sabato, ottobre 01, 2011

Bossi in galera? No, peggio: Napolitano lo spoglia della secessione e del popolo padano. Ed evoca Finocchiaro Aprile e la Sicilia

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Nella partita a poker che vede un solo giocatore, Umberto Bossi, rilanciare a suo piacimento, puntando tutte le fiches sul piatto e gli altri fare finta di niente, sorridere o mugugnare, c’è stato un imprevedibile game over: il Presidente della Repubblica è andato a vedere il bluff ed ha mandato a carte quarantotto l’impavido audace spregiudicato autore di un interminabile rilancio. Giorgio Napolitano ha rivelato, come fosse (e lo è in effetti) una questione inequivocabile, che la Repubblica italiana ha una Costituzione, il cui primo articolo recita che l’Italia è “una e indivisibile”. Su tutto si può disquisire, meno che sull’unità del Paese. E dunque, chi lo fa, risponde delle sue azioni “pesantemente”. Come? C’è un solo precedente, ha ricordato il Capo dello Stato, nel dopoguerra, il ‘43 e il ‘44. Teatro del conflitto, la Sicilia, dove nacque e si espanse nel giro di pochi mesi il separatismo aiutato dalla voglia di molti siciliani di non andare in guerra (nacquero “repubbliche” cittadine bell’Isola) e di vedere finalmente riconosciuta alla propria terra il diritto di decidere il suo destino, fino ad allora negato (da Crispi a Mussolini). Sapete com’è andata a finire con il separatismo, si è domandato Giorgio Napolitano: il suo capo storico, Finocchiaro Aprile, è stato arrestato. Uno Stato debole, appena uscito da un conflitto rovinoso, ha trovato la forza di stabilire i principi fondamentali della nazionale, che poggiano sulla sua intangibilità. Il Giornale di Berlusconi, che tiene fra i denti il machete e lo adopera anche quando due bambini si scambiano qualche spintone, ne ha tratto la convinzione – sul titolo di prima pagina – che Napolitano vuole arrestare Bossi. L’ennesima fregnaccia di quel giornale, che però ha il merito di rendere palese l’antifona.
Bossi è nudo, non in procinto di essere arrestato. E’ stato spogliato, seduta stante, della sua mission – la secessione – con la quale ha ricattato tutti i partiti italiani e le istituzioni fin dalla discesa in campo. Il Presidente della Repubblica, infatti, ha fatto pulizia – almeno quella fra le tante auspicate dalla Chiesa – di una solenne bugia (o sciocchezza, decidete voi), e cioè la possibilità concreta che si possa spacchettare il Paese e che, per esempio, Il Lombardo-Veneto diventi nazione. “Grottesco e fuori dalla realtà”. Ha detto Napolitano, e male interpretato (in malafede) dal Giornale di Berlusconi. Se sono finiti in galera i siciliani per avere organizzato l’indipendentismo ed averlo difeso con un piccolo malandato esercito (che non combatté mai), potrebbe finirci chiunque ripeta gli stessi errori.
Finora Umberto Bossi ha minacciato di mettere in campo i fucili e di chiedere un referendum secessionista, rivolgendosi a quel nove per cento degli italiani che vota la Lega Nord, e non ha copiato perciò Finocchiaro Aprile, ergo, Il Giornale di Berlusconi “violenta” l’episodio e “stupra” la realtà, come fa Bossi peraltro, promettendo l’impossibile. Grazie al Capo dello Stato – che è il capo della magistratura e dell’esercito – ora tutti gli italiani, compreso quel nove per cento che vota Bossi, sanno che il popolo padano non esiste, che la secessione è un atto di guerra contro la Costituzione, perché l’Italia è una ed indivisibile. Mancano i presupposti, messo in campo dal Ministro leghista Calderoli, seppure con sobrietà, perché si richiami il principio di autodeterminazione dei popolo, dato che esso presuppone l’esistenza di un popolo, quello padano, i cui confini sono ignoti e la cui storia (come nazione) è inesistente.
Perché c’è voluto tanto tempo affinché si ponesse la parola fine a questa turlupinatura della secessione? La risposta è semplice: i secessionisti sono stati al governo a lungo dalla loro arrivo nella scena politica. È l’unico Paese al mondo, l’Italia, che manda al governo coloro che non lo combattono per principio. Naturalmente c’è dell’altro: interessi di bottega dei partiti, ipocrisia, superficialità, latitanza del senso dello Stato e di valori primari e costitutivi come l’appartenenza, la solidarietà, la tolleranza. Ora il re è nudo. Toccherebbe a Roberto Maroni, numero due della Lega Nord, nella qualità di ministro dell’Interno, mandare i poliziotti in battaglia contro i fucili minacciati da Bossi per conquistare la secessione. Ridicolo, terribilmente ridicolo.
Fonte: SiciliaInformazione

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