domenica, gennaio 05, 2014

Il Dio che affanna e che consola

Papa Francesco
di EUGENIO SCALFARI
La curiosità dei vecchi o svanisce o aumenta sensibilmente. I motivi di questa differenza sono stati profondamente studiati dalla neurobiologia, dalla psichiatria, dalla psicanalisi ma anche dalla filosofia, dalla letteratura e dall'arte. Personalmente appartengo alla categoria dei curiosi e finché dura mi ci trovo bene specie in un'epoca come quella in cui viviamo, dove i temi e le persone che destano curiosità sono numerosi e configurano un panorama  molto  frastagliato. Volessi farne l'elenco lo aprirei con papa Francesco e poi, a seguire, Giorgio Napolitano, Angela Merkel, Barack Obama, Enrico Letta, Matteo Renzi, la generazione dei giovani nati tra gli anni Ottanta e Novanta, la generazione dei bambini nati dopo il 2000 e che ora hanno almeno cinque anni. Ci metterei anche il mutamento climatico, l'economia globale, le nuove tecnologie della comunicazione, le masse di migranti che vagano nel mondo spinti dal bisogno, spesso rischiando la morte pur di conquistarsi una nuova vita. 


Mi rendo conto che l'elenco è incompleto, ma questi sono comunque i temi e i personaggi che interessano me e, spero, anche i lettori di questo giornale. Ne sfiorerò alcuni e mi toglierò anche qualche sassolino dalle scarpe, alla mia età se ne ha il diritto e a volte perfino l'obbligo per fare maggior chiarezza sui propri pensieri e su quelli altrui.

Comincio da papa 
Francesco. Ne ho scritto già più volte, ma ogni giorno ci reca una nuova sorpresa e anche nuove polemiche, dentro e fuori dalla Chiesa.

Io penso, e non sono 
certo il solo, che sia un Papa rivoluzionario, come non si erano mai visti da secoli. Ma questo non piace a molti e se ne capisce il perché. Riformista, sì, tutti i Papi hanno introdotto novità e aggiornato la Chiesa con il correre del tempo; ma rivoluzionario no, disturba, preoccupa, rompe tradizioni codificate, interessi esistenti, equilibri consolidati.
Qual è dunque la verità? Francesco l'ha ripetuta più volte e da ultimo proprio nei discorsi di questi giorni: la Chiesa non può chiudersi su se stessa, si isolerebbe, morirebbe. Deve invece aprirsi e il Papato deve convertirsi ad una 
Chiesa missionaria che non cerchi proselitismo ma ascolto, confronto, dialogo con le altre culture. "Non colpite col bastone, ma predicando il bene con la dolcezza": questo e molte altre cose ha detto all'assemblea dove si è confrontato in Santa Maria Maggiore con i capi degli ordini religiosi maschili e l'ha ridetto nell'incontro di venerdì scorso nella Chiesa del Gesù con i suoi fratelli gesuiti.

È nata una polemica sul tema del peccato e, a detta di alcuni miei critici, io avrei sostenuto che il Papa lo ha di fatto abolito. Io non ho detto questo: un Papa cattolico non può abolire il peccato, può estendere a tutte le anime la misericordia divina fino all'ultimo attimo d'una vita di peccati gravi e ripetuti; ma in quell'attimo finale il peccatore si penta e sarà perdonato. Dunque il peccato c'è e richiede pentimento.

Fin qui siamo nel pieno rispetto della dottrina, del canone e anche del Dio mosaico dei Comandamenti. Ma - questa è la novità di Francesco - il Papa ricorda che l'uomo è stato creato libero. È lui che decide i suoi comportamenti ed è Dio che l'ha creato in questo modo. Qual è la verità rivoluzionaria di questo riconoscimento? Non che l'uomo sceglie il male perché in tal caso muore dannato; bensì che l'uomo sceglie il bene così come lui se lo raffigura. C'è dunque un canone etico in questa scelta. L'etica primeggia in ogni religione, in ogni civiltà, in ogni epoca; ma l'etica è il requisito più mutevole da uomo a uomo, da società a società, da tempo e da luogo. Se la coscienza è libera e se l'uomo non sceglie il male ma sceglie il bene così come lui lo configura, allora il peccato di fatto scompare e con esso la punizione.

