sabato, ottobre 15, 2011

Via D'Amelio, si riparte da zero: chiesta la revisione dei processi

Un'immagine della strage di via D'Amelio
di ALESSANDRA ZINITI
Il pg di Caltanissetta ha depositato gli atti relativi a undici imputati, sette dei quali condannati all'ergastolo per la strage che costò la vita al giudice Borsellino e alla sua scorta. L'istanza nasce dalle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza
CALTANISSETTA - La novità è che sono più di quel che si prevedeva. Ci sarebbero ben 11 innocenti condannati per la strage di via D'Amelio, 11 innocenti in carcere per scontare pene pesantissime, sette delle quali all'ergastolo, sulla scorta delle accuse di quello che ormai può essere definito un falso pentito, Vincenzo Scarantino. La revisione di due dei processi, il Borsellino e il Borsellino-bis, così come chiesto dalla Dda di Caltanissetta guidata da Sergio Lari dopo un monumentale lavoro di ricostruzione del contesto e delle singole posizioni con l'aiuto delle dichiarazioni dei nuovi pentiti del clan di Brancaccio, Gaspare Spatuzza e Fabio Tranchina, è stata chiesta ufficialmente dal procuratore generale Roberto Scarpinato alla Corte d'appello di Catania dove dovrebbero svolgersi i nuovi processi. La nuova ricostruzione offerta dai pentiti del clan di Brancaccio scagionerebbe buona parte degli imputati della cosca di Santa maria di Gesù che invece erano stati indicati da Scarantino come gli esecutori materiali dell'attentato di via D'Amelio. L'istanza riguarda Salvatore Profeta, Cosimo Vernengo, Giuseppe Urso, Giuseppe La Mattina, Natale Gambino, Gaetano Scotto, Gaetano Murana (condannati all'ergastolo) e Vincenzo Scarantino, Salvatore Candura, Salvatore Tomaselli e Giuseppe Orofino (condannati a pene fino a 9 anni). Per i condannati detenuti il pg chiede la sospensione dell'esecuzione della pena; per Orofino, Tomaselli e Candura, che hanno già espiato la condanna, è stata chiesta solo la revisione. A portare a termine la strage, invece, sarebbero stati gli uomini della cosca di Brancaccio. Lo stesso Spatuzza si è autoaccusato di aver rubato la 126 poi imbottita di tritolo e piazzata sotto la casa del giudice Borsellino e di avere accompagnato sul posto il boss Giuseppe Graviano che avrebbe schiacciato il pulsante del telecomando. Come movente della strage, Spatuzza indica l'accelerazione decisa dai vertici di Cosa nostra probabilmente perché Borsellino era venuto a conoscenza dell'avvio della trattativa tra pezzi dello Stato e mafia e si sarebbe opposto. In mano ai magistrati del pool di Caltanissetta resta lo stralcio relativo a quello che il procuratore Sergio Lari ha definito un "colossale depistaggio" che sarebbe stato messo in atto dagli inquirenti che avrebbero manipolato il pentito Scarantino. Agli atti dell'inchiesta anche alcuni verbali di capomafia del calibro di Pietro Aglieri e Carlo Greco che hanno ammesso di essere rimasti stupiti nel vedere investigatori esperti come quelli del pool Falcone e Borsellino guidato da Arnaldo La Barbera credere alle accuse di un falso pentito come Vincenzo Scarantino.

Nessun commento: