sabato, luglio 08, 2023

8 luglio 1943. Lo sbarco dell’esercito alleato in Sicilia

Un’immagine dello sbarco in Sicilia degli Alleati

di ELIO SANFILIPPO

L’anniversario dello sbarco delle truppe angloamericane in Sicilia ha riproposto la vecchia polemica se gli americani erano da considerare occupanti o liberatori e soprattutto se lo sbarco fu possibile grazie al sostegno della mafia e, in particolare, di Lucky Luciano che chiuso in una prigione degli Stati Uniti accettò di collaborare in cambio della sua scarcerazione.

Autorevole sostenitore di questa tesi fu lo scrittore siciliano Michele Pantaleone nativo di Villalba lo stesso paese di Don Calò Vizzini il capo della mafia siciliana.

Per Pantaleone grazie a Luciano sembra che gli americani disponessero di un efficiente e capillare rete d’ informazione e dei punti su cui erano posizionate le postazioni del nemico. Sembra perfino che Luciano fosse latore di un messaggio per don Calò che soldati americani a bordo di un carro armato e con un fazzoletto come segno di riconoscimento glielo avrebbero recapitato a Villalba.

Lo storico Francesco Renda ha minimizzato l’importanza di tale sostegno ritenendolo marginale e ininfluente. 

Lo sbarco sarebbe avvenuto in ogni caso a prescindere dalla mafia secondo le indicazioni del primo ministro inglese Winston Churchill che definì la Sicilia il “ventre molle” dell’Europa. E più probabile che l’aiuto di Luciano sia stato più efficace negli Stati Uniti dove in effetti contribuì grazie alla sua influenza a sdoganare il porto di New York dalle mine tedesche.

Il sostegno della mafia allo sbarco e alla avanzata degli Alleati è stato spesso enfatizzato e utilizzato dalle forze della Destra fascista per denigrare e mettere in cattiva luce il ruolo di liberatori degli americani e a volte ripreso anche da settori della Sinistra per alimentare una propaganda anti americana.

Agli americani, in virtù di questo presunto sostegno, viene anche mossa l’accusa di avere posto a capo dei Comuni nel corso della loro avanzata dei sindaci mafiosi.

Questo è vero solo in parte dal momento che l’impatto degli Alleati con una realtà come quella siciliana circondata da miseria e analfabetismo li spinse a scegliere tra i notabili del paese più in vista che avevano una certa ascendenza verso la popolazione anche per lasciarsi alle spalle un retroterra di sicurezza.  E così avvenne che capi mafia del calibro di Calogero Vizzini e Genco Russo si ritrovarono a essere sindaci di Villalba e Mussomeli, per fare gli esempi più eclatanti, mentre in altri paesi gli americani misero a capo dei comuni limpide figure dell’antifascismo proposte dai partiti appena costituitisi e a Palermo e a Trapani i primi prefetti che nominarono furono antifascisti come Francesco Musotto e Paolo D’Antoni. In verità un particolare riguardo gli americani lo riservarono al movimento separatista di Andrea Finocchiaro Aprile nominando tra l’altro sindaco di Palermo Lucio Tasca, uno dei capi più importanti del separatismo, grosso agrario e vicino alla mafia.

In una situazione confusa dal punto di vista politico e militare a livello nazionale in Sicilia tutto si consuma anticipatamente e l’isola rimane estranea agli avvenimenti del 25 luglio, la caduta di Mussolini, e dell’otto settembre con il disfacimento dell’esercito italiano. Il progetto separatista di staccare la Sicilia dal resto del paese e trasformarla in una repubblica indipendente  è  quindi sostenuto dagli americani che  prefigurano l’adesione dell’isola agli stati americani, la 49.ma stella, e ben vista dagli inglesi che pensano a una Malta siciliana e perfino dall’Unione sovietica di Stalin che non ha interesse a un consolidamento della presenza occidentale nel mediterraneo tanto che spingerà i comunisti siciliani, in una prima fase ad una posizione di apertura verso il separatismo.

Il movimento separatista forte di questi consensi, in particolare degli americani, per realizzare questo progetto di separazione sferrerà un attacco anche sul terreno militare contro il governo di unità nazionale appena ricostituitosi con la sconfitta del nazifascismo e la riconquistata libertà.

Si dotò, infatti, di un proprio esercito, l’EVIS, esercito volontario indipendenza siciliana, arruolando anche le numerose bande che infestavano l’isola come quella di Avila nella Sicilia orientale e in occidente quella ancora più famosa di Salvatore Giuliano.

Dopo un primo momento di difficolta il nuovo capo del governo italiano, Ferruccio Parri, il leggendario capo partigiano alla guida di un governo di unità nazionale, usa il pugno di ferro facendo arrestare tutti i capi separatisti, tra cui lo stesso Finocchiaro Aprile, spedendoli al confino e inviando l’esercito in Sicilia.

Le varie bande armate ben presto si scioglieranno con l’arresto o l’uccisione dei capi, ci vorrà più tempo per catturare Giuliano che fino ad allora aveva goduto della protezione della mafia fino alla sua uccisione nella famosa messa in scena dell’inventato conflitto dei con i carabinieri.

La fermezza mostrata dal governo Parri era anche un forte segnale agli Alleati perché ponessero fine ad ogni forma di compiacenza e perfino di complicità con il separatismo.

E soprattutto sul terreno politico che il movimento separatista subisce una sconfitta ancora più dura con il riconoscimento alla Sicilia dell’Autonomia e l’approvazione dello Statuto siciliano al limite del federalismo varato ancora prima della carta costituzionale, firmato appunto dal re Umberto.

Se la Sicilia non diventò una vandea o come l’Ulster irlandese fu il merito storico di grandi statisti come De Gasperi, Nenni e Togliatti e, soprattutto, della nuova classe dirigente siciliana come Giuseppe Alessi, Enrico La Loggia, Girolamo Li Causi, Franco Restivo, Bernardo Mattarella, Mario Mineo, Giuseppe Montalbano per citarne solo alcuni che  nel mantenere l’integrità del nuovo stato italiano  conquistarono la storica aspirazione del popolo siciliano, conservando una latente conflittualità con il centralismo romano. Che cosa accadde dopo è ancora un’altra storia.

IlSicilia.it, sabato 8 Luglio 2023

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