giovedì, luglio 20, 2023

IL 19 LUGLIO. Meloni, un blitz senza piazza. Sulle strade sfila la città che chiede giustizia e diritti


Nel giorno di Borsellino arriva anche Schlein.  Dall’Albero Falcone il corteo della nuova antimafia: “Siamo in tanti, altro che divisivi”

di Alessia Candito

«E tu l’avresti detto mai? Bandiere rosse in via D’Amelio», dice lei, sessant’anni forse, nascosti da grandi occhiali da sole. «E non era ora?», ribatte lui, rughe profonde a scavarne il volto, mani da cantiere, maglia del sindacato. Sono sudati, stanchi, hanno fatto tutto il corteo sotto un sole impietoso e con temperature da forno acceso, per giunta a passo di trotto alla fine, quando si è capito che si rischiava di arrivare tardi al minuto di silenzio. «Ha senso stare qua, dovevamo stare qua», aggiunge lui. 


Pensiero comune fra chi — lontano anche idealmente dagli appuntamenti istituzionali della mattina, che hanno visto approdare a Palermo la premier Giorgia Meloni — ha sfilato dall’albero Falcone al luogo della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta, Agostino Catalano, Claudio Traina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli e Walter Eddie Cosina. Perché? Perché sono passati 31 anni e verità piena su quella strage e i depistaggi che le sono seguiti non c’è. Perché a molti, il 23 maggio, urlarlo è costato botte e manganellate. Perché nei quartieri rimangono, se non si aggravano, le storiche lacune su cui piccoli e grandi boss costruiscono potere e consenso. Perché «il carcere — dice un manifestante — rimane discarica sociale di marginalità economica, ma si smantellano gli strumenti per colpire colletti bianchi e politici collusi». Gli interventi urlati al megafono, mentre il serpentone attraversa la città, spiegano bene questa nuova antimafia, che non vuole essere solo ricordo ma lotta per i diritti del lavoro, sociali, civili, per casa, scuola, istruzione, sanità pubblica e di qualità. «Che poi nuova non è, perché da sempre lotta alla mafia è stata lotta per i diritti», ricorda Mario Ridulfo, segretario provinciale della Cgil palermitana. «Antifascista come quella di Peppino Impastato, che ci ha insegnato a non rimanere indifferenti di fronte alle azioni criminali della mafia, a ingiustizie, disuguaglianze, sfruttamento», dice la nipote Luisa, che invita tutti a mobilitarsi il 30 settembre insieme ai braccianti di Campobello di Mazara. E al megafono, Gabriele di Officina del popolo e Usb torna a parlare di Daouda Diane, mediatore ivoriano scomparsoad Acate dopo aver denunciato la mancanza di condizioni di sicurezza alla Svg, azienda in mano alla famiglia Longo, più volte toccata o lambita da inchieste di mafia. 
«Ci hanno accusato di essere divisivi, ma il 19 luglio non c’erano mai state tante sigle in piazza. Ci hanno accusato di essere polemici, forse perché vogliono un’antimafia che non faccia domande. Non ci accontentiamo di una classe dirigente che si limita a dichiararsi antimafia e alproprio interno ha chi, quando viene chiamato a rispondere dei propri rapporti accertati con la criminalità organizzata, si avvale della facoltà di non rispondere», dice Fausto Melluso dell’Arci. 
Tra i manifestanti, sfila il senatore Roberto Scarpinato, si fa vedere qualche dirigente del Pd, ma non Elly Schlein, «andata lunga con gli appuntamenti», verso la fine ci tiene a essere presente anche l’ex sindaco Leoluca Orlando, «come ogni anno qui da uomo libero», dice. Il suo successore, Roberto Lagalla — a cui le Agende rosse l’anno scorso voltarono le spalle in segno di protesta — arriva solo in serata, insieme alle fiaccole della destra. 
Chi sfila lo sa che in città è arrivata la premier, con un’agenda fitta di appuntamenti istituzionali. Una sosta in via D’Amelio non c’è mai stata, ma in molti fin dalla mattina sono andati a verificare che fosse effettivamente così. «Meloni è scappata perché ha avuto paura di presentarsi qua a noi, e di questo dobbiamo essere orgogliosi». 
Ufficialmente, in agenda la premier aveva impegni inderogabili, ufficiosamente ha disertato via D’Amelio per timore di contestazioni da parte di imprecisate «frange antagoniste» . I manifestanti hanno risposto con una risata e una fascetta al braccio che li identificava come tali. «Giorgia Meloni ha avuto paura di venire qui, in via D’Amelio. Noi contestazioni non ne abbiamo mai fatte, qui violenze non ce ne sono mai state, semmai le manganellate le abbiamo prese», dice dal palco Salvatore Borsellino, che i manifestanti li accoglie e con loro si schiera. 
Sono già le 16,58. Una tromba suona il silenzio. La piazza per un minuto si congela, per poi sciogliersi in un applauso e gridare “ presente” quando risuonano i nomi delle vittime. 

