sabato, novembre 14, 2020

Musumeci e i suoi fallimenti. Intervista a Claudio Fava

Claudio Fava

di Paolo Mandarà

C’è anche lei tra i firmatari della mozione di censura contro l’assessore Razza? 

“Sì, ma serve una premessa”. Prego. “Sul tema della pandemia occorre evitare qualsiasi strumentalizzazione politica. Quello che, per intenderci, fa tutti i giorni Salvini nei confronti del governo nazionale”. Musumeci, però, ha detto che vi state comportando da sciacalli…. “Non è sciacallaggio affermare che siamo di fronte al fallimento del sistema sanitario regionale”. 

Claudio Fava, deputato dei Cento Passi e presidente della commissione Antimafia, ha le idee chiare e zero voglia di fare sconti. La mozione di censura nei confronti dell’assessore alla Salute fa parte di un ragionamento più ampio, “è un modo per dire che questo governo non è in condizione di affrontare un’emergenza ampiamente prevista, nonostante il piacere e il gusto pirotecnico di attribuirsi ogni tanto poteri speciali, straordinari, in deroga, ma anche medaglie e cappellini di carta”.

Non sarete sciacalli, ma nemmeno così collaborativi.

“Quando Musumeci, rispetto all’apertura dei teatri, aveva suggerito di adottare misure simili a quelle dell’Alto Adige, gli scrissi per dirgli che ero d’accordo. Inoltre, quando l’opposizione, in primavera, era stata chiamata a discutere insieme su come affrontare temi e tempi dell’emergenza, non ci tirammo indietro. Ecco perché la polemica politica non c’entra nulla”.

Difenderebbe l’apertura dei teatri anche oggi?

“Li considero tra i luoghi più sicuri del mondo. Cento volte più delle chiese, dove si continuano a celebrare le messe. Però, a differenza delle chiese, si è deciso di chiuderli perché cultura, arte e spettacoli vengono considerati un puro orpello dell’anima”.

Torniamo alle responsabilità di Razza.

“La questione non riguarda soltanto lui, ma anche Musumeci e l’intera squadra di governo”.

Di cosa sono responsabili?

“Del collasso organizzativo, da un lato; di una sorta di grottesco negazionismo, dall’altro. Credere che siamo diventati zona arancione a causa di un complotto, perché Roma ce l’avrebbe coi governi di centrodestra, mi sembra una lettura di straordinaria e incosciente superficialità. In questi mesi ci si sarebbe dovuti organizzare diversamente”.

In che modo?

“Io vorrei partire dall’ordinanza n.26 di Musumeci, in cui si dice che è consentita l’occupazione del 100% dei posti, a sedere e in piedi, su tutti i mezzi pubblici locali e regionali. Siamo passati da questa affermazione goliardica, del 2 luglio, al collasso. Avevamo a disposizione 125 milioni da parte del governo centrale, e ne abbiamo spesi 50; avremmo dovuto creare 720 posti in Terapia intensiva e siamo fermi a 400; abbiamo sprecato l’estate in lunghe ed estenuanti trattative politiche e sub-politiche per decidere quali ospedali dedicare al Covid, e adesso ci ritroviamo affannosamente a chiudere e accorpare reparti, tagliando servizi di assoluta e primaria urgenza. Ci siamo ritrovati in queste condizioni per non aver saputo pianificare, da un punto di vista logistico e organizzativo, la risposta da dare al Covid nel momento in cui il Covid non era tornato ad essere emergenza”.

Anche le altre regioni, eccetto pochissime, vivono le medesime difficoltà.

“Abbiamo lasciato scorrere il tempo senza provare a rimettere in sesto qualcuna delle tante strutture dismesse che potevano essere utilizzate. Abbiamo un sistema di tracciamento in tilt, con la gente che è spesso isolata a casa, dimenticata; abbiamo una carenza impressionante di tamponi. L’Emilia Romagna, che ha meno abitanti della Sicilia, ne fa il doppio rispetto a noi. Nei mesi estivi, invece di rincorrere le ordinanze per riempire gli autobus – come una volta si riempivano i granai – avremmo potuto e dovuto attrezzare il sistema sanitario regionale in previsione della seconda ondata. Questi sono fatti, e sui fatti c’è poco da discutere. Pensare che ci sia dietro un complotto demo-pluto-giudaico- massonico contro il governo regionale, solo perché di centrodestra, è una cosa piuttosto patetica”.

Fontana e Cirio, rispettivamente governatori di Lombardia e Piemonte, hanno sostenuto la stessa tesi.

“Perché Zaia non l’ha fatto? In Veneto c’è un governo di centrodestra, amministrato da un esponente leghista non trinariciuto, che ha lavorato bene e ha avuto un rapporto di straordinaria collaborazione col governo centrale. Qui invece siamo alla frutta”.

