venerdì, febbraio 18, 2022

L’atto d’accusa di Addiopizzo “C’è una Palermo che paga ancora”


Lettera aperta dell’associazione antiracket “Qualcuno si sottomette ai clan per convenienza”

L’ultima denuncia di Addiopizzo è di quelle destinate a lasciare il segno: «Ancora oggi c’è chi continua a pagare le estorsioni e a non denunciare. C’è chi paga per paura, ma soprattutto c’è chi lo fa per convenienza economica e contiguità culturale» . Una denuncia che apre un nuovo dibattito. Che sta succedendo a Palermo? Perché la mafia colpita da inchieste e processi ha ancora tanta forza attrattiva? E perché ci sono commercianti che ritengono più conveniente scendere a patti con i mafiosi? Il pizzo sembra essere ormai diventato il pagamento per un servizio. È l’ultimo racconto di Palermo che emerge dalle indagini. 

Un commerciante, ad esempio, ha pagato per evitare che i concorrenti aprissero nel suo stesso rione. Un altro, invece, si rivolse ai mafiosi perché doveva recuperare un credito. Un altro ancora doveva dirimere questioni con i vicini, anche lui pagò per usufruire dei “servizi” dei boss. «Le indagini ci dicono di un mutato rapporto di Cosa nostra con la società civile — avverte il generale Giuseppe De Liso, il comandante provinciale dei carabinieri — l’organizzazione mafiosa ha avviato una lenta trasformazione nella sua manifestazione esterna, passando progressivamente dalla violenza al consenso. Non è solo un modo per evitare che gli operatori economici denuncino di fronte a comportamenti arroganti e violenti, siamo di fronte a un complessivo cambio di strategia criminale» . E gli effetti si vedono: nei quartieri sembra scoppiata una nuova voglia di mafia, che i boss provano ad alimentare. Eclatante il caso di Giuseppe Cusimano, che distribuiva la spesa allo Zen 2 durante il lockdown e se ne vantava sui social quando questo giornale lo smascherò: «Per aiutare la gente sono orgoglioso di essere mafioso», scrisse. Qualche mese dopo, i carabinieri lo arrestarono con l’accusa di essere il nuovo capomafia. 

Da Palermo a Catania, ad Agrigento: è il momento dei boss che si atteggiano a paladini di chi ha bisogno di scorciatoie. «A Palermo, il trend delle denunce è rimasto comunque più o meno costante» , spiega Addiopizzo. Nel resto della Sicilia siamo invece tornati “ all’anno zero”, ha denunciato l’avvocato Ettore Barcellona, sentito dalla commissione regionale antimafia in rappresentanza del Centro Pio La Torre. «Le denunce sipossono contare sulle dita di una mano. E tra le vittime prevale una generalizzata e spesso giustificata sfiducia nelle istituzioni. Soprattutto per i ritardi nelle liquidazioni dei risarcimenti da parte del fondo di solidarietà». Perché questo drammatico passo indietro dopo anni di lotta alla mafia? Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo e responsabile nazionale legalità, non usa mezzi termini: «Trent’anni fa non si parlava di pizzo, oggi invece va detto in maniera chiara che non c’è spazio per gente che vuole essere contigua alla mafia. Dobbiamo tornare a ribadirlo, soprattutto nelle periferie. Solo la legalità è conveniente» . Patrizia Di Dio rilancia un’altra domanda: «Come affrontiamo concretamente questo momento?». La presidente sottolinea l’importanza delle costituzioni di parte civile: «Per non fare sentire soli i commercianti in aula». Confcommercio, insieme a Solidaria, ha anche messo in campo un percorso di sostegno per tutto ciò di cui ha bisogno la vittima dopo la denuncia. 

È nei quartieri l’ultima sfida alla mafia che si riorganizza. Il questore Leopoldo Laricchia ha lanciato l’operazione “Alto impatto” quando è arrivato in città, nell’ottobre 2020: «In questo momento — spiega — la presenza forte e visibile della polizia è a Brancaccio e al Borgo Vecchio» . Quartieri presidiati da pattuglie e controlli, anche alle attività commerciali. «Lo Stato occupa i territori al posto dei mafiosi — prosegue il questore — Per i cittadini onesti, che sono la maggior parte, è un segno di incoraggiamento, per vincere la paura. Le istituzioni ci sono». Una sfida complessa, proprio a Brancaccio la squadra mobile ha smascherato cinquanta commercianti che non hanno denunciato il pizzo. Neanche dopo la convocazione hanno rotto il loro silenzio. 

Ora, la “ squadra Stato”, d’intesa con le associazioni, lavora soprattutto per affinare le metodologie di approccio al fenomeno. Il comandante provinciale dei carabinieri spiega: «Resta fondamentale creare attorno ai commercianti una cornice di tutela. Lo si può fare intervenendo sulla struttura criminale e non sul singolo episodio estorsivo. L’esperienza dimostra che quando il quadro è solido, gli imputati scelgono il rito abbreviato, puntando agli sconti di pena. E le vittime non verranno neanchechiamate in aula». 

La Repubblica Palermo, 18/2/2022

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