venerdì, ottobre 07, 2011

Gesù di Nazaret e la Costituzione come programma politico-morale

La firma della Costituzione della Repubblica Italiana
di Diego Novelli Non sono credente. Non sono ateo. Sono un laico, agnostico, senza certezze assolute. Il dubbio non mi tormenta, mi accompagna. Diffido dei super-uomini, di coloro che hanno sempre e comunque la verità in tasca, che pontificano su tutto e su tutti, che di fronte ad ogni quesito alzano la mano destra e con tono sicumerico dicono: «Le soluzioni sono tre», mostrando il pollice, l’indice e il medio. Che barba! Non credo, quindi che Cristo sia figlio di un Dio, padre del Cielo e della Terra. Ma credo (anzi, sono profondamente convinto) che Gesù di Nazareth, figlio di Giuseppe e Maria, sia il più importante personaggio della storia di questi ultimi duemila anni, perché è stato un vero rivoluzionario, in senso più ampio (come si legge sul dizionario del Devoto-Oli), nel linguaggio comune, a proposito dei mutamenti radicali nel modo di pensare, di vivere, in contrasto con la tradizione del suo tempo.
Qualche lettore si chiederà le ragioni di questa mia improvvisa esternazione. Tranquilli, non sono stato folgorato sulla strada di Damasco. Essendo un appassionato lettore (sottolineo “lettore”, che non ha la presunzione di considerarsi un professionista della storia, ma un semplice giornalista-cronista, curioso sì, ma non pettegolo) mi è capitato in queste settimane di tormentate vicende politiche con al centro la questione dell’uomo guida, del leaderismo, di rileggere alcune pagine sui protagonisti dei duemila anni che ci stanno alle spalle. Ebbene la personalità che spicca al di sopra di tutte le altre, l’uomo che in uno spazio relativamente breve (lo hanno fatto fuori quando aveva solo 33 anni) ha rivoluzionato (nel senso di cambiamento) non solo il suo tempo con la parola e con l’azione (si pensi ai mercanti cacciati dal tempio e li si accosti a certi prelati intriganti del Vaticano) è proprio lui, Gesù di Nazareth, i cui fondamentali (in gergo calcistico) erano tre: l’alto concetto della giustizia, dell’uguaglianza, della carità intesa come solidarietà con il prossimo. Gli scribi erano la stantia voce della tradizione. Quella dell’uomo, chiamato Gesù, è stata la voce del rinnovamento.
I valori e i principi da lui predicati duemila anni fa sono più che mai validi oggi e li ritroviamo, tra l’altro nella Costituzione della nostra Repubblica, dove si intrecciano tre fonti di pensiero: cristiano, liberale e socialista. È di qui che si deve ripartire se si vuole uscire dal pantano in cui tutti ci troviamo inzuppati. Basta (sì, basta!) con i giochetti, le schermaglie, le mezze frasi subito corrette o addirittura smentite. Ad esempio, Di Pietro improvvisamente ha posato l’archibugio che per mesi ha imbracciato per porsi ora chiaramente come leader moderato, che propone un programma di governo alternativo. Ci risiamo, già Romano Prodi nel 1996 chiuse, in una vecchia fabbrica di Bologna, un trust di cervelli perché stilasse un programma elettorale. Partorirono un libro (copertina gialla) di oltre 250 pagine che pochi intimi hanno avuto il fiato per leggerlo tutto. Perché, allora come oggi, chi si vuole porre come alternativa al disastro berlusconiano non assume chiaramente come programma politico-morale la Costituzione? Chiariamo subito che non si tratta di un tabù intoccabile. Anzi. C’è un apposito articolo nella Carta che fissa le modalità per cambiarla: dal primo all’ultimo articolo. Ma il programma di un governo di alternativa al peggio che stiamo vivendo, non può non incardinarsi sulla prima parte della Costituzione, che fissa i principi fondamentali, nonché i diritti e i doveri dei cittadini.
Ma, si dice, nel centrosinistra non c’è un vero leader. Per fare che? Per imbonire il prossimo, come ha fatto Berlusconi o come ancora si esercita a fare Umberto Bossi, ricorrendo al turpiloquio, ai gesti volgari, per accattivarsi la popolarità dei gonzi maleducati? Occorrono parole chiare, ferme, coerenti, con le quali indicare soluzioni ai problemi difficili, drammatici, che ci stanno di fronte. Occorre prima di tutto svolgere una grande permanente campagna d’informazione, per coinvolgere i cittadini onde poterli corresponsabilizzare. Più che l’uomo solo al comando sono necessari tanti uomini che parlino possibilmente la stessa lingua, sia pure con autonomia, libertà, ma soprattutto sappiano ascoltare, con umiltà. Con tutta la mia ammirazione storica per quell’uomo finito su una croce su di una collina di Gerusalemme duemila anni fa, oggi non serve un nuovo Gesù di Nazareth, anche alla luce del disastro provocato da quel Cavaliere che si autodefinì “l’unto del Signore”.
Fonte: Narcomafie, ottobre 2011

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