Non è una rivoluzione? Come volete chiamarla? Francesco, tra i vari autori da lui preferiti, indica il Manzoni. Ebbene, rileggete la poesia in morte di Napoleone che l'autore così conclude rivolgendosi ai suoi lettori: "Tu dalle stanche ceneri / sperdi ogni ria parola. / Il Dio che atterra e suscita / che affanna e che consola / sulla deserta coltrice / accanto a lui posò".
Napoleone di peccati ne aveva commessi e non piccoli, né risulta si fosse pentito, ma la misericordia divina, secondo il Manzoni, comunque non l'abbandona.

Concludo su questo punto capitale: la misericordia va oltre il pentimento per chi crede fermamente in Dio che secondo il Papa fu creato libero.

Io, da non credente, posso scegliere la predicazione evangelica di Gesù figlio dell'uomo. Il mio peccato di non avere fede dovrebbe essere punito, ma a me non pare che Francesco pensi questo. Forse i miei critici fanno qualche errore di ragionamento, ma neanche loro, di certo, saranno puniti.

* * *

Lasciamo il Papa rivoluzionario e apriamo un altro scenario dove troviamo tre protagonisti in posizioni reciprocamente dialettiche: 
Enrico Letta, presidente del Consiglio, Angelino Alfano, vicepresidente e leader del Nuovo centro-destra, Matteo Renzi, segretario del Pd e sindaco di Firenze.

I giornali di ieri hanno dato la notizia che lo spread è sceso a quota 197, il che vuol dire che i Buoni del Tesoro poliennali a dieci anni hanno un valore elevato e un tasso di interesse molto basso. Nel 2014 questo valore procurerà all'Erario un risparmio di circa 5-6 miliardi di euro che dovrebbero avere come destinazione un sostanzioso ribasso del cuneo fiscale con vantaggi sia per le imprese sia per i consumatori.

Letta rivendica questo risultato come l'esito d'una politica di sacrifici che finalmente potranno essere gradualmente attenuati specie se saranno accompagnati da un taglio delle spese correnti non necessarie e da una costante pressione contro l'evasione fiscale.

L'importanza della notizia non è solo questa ma è la crescita del prestigio europeo del nostro presidente del Consiglio e dei risultati che da ciò possono derivare nell'atteggiamento della Germania nei nostro confronti.

Per delineare il programma di governo fino alla primavera del 2015 Letta si appresta a formularne i capitoli entro il prossimo 15 gennaio con i suoi due interlocutori, Alfano e Renzi.

Quest'ultimo a sua volta sta mettendo a punto il programma del Pd per lo stesso periodo di tempo e si già capito che, fermo il suo impegno con il presidente Napolitano a sostenere per tutto l'anno prossimo il governo Letta, il neo-segretario del Pd tenderà a render la vita difficile ad Alfano. E nel frattempo, ieri, gli è scoppiata in mano la grana di Fassina.

L'obiettivo di Renzi è evidente: lui non può rompere con Letta, ma cerca di provocare la rottura da parte di Alfano. I diritti delle coppie di fatto sono soltanto una di quelle punture, ma di spillo poiché non è su quel punto che Alfano romperà.
Le riforme, questo è l'aspetto più arduo e quindi: il cambiamento dei contratti di lavoro, degli ammortizzatori sociali, l'eventuale rimpasto di governo, la legge elettorale, gli esodati. Materia ce n'è, l'obiettivo che Renzi coltiva è un governo monocolore del nuovo Pd. Alfano ci stia come voto aggiuntivo ma non determinante. Dunque elezioni a maggio? Mai dire mai, specie se fosse Alfano a rompere.

Personalmente credo che buona parte dei giovani del Pd coltivino il progetto d'un monocolore del proprio partito e quindi elezioni anticipate. Ma la domanda da porsi è un'altra: un progetto del genere giova all'interesse nazionale oppure no? La mia risposta è no, non giova.

Il paese ha da molti anni a questa parte una destra sovversiva, populista, demagogica. Forza Italia è questo, Grillo è questo, la Lega è questo. Alfano ha rotto con Forza Italia e con la Lega; Grillo non parla con nessuno e - ove mai - sarebbe Berlusconi a parlare con lui.

La sinistra riformista italiana ha interesse a consentire ed anzi ad aiutare per quanto possibile la nascita e il consolidamento d'un centro-destra repubblicano ed europeo. Molti si chiedono quale sia il vero compito della sinistra riformista italiana. Ebbene, è appunto questo: aiutare il centro-destra repubblicano a rappresentare il secondo attore dell'alternanza democratica.

