lunedì, giugno 04, 2012

I clan hanno paura di Mimmo…

Reggio Calabria
di Davide Varì
Stamane è arrivata una lettera di minacce a Mimmo Nasone, il coordinatore di Libera a Reggio Calabria. Conosco Mimmo da qualche anno, so quanto vale e so con quanta passione si occupa dei ragazzi: della loro formazione, della loro coscienza civica. E’ un educatore nato, il mio amico Mimmo, e quella lettera infame non lo farà arretrare di un solo millimetro. Questo è certo. L’ho conosciuto nel 2007.
Ero a Reggio per seguire una serie di comizi in vista delle elezioni politiche della primavera di quell’anno. Avevo sentito parlare di questo personaggio, di questo ex prete, dagli amici di Libera. Mi allontanai dal noiosissimo comizio e andai a trovarlo nel suo ufficetto impolverato e pieno di scartoffie. “Vuoi capire questa città? Vieni con me”, disse. Mi portò a vedere una palazzina della periferia di Reggio che la notte prima era stata abbattuta da una ruspa. Erano stati gli scagnozzi di qualche clan, una vendetta contro la famiglia che ci viveva. Nessuna vittima, ma la scena era terribile. La casa era completamente sventrata e un nastro rosso, il nastro rosso della polizia che aveva transennato la zona, era l’unico segno della presenza dello Stato. Tutto intorno, il deserto. C’era solo una giovane donna seduta su una sedia a trafficare con ago e filo. “Senti qui”, mi disse Mimmo. “Signora, cosa è successo?”. “Cosa?” rispose lei con aria sorpresa. “Chi l’ha ridotta in quel modo?”, proseguì Mimmo indicando la palazzina. “Ah, la casa. E’ stata l’umidità” disse lei distrattamente e tornando alle sue cose. L’umidità, proprio così disse. Mimmo mi guardò e mi fece segno di andare. Fu il mio primo approccio con la Calabria. Quel giorno iniziai a capire questa terra, la forza di Mimmo e il senso della sua battaglia. Ecco, Mimmo mi spiegò che la ‘ndrangheta prima di tutto si doveva vincere lì, nella testa di quella giovane donna. Tutto il resto sarebbe arrivato dopo. Ecco perché i clan lo hanno minacciato di morte, perché non si rassegna, lui, e piano piano sta cambiando il modo di pensare delle donne e degli uomini di Reggio. E questa cosa li terrorizza. Li terrorizza più della galera.
L’Unità, 4 giugno 2012

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