lunedì, dicembre 04, 2023

Borsellino, il testimone: “La figlia di La Barbera ci offrì l’agenda rossa”


I pm di Caltanissetta lo ritengono attendibile “Lei disse a mia figlia che voleva liberarsi di quel famoso reperto”

DAL NOSTRO INVIATO SALVO PALAZZOLO

CALTANISSETTA — Un supertestimone ha riaperto l’indagine sui misteri dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, trafugata dopo la strage. Non è un pentito di Stato, e neanche un ex mafioso. È una persona come tante. Un giorno sua figlia gli chiede un favore: «La mia amica Serena non si sente più di tenere una cosa di suo padre, che è morto nel 2002, era il questore di Palermo Arnaldo La Barbera. Potresti conservarla tu?». L’uomo chiede di cosa si tratti. La figlia risponde: «È l’agenda rossa di Borsellino». Così, un uomo con la sua vita normale è diventato all’improvviso il supertestimone di uno dei misteri d’Italia. Ci ha messo però del tempo per presentarsi ai carabinieri del Ros.

Quando è arrivato in caserma, nel marzo scorso, ha detto: «Ho deciso di riferire soltanto oggi questi fatti perché avevo un po’ di paura. E solo dopo un colloquio con un generale e un avvocato ho deciso di farmi avanti raccontando che l’agenda rossa la tengono i familiari di La Barbera ». Sono parole ritenute subito importanti, si muove la direzione nazionale antimafia di Giovanni Mellillo, il caso viene affidato alla procura di Caltanissetta diretta da Salvo De Luca, che non ha mai smesso di indagare sui misteri della strage Borsellino. A settembre, i pm fanno scattare le perquisizioni, nella casa romana della figlia di La Barbera, e pure nel suo ufficio, che è molto particolare, è la sede dei servizi segreti, l’Aisi. È stata perquisita pure la casa della moglie del superpoliziotto, Angiolamaria Vantini, che abita a Verona. 
L’agenda rossa non è saltata fuori, i carabinieri del Ros hanno però sequestrato alcuni vecchi estratti conto di Arnaldo La Barbera, in cui risultano versamenti in contanti per milioni di lire. Soldi dati da chi? A fine anni Ottanta, La Barbera era anche un collaboratore dei Servizi, l’allora Sisde, non si è mai capito per quale missione in particolare. E ora l’ipotesi su cui lavorano i magistrati è drammatica: il furto dell’agenda rossa e il depistaggio delle indagini sulla strage Borsellino con il falso pentito Scarantino potrebbero essere state una missione affidata a La Barbera da ambienti deviati delle istituzioni. Per nascondere quali responsabilità nella bomba del 19 luglio 1992? 
Racconta il testimone: «Fino all’anno scorso, l’agenda rossa sarebbe stata custodita all’interno di una cassaforte, nell’abitazione del cognato di La Barbera, che è morto nel settembre 2022». All’epoca si sarebbe posto il problema di trovare una nuova collocazione a quella documentazione così particolare. «La famiglia La Barbera non si sentiva più di custodirla direttamente, così mi ha detto mia figlia — prosegue il testimone — avrebbe preferito farla detenere a soggetti non riconducibili alla cerchia familiare». Ecco perché le confidenze con l’amica. «Poi, mia figlia mi ha chiesto di tenere io la documentazione, ma non me la sono sentita», taglia corto l’uomo. 
Non finisce qui la storia. «Mia figlia mi ha raccontato anche un’altra confidenza di Serena La Barbera: sua madre, su indicazione fornita dal marito prima di morire, ha usato la documentazione che nascondevano per fare assumere la figlia ai servizi di sicurezza». Chi indaga ha verificato che Serena La Barbera è stata assunta alla presidenza del consiglio nel 2011. È una storia complessa quella che i pm di Caltanissetta e icarabinieri del Ros stanno cercando di chiarire. Al supertestimone è rimasto un dubbio: «L’agenda potrebbe averla mia figlia, andate a controllare nel garage del suo compagno». Ma lì non c’era. Ora, la moglie e la figlia dell’ex questore sono indagate per ricettazione e favoreggiamento, con l’aggravante di aver favorito l’organizzazione mafiosa. La difesa si prepara a una lunga battaglia legale, punta a smontare l’attendibilità del testimone, lui stesso dice di aver litigato in passato con la figlia, al punto da rivolgersi agli avvocati. Per la procura si tratta invece di un testimone attendibile, è stato ascoltato già tre volte. 

La Repubblica, 4 dicembre 2023

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