Il programma di Renzi è l'opposto: ributtare un Alfano impotente nelle braccia di Berlusconi. Se questo è l'obiettivo del sindaco di Firenze, a me sembra pessimo. Spero soltanto che né Letta né lo stesso Alfano entrino in questa trappola. La ricerca del compromesso - ha detto più volte il Papa rivoluzionario - è il solo antidoto al fanatismo, all'integralismo e all'assolutismo. Mi auguro che lo ascoltino anche i politici di casa nostra. Soltanto col compromesso e non col radicalismo si rafforza la democrazia.

* * *

Dovrei ora rispondere a Galli Della Loggia (un altro sassolino) che riafferma la sua visione di un leader democratico che, secondo lui, vive e cresce sul carisma e sulle decisioni che deve prendere in perfetta solitudine. Questo è il ritratto da lui disegnato e identificato con Renzi sempre che non si faccia condizionare dai suoi colonnelli.

Ognuno è libero di pensare come vuole. Io continuo a credere che il ritratto da lui fatto due domeniche fa sul Corriere della sera somigliasse molto di più al Mussolini del ventennio 1923-1943, ma se lui pensa a Renzi e non al capo del fascismo, francamente non è un regalo che fa al sindaco di Firenze.

Nella Dc della prima 
Repubblica De Gasperi era un leader ma non certo solo e dopo di lui il gruppo dirigente fu sempre folto e differenziato, c'era Fanfani, c'erano Moro e Segni, Colombo, Dossetti, Andreotti, Bisaglia, Forlani, Zaccagnini, Gava, De Mita. Me ne scordo qualcuno.

Nel Pci l'ideologia faceva da cemento ma il gruppo era anche lì fitto e il leader lo teneva nel dovuto conto. Insieme a Togliatti, in tempo clandestino, c'erano Tasca, Terracini, Negarville e Scoccimarro. Poi Longo e Secchia e Amendola e Ingrao e Napolitano e Berlinguer e Rodano e Macaluso e Cossutta e Pajetta e Chiaromonte e Occhetto. Anche qui me ne scordo parecchi.

Il capo assoluto e solitario è un'immaginazione. In Italia l'abbiamo vista spesso, anche molto recentemente, ma questo è un altro discorso non certo auspicabile.

Prima di concludere mi permetto di dissentire dal mio amico e collega Gad Lerner che giudica irrilevante la socialdemocrazia tedesca che avrebbe lasciato campo libero alla Merkel in cambio della possibilità di interventi, del tutto irrilevanti, sulla politica sociale.

Caro Gad, temo ed anzi spero che tu sbagli. La politica sociale della Spd ha ottenuto ed otterrà un deciso aumento del potere d'acquisto dei lavoratori e dei consumatori con la conseguenza che già si profila d'un netto aumento della domanda interna ed un freno oggettivo alle esportazioni fuori dall'area dell'euro. La Merkel sa perfettamente quanto sta avvenendo nell'
economia tedesca e quali sono le aspettative. Questa stessa politica è stata più volte incoraggiata da Mario Draghi e l'Italia insieme all'Europa possono trarne consistenti benefici.

* * *

Il discorso di fine anno del presidente della Repubblica a me è parso misurato, fermo, commosso e insomma perfetto. Ha raccontato le ambasce di molti italiani schiacciati dalla solitudine, dai sacrifici, dalla disperazione per sé e per i figli; ha ricordato qual era e qual è la situazione del paese, ha sottolineato segnali di miglioramento, ha stimolato partiti e governo a fare meglio e di più, ha considerato l'attenzione che il Capo dello Stato deve riservare alle opposizioni, ha ricordato la sua funzione di coordinare i poteri dello Stato con la persuasione informale che rappresenta in particolare una delle sue prerogative specie nel momento in cui è chiamato a firmare decreti, a trasmettere disegni di legge al Parlamento e a inviare pubblici messaggi. Infine ha respinto insulti e calunnie che non toccano lui come persona ma l'Istituzione che rappresenta e le prerogative che ha il dovere di esercitare.

Ha anche accennato ad un suo possibile ritiro dal ruolo che sta ricoprendo non appena la situazione politica sarà fuori dall'emergenza e fino a quando le forze fisiche glielo consentiranno.

In un paese disastrato una presenza come la sua è preziosa. Avverto i lettori che gli sono amico da tempo ma non credo che l'amicizia mi faccia velo. Talvolta ci siamo trovati in disaccordo e l'ho detto e scritto e ancora lo scriverei se lo ritenessi necessario. Ma resta il giudizio positivo e la speranza che possa tornare presto alle sue letture e al meritato risposo. Vorrebbe dire che l'emergenza è finita e questo - credo - sarà il miglior premio della sua vita.


La Repubblica, 5.1.14

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