lunedì, giugno 11, 2012

Cinque prof nel giallo La Torre: le nuove indagini ripartono da loro


Pio La Torre

di SALVO PALAZZOLO
Il mistero anticipato da “Repubblica” e approfondito da Armando Sorrentino nel suo libro. Il segretario del Pci non ebbe il tempo di incontrare di nuovo i cinque intellettuali che aveva convocato pochi giorni prima di essere ucciso
PALERMO - Pochi mesi prima di morire, Pio La Torre convocò in gran segreto cinque intellettuali siciliani, e gli chiese la disponibilità ad esaminare alcuni documenti. Non ci fu tempo per un secondo incontro: il segretario regionale del Partito Comunista fu ucciso prima, il 30 aprile 1982. Da allora prosegue il mistero su quelle carte. Anzi, fino al 2007, non si sapeva neanche della curiosa convocazione di La Torre, che fu svelata da Tano Gullo sulle pagine di Repubblica. Di recente, l'avvocato Armando Sorrentino e il giornalista Paolo Mondani sono tornati ad approfondire il giallo, nel libro "Chi ha ucciso Pio La Torre?" (Castelvecchi editore). E adesso, anche la Procura di Palermo vuole vederci chiaro, aprendo un fascicolo di atti relativi, intanto per dare un nome ai saggi a cui La Torre si era rivolto. 


Avvocato Sorrentino, lei conosce l'identità dei cinque consulenti del segretario del Pci?
"Io ho incontrato un docente universitario catanese, che mi ha chiesto di restare anonimo. Sull'identità dei suoi compagni, ha detto di ricordare solo la città di provenienza di uno di loro: Messina".

Quali carte avrebbero dovuto esaminare?
"Il professore ricorda che La Torre chiese di tradurre il linguaggio mafioso di alcuni documenti, forse pizzini sequestrati, forse intercettazioni telefoniche. Ritengo che quegli atti potessero essere arrivati a La Torre da fonti giudiziarie o di polizia".

Possibile che cinque intellettuali, magari di sinistra, abbiano nascosto un fatto simile alla magistratura per 25 anni?
"Il professore è stato restio a rispondere a questa domanda, che anche io gli ho posto. Chissà, forse, è ancora spaventato da qualcosa. Dopo una lunga chiacchierata, ha ammesso che quelle carte contenevano al contempo storie antiche e recenti. Fece due riferimenti precisi: il primo, alla strage di Portella della Ginestra; il secondo, a una rete di rapporti fra Stato e mafia, che secondo lui sarebbe esistita ai tempi di La Torre e anche oggi. Quelle carte, insomma, potrebbero essere la ragione del delitto. Ne è convinto il professore, ne è convinto anche Andrea Camilleri, che nella prefazione del nostro libro scrive: "Fra Stato e mafia c'era una relazione continua". Per il delitto La Torre sono stati condannati i vertici della cupola mafiosa, e anche tre dei sicari, Antonino Lucchese, Nino Madonia e Salvatore Cucuzza, quest'ultimo è il collaboratore di giustizia che ha riaperto il caso nella seconda metà degli anni Novanta. Inchieste e processi non hanno però svelato il vero movente del delitto La Torre, ecco perché già nel 1996 l'avvocato Sorrentino, in qualità di legale del Pci, aveva chiesto alla Procura la riapertura del caso. Così, sono rimaste solo ipotesi sul movente: l'impegno per una nuova legge sulle confische, le denunce sui rapporti fra mafia e politica, la battaglia contro la base di Comiso. I giudici parlano di un coacervo di interessi, come per tanti altri delitti eccellenti. Ma quale fu la causa scatenante dell'omicidio La Torre? Ai sicari non fu detto: Cucuzza ha raccontato che quel giorno del 1982 non sapeva neanche chi stava andando ad uccidere, lo seppe nel pomeriggio leggendo L'Ora.

La Repubblica, 10 giugno 2012

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