Parlare di complotto rientra in una strategia precisa?

“Il complotto è una categoria molto presente nella politica italiana, soprattutto nelle argomentazioni di coloro che hanno pochi argomenti. Quando c’è da ammettere le proprie insufficienze, ci si rifugia buttando la palla in tribuna e gridando al complotto. In questo caso è il governo di centrosinistra che ce l’avrebbe con Musumeci perché di destra…”.

Lei, nei mesi scorsi, ha parlato della sanità come “bancomat della politica”. Il quadro che lei ci ha presentato adesso, può essere il frutto degli ultimi vent’anni? O è solo colpa di Razza e Musumeci?

“C’è una linea di continuità nefasta nella gestione della sanità, che ha attraversato tutti i governi: da Cuffaro a Lombardo, da Crocetta a Musumeci. In alcuni casi, al di là delle intenzioni degli assessori di turno… La sanità siciliana è stata privatizzata negli interessi, nei privilegi, nelle necessità di pochi. E’ stato un luogo per collocare e nutrire carriere amicali, o in cui costruire consenso, un terreno di saccheggio finanziario ed economico attraverso un mercato di appalti privo di qualsiasi capacità di controllo. E tutto questo con una continuità che non ha trovato segni di interruzione o resipiscenza. Con la breve parentesi dell’assessore Borsellino, che dovette darsi alla fuga quando si rese conto che il suo nome era soltanto una foglia di fico per nascondere governi paralleli e interessi paramafiosi”.

Un altro tema attuale: le scuole. A Palermo Orlando ha minacciato di chiuderle, poi ha fatto un vorticoso passo indietro.

“Se ogni amministrazione locale si assume il compito di essere giudice sulla propria terra e di decidere ciò che si apre e che si chiude, torniamo all’Italia dei Comuni. Qualcuno, magari, ci azzeccherà, ma complessivamente avremo un’immagine frammentata e disorganica. Penso che sarebbe bene che regioni e comuni cercassero di accompagnare le misure proposte ai territori dal governo nazionale, piuttosto che interpretarle in modo più estensivo o restrittivo”.

A parte la sanità, sulla Finanziaria non si muove foglia. Mentre da Roma, in dieci giorni, cominciano ad arrivare i ristori promessi da Conte e Gualtieri, in Sicilia siamo fermi allo striscione del via. Perché?

“E’ una domanda che andrebbe fatta al governo regionale. Gli chiederei: ‘Perché avete trionfalmente annunciato la capacità “pronta cassa” per attenuare la crisi di molte categorie, e poi non è arrivato un centesimo?’. Capisco che possa esserci difficoltà di spesa, ma contesto il fatto che ci si sia lasciati andare al piacere dell’annuncio, all’auto-trionfalismo, al compiacimento, pur sapendo che sarebbe stato assai complicato essere puntuali e rigorosi nell’elargizione di queste somme. Quando l’attesa si incista in un bisogno reale, nella carne viva di cittadini, famiglie, commercianti, artigiani, piccoli e medi imprenditori, si crea un motivo di rabbia ulteriore”.

Il Movimento 5 Stelle ha denunciato l’ennesimo privilegio della Casta. I deputati siciliani, dopo i 60 anni, potranno godere di una pensione e di un trattamento di fine mandato maggiorato. Qual è la sua idea?

“Mi sembra una tempesta in un bicchiere d’acqua, non è uno di quei temi che potrà determinare la condizione di cassa della politica siciliana. Chi ha una lunga aspettativa di vita, ne trarrà beneficio a lungo andare; chi invece volesse recuperare quello che sta già restituendo, avrà di fronte a sé qualche decina d’anni di pensione”.

Come ha accolto la candidatura di Giancarlo Cancelleri a presidente della Regione. Nel nuovo “campo largo” c’è condivisione oppure si è liberi di auto-candidarsi?

“Andare ognuno col proprio candidato, significherebbe finire asfaltati dal candidato del centrodestra, cosa già accaduta. Credo che il problema non sia auto-candidarsi ma offrire, chiunque voglia, la propria disponibilità e poi trovare un metodo virtuoso – nel merito e nella qualità – per indicare un candidato che ci rappresenti tutti. Oggi, più che in passato, abbiamo la possibilità di evitare la frammentazione. Non farlo sarebbe un peccato d’egoismo”.

Anche lei è tra i papabili.

“Quando me l’hanno chiesto, ho dato la mia disponibilità: che non significa auto-candidarsi, ma potersi confrontare con le disponibilità altrui, trovando un sistema di sintesi che rispetti tutti e, soprattutto, indichi il candidato migliore dal punto di vista della capacità di costruire consenso e di rappresentare con coerenza il programma comune che vorremmo darci”.

ButtanissimaSicilia, 14/11/2020

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