sabato, ottobre 01, 2011

Rivolta sui tagli dei punti nascita. Il Pd a Russo: "Discutiamone"

di GIUSI SPICA e ANDREA PUNZO
Occupato l'ospedale di Petralia Sottana, Cefalù annuncia ricorso: proteste in tutta la Sicilia. L'assessore convocato domani all'Ars
PALERMO - È bufera sul decreto che taglia nell'Isola 23 punti nascita al di sotto dei 500 parti annui, appena vergato dall'assessore alla Salute, Massimo Russo. Dalle Madonie alle isole minori, amministratori locali e cittadini protestano contro la decisione della Regione. Da due giorni l'ospedale Madonna dell'Alto di Petralia Sottana è occupato da un gruppo di nove sindaci e da tanti pazienti dei comuni del comprensorio. Ma anche a Lipari e Cefalù suonano tamburi di guerra. E si apre qualche crepa nella maggioranza che sostiene il governo Lombardo. Il presidente della commissione Sanità dell'Ars, Giuseppe Laccoto del Pd, ha convocato per mercoledì Massimo Russo, che dovrà esporre i criteri alla base del piano e gli effetti che dovrebbe produrre. Le associazioni di ginecologi e ostetrici, invece, difendono il provvedimento: "Una misura indispensabile per garantire la sicurezza di mamme, neonati e medici. Sono solo proteste demagogiche", dice il presidente regionale dell'Aogoi, Giuseppe Ettore.
Il decreto che riduce da 70 a 47 i reparti di Ginecologia e Ostetricia allinea gradualmente la Sicilia agli standard dettati dal ministero della Salute. In questo primo step, gli uffici dell'assessorato hanno previsto solo alcune eccezioni per i presidi che sorgono in zone considerate "disagiate": Corleone, Bronte, Mussomeli, Nicosia e Santo Stefano di Quisquina. Deroga non concessa ad altri presidi che sorgono in zone montuose o isolate. Dove il malumore per un provvedimento ritenuto "discriminatorio" rischia di sfociare in sommossa popolare. A fare la voce grossa sono soprattutto i primi cittadini delle Madonie, che non hanno digerito la chiusura del punto nascita di Petralia. Insieme con una delegazione di cittadini, hanno deciso di occupare la struttura "a oltranza" e annunciano per lunedì una grande manifestazione di piazza: "Resisteremo anche a costo di dover far diventare l'ospedale casa nostra", minaccia il sindaco Santo Inguaggiato. E Giuseppe Intrivici, sindaco di Castellana Sicula, tuona contro la Regione: "Ci opporremo con tutte le nostre forze allo smantellamento, è una decisione ingiusta che penalizza i piccoli comuni di montagna". L'onda della protesta si allarga fino a Cefalù, dove chiuderà i battenti la Ginecologia del San Raffaele Giglio. Anche qui il sindaco, Giuseppe Guercio, promette battaglia: "Le donne incinta saranno costrette ad affrontare i disagi dei lunghi trasferimenti a Palermo o a Termini Imerese". Non ci sta nemmeno il presidente del San Raffaele, Stefano Cirillo: "Impugnerò il decreto. Oltre a svolgere un'importante funzione territoriale, il nostro punto nascite ha un elevato standard di operatività, con la presenza di ginecologi e ostetriche 24 ore su 24". Anche sulle isole minori cresce il malcontento. Capofila della protesta è il sindaco di Lipari, Mariano Bruno: "L'assessore ha disatteso gli impegni presi sei mesi fa in sede istituzionale, contravvenendo a ogni regola democratica. Gli isolani sono pronti a scendere in piazza per difendere il presidio dove sono nati tutti i nostri figli". Al fianco degli amministratori in rivolta si schierano molti politici e sindacalisti. Maurizio Calà, segretario della Cgil Palermo, chiede che venga garantito a tutti il diritto alla salute e dice no al decreto. All'attacco anche il capogruppo del Pd all'Ars, Antonello Cracolici: "È difficile comprendere come mai alcuni comuni montani abbiano usufruito della deroga alla chiusura e la stessa cosa non sia avvenuta per Petralia, dal quale il punto nascita più vicino dista più di un'ora". Critiche bipartisan: per Simona Vicari, senatrice pdl, "è una scelta scellerata privare l'intero territorio delle Madonie dei reparti dell'ospedale di Cefalù e di Petralia Sottana", mentre per il capogruppo del Pid Rudy Maira "l'assessore, attaccato com'è alla poltrona, non vuole prendere atto della bocciatura del Parlamento alla sua dissennata azione amministrativa che provoca solo disagi, disorganizzazione, malasanità e nega il diritto alla salute".

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