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LA DESTRA. Qualche mugugno alla fiaccolata: “Giorgia dov’è?” La sorpresa dei militanti per l’assenza di Meloni: “Non c’era niente di più importante di Paolo”

di Francesco Patanè

Un migliaio di fiaccole, o “ fiamme” come amano chiamarle i militanti della destra siciliana, hanno sfilato orfane della loro leader. La grande assente alla manifestazione organizzata dal “Forum 19 luglio” e da “ Comunità 92” è stata lei, Giorgia Meloni, da sempre protagonista la sera nella commemorazione del giudice Paolo Borsellino. 

«Questioni di agenda » ha tagliato corto la premier, che comunque ieri era presente a Palermo per i momenti istituzionali. Ma per il migliaio di militanti partiti da piazza Vittorio Veneto e diretti in via D’Amelio, è stata un’assenza importante. Che si è sentita anche se i politici di Fratelli d’Italia hanno provato per tutto il giorno a minimizzarla. Soprattutto quando la stessa premier si è giustificata dicendo di aver promesso alla guardia costiera di partecipare ad un’iniziativa a Civitavecchia. 
«Quindi la guardia costiera nel Lazio è più importante della fiaccolata simbolo della nostra lotta alla mafia — si chiede Giacomo Pizzino, 18 anni, messinese al suo primo 19 luglio — Ho aspettato di essere maggiorenne per alzare questa fiamma, speravo di farlo accanto al nostro leader». La sfilata serale fin dalla sua prima edizione è il momento in cui la destra rivendica la vicinanza di Paolo Borsellino ai valori conservatori. Una sorta di rito che per i militanti di destra vale quanto i contenuti. 
Ieri sera alla fiaccolata c’erano ilsindaco Roberto Lagalla con tanto di fascia tricolore e fiaccola in mano, la sua vice Carolina Varchi, il ministro dello Sport Andrea Abodi, la presidente della commissione nazionale Antimafia Chiara Colosimo, il senatore di Fratelli d’Italia Raoul Russo, i deputati Giovanni Donzelli Andrea Delmastro e tutto lo stato maggiore di Fdi in Sicilia. 
Il corteo è partito alle 20,30 e un’ora e mezza dopo era davanti a via D’Amelio, senza incidenti e senza fischi. Gli unici insulti sono arrivati dagli automobilisti bloccati dal corteo alla Statua e in viale Lazio. «Sono grato al presidente Meloni per essere venuta a Palermo anche quest’anno, in veste istituzionale, per commemorare Paolo Borsellino — commenta Russo — Le sue parole hanno finalmente spento le polemiche dei giorni scorsi, questo governo non vuole affatto smantellare la legislazione antimafia, vuole anzi rafforzarla». Ma se i quadri di Fratelli d’Italia assicurano che Giorgia idealmente ieri sera era lì con loro, fra i militanti c’è stato più di qualcuno che ha storto il naso, che pretendeva uno strappo al protocollo in nome della militanza. « Rimane il mio faro, ma da stasera illumina un po’ meno — commenta Giancarlo Federici, militante toscano arrivato a Palermo per la celebrazione serale del 19 luglio — Non c’era alcun problema di sicurezza, qui è pieno di polizia e nessuno cederà alle provocazioni, se ci saranno. Sfiliamo nel nome di Paolo e questa è la cosa più importante». 
Lo striscione in testa alla fiaccolata recita “Paolo Vive”. «Il messaggio più grande che Paolo Borsellino ha potuto lasciare è che la legalità non può essere un concetto astratto, ma deve avere un impegno delle istituzioni — dice Carolina Varchi — Dove la mafia è riuscita a penetrare, occorre affermare i principi di legalità e trasparenza dell’azione amministrativa per favorire la credibilità delle istituzioni e ristabilire la fiducia che i cittadini in esse devono riporre».

La Repubblica Palermo, 20/7/2023

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