittime di mafia». 
Non crede dunque a una “conversione” di Cuffaro? 
«Alla storiella del pentimento e di aver pagato per gli sbagli fatti crede solo chi vuole farsi imbrogliare, chi ha interessi personali e chi è convinto di realizzarsi con logiche clientelari. Quello che mi fa infuriare è la memoria corta di una parte dei siciliani e la loro indulgenza nei confronti dei comportamentimafiosi. Il ritorno di Cuffaro sulla scena politica è figlio di questa odiosa voglia di giustificare». 
Ci sono molti giovani che seguono l’ex presidente della Regione nella sua Nuova Dc. Come lo spiega? 
«Il condizionamento ambientale in Sicilia continua ad avere un peso enorme e le nuove generazioni non ne sono immuni. Se si tratta di violenza di genere, di condannare la guerra, di schierarsi contro chi uccide. tutti sono d’accordo nel condannare senza indugi, nell’esporsi in prima persona, nel combattere un sistema patriarcale. Se invece si tratta di mafia e di comportamenti mafiosi, fra i giovani non c’è la stessa determinazione: alcuni tendono a non prendere posizione. È come se il sacrificio di chi è morto nel combattere la mafia fosse stato relegato nei libri di storia». 
La Repubblica Palermo, 17/12/2023

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